
Anastasiya Petryshak: il mio violino è la chiave per entrare in un altro mondo

Sguardo deciso, portamento regale, volto luminoso; insomma un’eleganza innata e un fascino magnetico accompagnano la violinista ucraina Anastasiya Petryshak. È però suonando il suo Stradivari che Anastasiya è completa: il violino diventa una nuova parte del suo corpo che, a vedersi quasi etereo, sprigiona una forza incredibile nelle note. Questa giovane sa rapire il pubblico in un mondo a cui la voce dello strumento dà corpo, in un mondo a cui lei stessa appartiene da quindici anni. Anastasiya ha infatti solo venti anni (è nata nel 1994 in Ucraina) ma più che una promessa è ormai una violinista affermata. Entrata in contatto con la musica fin da giovanissima, come racconta a tempi.it, e ha subito dimostrato un talento fuori dall’ordinario: 17 anni si è diplomata al conservatorio di musica “Arrigo Boito” di Parma in violino con il massimo dei voti, la lode e la menzione speciale. Dal 2004 ad oggi ha partecipato a numerosi concorsi nazionali e internazionali risultando vincitrice assoluta. Ha seguito varie Masterclass e Corsi di perfezionamento con prestigiosi maestri come Salvatore Accardo, Oleksandr Semchuk, Boris Belkin e Zakhara Bron. Dal 2010 si esibisce come solista e in duetto con Andrea Bocelli affiancandolo in numerosi concerti con grande successo di pubblico e critica.
Anastasiya, come è nato il suo amore per la musica? E perché, tra tutti gli strumenti, ha scelto il violino?
La mia passione nasce con il pianoforte all’età di 5 anni. Ho capito che il mio strumento fosse il violino quando un giorno, passeggiando per il centro della mia città (Ivano-Frankivsk), ho visto un violinista che suonava per strada circondato da persone che lo ascoltavano. Sono rimasta affascinata da quel suono che assomigliava tanto alla voce umana, ammaliata da quello strumento in un certo senso piccolo, minuzioso e, in un altro, infinitamente grande e maestoso. Il giorno successivo, dopo che io avevo ripetuto migliaia di volte la parola “violino”, mia mamma si è dovuta rassegnare e mi ha portata a scuola di musica. Ero già abbastanza grande per iniziare a studiare questo strumento (avevo 8 anni) e così, dopo avermi fatto superare alcune prove, la maestra ha deciso di farmi lezione. Questa signora, Kalynchuk Marta, è stata la mia fortuna: è stata la prima a farmi conoscere ed amare la musica.
Per studiare violino ha lasciato il suo paese, l’Ucraina: cosa guadagna seguendo la sua passione per il violino? Perché per lei è così importante?
Per me, come per tanti altri ragazzi ucraini musicisti, l’Italia è il paese della musica e della cultura: qui sono nati i più grandi e più importanti compositori ed esecutori di tutti i secoli, come Vivaldi, Paganini, Verdi, Puccini, Rossini. Era il mio sogno quello di poter studiare in una delle città di questo paese e, grazie ai miei genitori, sono riuscita a realizzarlo. Del resto, viaggiare e spostarsi continuamente fa parte della vita del musicista, non è un problema, anzi “fa bene alla musica” vedere posti nuovi, conoscere e capire realtà diverse. La musica è interessante, è ricca ed è infinita, ognuno può riconoscersi in essa. Non ci sono limiti, barriere: mi piace vedere il violino come se fosse una “chiave” che mi permette di entrare e far entrare il pubblico in un altro mondo, un’altra dimensione dove ci sono più colori, più magia, dove tutto è possibile! Per questo continuo a suonare, per le sensazioni che la musica mi fa provare e che di conseguenza trasmetto al pubblico. È bellissimo quando durante i concerti si instaura rapporto tra il pubblico ed il musicista, c’è un vero e proprio scambio di emozioni ed energie che si mescolano e diventare un’unica cosa.
Lei ha solo vent’anni. Sente questo impegno come una rinuncia, come un ostacolo a vivere pienamente la sua giovinezza?
È vero che è un impegno ed una responsabilità, ma non ne sento il peso. Quello che voglio fare è la musica: è questa la cosa importante per me che mia fa vivere in modo speciale. Non è assolutamente un ostacolo per le altre cose, anzi, a volte sono gli altri impegni ad essere un fastidio. In realtà le cose di tutti i giorni servono tanto alla musica, è tutto collegato: amo leggere, ed è importante farlo per un musicista perché sviluppa la fantasia e l’immaginazione; mi piace il mare, la musica delle onde, adoro viaggiare, scoprire posti nuovi, conoscere gente diversa. Tutto questo ci arricchisce come persone e ci fa capire quello che ci circonda. Questa ricchezza poi il musicista la trasforma e la descrive nella musica
Quali ritiene essere stati i suoi successi più importanti? Quali i traguardi che ricorda con maggior entusiasmo?
Ogni momento passato con la musica ha qualcosa di particolare: io li considero tutti dei successi. Penso a diversi momenti, tra cui le varie collaborazioni con musicisti come Accardo, Rota, Filippini, Bocelli. Penso all’emozione di esibirmi in teatri ed auditorium come il Teatro Grande di Brescia, il Duomo di Milano, il Metropolitan Pavilion di New York, il Teatro Eliseo di Roma, la Sala Nervi del Vaticano, il Teatro Ariston di Sanremo. Traguardo importante è stato anche suonare da solista con importanti orchestre come l’Orchestra sinfonica “A. Toscanini”, l’Orchestra Filarmonica Italiana, l’Orchestra del Teatro Regio di Parma, l’Orchestra Rossini.
Quali sono i suoi sogni e progetti per il futuro?
Per il futuro penso di dirigermi verso New York a continuare i miei studi alla Juilliard. Ho poi tanti concerti in mente, anche con il giovane e talentuoso pianista Filippo Gorini, con cui si è formato un duo.
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