A trent’anni dalla rivoluzione di Mani pulite, la fiducia nei magistrati non è più la stessa. Oggi nessuno scambierebbe più un Di Pietro per la Vergine Maria
La protesta dei magistrati durante l'intervento del ministro della Giustizia Carlo Nordio a Napoli, 25 gennaio 2025 (foto Ansa)
C’è stato un tempo in cui i cronisti chiamavano Antonio Di Pietro «la Madonna» e i giornalisti italiani facevano a gara a dipingere l’eroe del pool di Mani pulite come un nuovo Garibaldi o un nuovo Robin Hood, con alcuni eccessi davvero grotteschi. Basta leggere l’ampia rassegna stampa che alcuni giornalisti non omologati come Filippo Facci hanno raccolto su quegli anni: dalle urla negli stadi («Di Pietro, sei meglio di Pelé»), a certe copertine dei settimanali nazionalpopolari grondanti saliva (“Di Pietro facci sognare”, Tv Sorrisi e Canzoni, luglio 1992).
Ne è passata di acqua sotto i ponti, da allora. Da quando, cioè, il combinato disposto magistratura-stampa-sentimento popolare portò a quella rivoluzione giudiziaria che terremotò i partiti e le istituzioni del paese e che, anche col beneplacito fifone e tafazzesco della politica, condusse agli esiti attuali.
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