Antitaliani o anticav?

Di Emanuele Boffi
30 Gennaio 2003
«È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio» diceva Einstein

«È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio» diceva Einstein. È senz’altro avvolta da numerose prese di posizione preconcette l’immagine del nostro Paese all’estero. Tobias Jones, corrispondente del Financial Times in Italia, ha definito «semplicemente pessima» la nostra Tv. E fin qui, si può essere d’accordo. Ma, allora, perché Tobias sentenzia che «gli italiani sono troppo intelligenti per farsi irretire dalla propaganda politica diffusa ogni sera sugli schermi dalle loro Tv da gente come Emilio Fede»? (Internazionale 24.01.03). Se mandiamo il direttore del Tg4 sul satellite, salveremo la democrazia? Si parla di Tv o di Berlusconi? In Italia suscitano sempre grande scalpore i giudizi espressi sulla stampa estera. In realtà, quando Le Monde diventa “autorevole”? Quando l’Economist è “imparziale”? Quando El Pais è “al di sopra delle parti”? Sergio Romano, in un’intervsita a Il Foglio, all’indomani di un attacco del Financial Times che giudicava Berlusconi un leader «che non ispira fiducia», spiegò che l’atteggiamento dei corrispondenti «deriva dall’ambiente in cui si muovono. Solitamente hanno una maggior dimestichezza con i colleghi e con gli intellettuali di sinistra, da cui sono evidentemente influenzati». Un modo delicato per spiegare quel gioco di rimpallo fra stampa estera (“imparziale”) e stampa italiana (“antiberlusconiana”). I primi a parlar male del Belpaese, infatti, sono proprio gli italiani. Professione cui si è dedicato il campione del masochismo nostrano: Giorgio Bocca, “l’antitaliano” (così si chiama anche la sua rubrica sull’Espresso). E non fu forse Umberto Eco a minacciare di autoesiliarsi alla notizia della vittoria di Berlusconi nel ’94? E non fu forse Antonio Tabucchi a spiegare ai transalpini dalle pagine di Le Monde che l’Italia era un regime? E non è forse il patinato Internazionale a ospitare settimanalmente le opinioni dei corrispondenti che, di volta in volta, non fanno altro che riflettere, tranne sporadici casi, quelle letture, quelle opinioni e quelle analisi che qualche giorno prima abbiamo letto sulla stampa di sinistra? E che il giorno dopo ritroveremo sui giornali nostrani come a dire: “vedete? Anche all’estero la pensano come noi”? Naturalmente non è sempre così, esistono anche corrispondenti seri e professionali; ma, se è giusto non far di ogni erba un fascio, è altrettanto giusto non far di ogni italiano un fascista.

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