Anziché ripianare col Salva-Roma il «buco pazzesco» dell’Atac, liberalizzate il trasporto pubblico!

Di Matteo Rigamonti
28 Febbraio 2014
Atac ha accumulato oltre 700 milioni di perdite, praticamente il passivo del Comune amministrato da Ignazio Marino, che se vuole evitare il fallimento deve aprire il pubblico ai privati e introdurre i costi standard. Intervista ad Andrea Giuricin (Ibl)

Se avessimo liberalizzato il trasporto pubblico in Italia, forse oggi non staremmo qui a parlare dei dissennati conti di Atac, acronimo di Azienda Tramvie ed Autobus del Comune di Roma, la concessionaria del trasporto pubblico a Roma Capitale. E i conti del Comune di cui è sindaco Ignazio Marino forse sarebbero meno sballati di quanto non certifichi il forte passivo da 800 milioni di euro che ha sul groppone. A parlarne a tempi.it è Andrea Giuricin, ricercatore nel settore trasporti presso l’Università Bicocca di Milano e l’Istituto Bruno Leoni, che spiega come mai «il costo delle mancate liberalizzazioni nel settore dei trasporti pubblici in Italia ammonta a circa 2 miliardi di euro l’anno».

Giuricin, quanto è grave la situazione del trasporto pubblico romano?
È un buco pazzesco, da mettersi le mani nei capelli: nel quadriennio 2009-2012 Atac ha perso 676 milioni di euro di margine operativo lordo, ma le perdite nette sono state addirittura superiori ai 700 milioni di euro. Nel solo 2012 i trasporti pubblici romani hanno perso 131 milioni di euro. E stiamo parlando di un gruppo che ormai ha quasi 12 mila dipendenti, con spese di personale superiori ai 550 milioni di euro l’anno, a fronte di ricavi annui di poco superiori a 1,1 miliardi di euro, dei quali solo 250 milioni grazie ai biglietti e gli abbonamenti, che da soli non bastano nemmeno a coprire il 45 per cento dei costi di personale. E restano ancora fuori i costi della benzina e delle vetture. I contributi pubblici di Regione e Comune, inoltre, sempre nel 2012 ammontano a 720 milioni di euro, ma per raggiungere il pareggio di bilancio ce ne vorrebbero più di 800 l’anno. Tanto quanto il rosso di bilancio dell’intera Città di Roma, per intenderci. Praticamente si può dire che il buco del Comune è fatto solo da Atac, per la quale Roma ha già speso 3 miliardi di euro dal 2009 al 2012.

Come è possibile?
Sicuramente il costo del personale è esagerato, ci sono troppe persone che lavorano negli uffici, ma è anche l’utilizzo della flotta ad essere sbagliato. Per esempio, non è possibile che un mezzo vada solo per 6 ore al giorno quando potrebbe restare in funzione anche per 12. Significa che così rende poco, a fronte, però, di un ingente spesa per comprarlo, mantenerlo, dotarlo di guidatori e farlo funzionare. È lo stesso problema che ha l’Alitalia e non è altro che un problema di organizzazione del business. Ma il risultato negativo è sotto gli occhi di tutti: il costo di ogni singola vettura per chilometro percorso è superiore ai 6 euro, che è il doppio di quanto costi in Svezia o in Gran Bretagna, dove il servizio pubblico è stato liberalizzato e la sua gestione affidata con successo ai privati mediante gare e bandi pubblici.

Cosa si può fare per migliorare il servizio?
Andrebbero adottate due semplici misure, una sul lato dei ricavi e l’altra su quello dei costi. La prima è che bisognerebbe rendere obbligatorio per tutti salire sugli autobus solo dalla porta del guidatore, come succede già in tutto il mondo, da Londra a Barcellona e da Istanbul a Bangkok. Così si otterrebbe che chiunque voglia utilizzare il servizio debba pagare il biglietto o fare un abbonamento, perché se non si timbra l’autista se ne accorge. Le assicuro che in tutta Europa è già così ed è normale che l’autista non parta se anche un solo passeggero non ha pagato il biglietto. Certo, per farlo, bisognerebbe prima convincere i sindacati che finora si sono sempre opposti, ma così almeno ci assicureremmo 80 milioni di euro in più di ricavi. Che non bastano, ci mancherebbe. E proprio per questo diventa importante liberalizzare i servizi pubblici ricorrendo alle gare per affidarli a società che, a parità di offerta, siano in grado di assicurare un miglior prezzo. Si calcola che così si potrebbe risparmiare fino al 30 per cento dei costi. Che nel caso di Atac vorrebbe dire fino a 300 milioni di euro l’anno, che sommati agli 80 di prima fanno quasi 400 milioni di euro. Più o meno l’importo di cui si parla nel nuovo Salva-Roma. Ecco perché non possiamo più perdere tempo, occorre una riforma del trasporto pubblico non solo a Roma, ma in tutta Italia. E si potrebbe partire facendo un benchmarking per poi stabilire quali sono i costi standard del settore. Così eviteremmo uno spreco che ogni anno ci costa 2 miliardi di euro.

@rigaz1

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4 commenti

  1. NICOLA SEMENTILLI

    Il privato a Roma costa 3 volte di più del pubblico e sicuramente non funziona meglio… quindi privatizzare vorrebbe dire bruciare ogni minima speranza di salvare le municipalizzate!!!

  2. francesco taddei

    vuoi la sussidiarietà e poi difendi la gestione statale.

  3. andrea

    A roma gia’ esiste la privatizazzione la romtpl e le cose vanno a lo stesso modo se non peggio di atac, l’unica cosa e’ che si vuole ridurre lo stipendio dei gia’ sottopagati autisti pet gli interessi dei guadagni del privato, sarebbe piu’ saggio ricollocare l’esubero delle persone in ufficio in altre mansioni redditizie.

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