
Amore e Psiche a Milano. Si apre il giardino segreto
A Milano si fa la fila per il panzerotto di Luini, forno storico in una viuzza dietro il Duomo che brulica di persone in attesa all’ora di pranzo. Si fa la fila il sabato mattina per il pollo arrosto di Giannasi in piazza Buozzi. Si fa una fila, più recente ma egualmente lunga, da Grom, la gelateria ultragenuina che ha aperto diverse sedi in città. Si fa la fila, soprattutto, nei posti che sanno rapire il cuore dei passanti e trasformarli in visitatori affezionati. È quello che accade da cinque anni, nel periodo delle feste, a Palazzo Marino, meta di un pellegrinaggio ininterrotto di persone che si mettono in coda pazientemente fino a occupare, in alcune ore del giorno, il cuore di piazza della Scala. Dal 2008 quella fila è un rito officiato con allegria da chi vuole entrare nella Sala Alessi del Comune di Milano dove, grazie ad Eni, negli anni si sono alternati capolavori di Caravaggio, Leonardo da Vinci, Tiziano, Georges de La Tour e, quest’anno, Antonio Canova e François Gérard.
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Sembra ieri il debutto con quella tela sanguigna e drammatica della Conversione di Saulo di Caravaggio proveniente dalla collezione privata Odescalchi. Una quinta di velluto rosso e l’opera protetta da una teca solida e invisibile, in grado di addomesticare la luce per esaltare i momenti salienti della vicenda dell’apostolo delle genti. I curatori di questa mostra interamente organizzata e pensata dal Cane a sei zampe raccontano di aver visto parecchie persone, in quella prima edizione del 2008, sul punto di fare il segno di croce all’ingresso della sala. Altre chinarsi a voler raccogliere l’elmo del soldato, come se fosse rotolato giù dal quadro dentro la teca. Chi arriva a vedere queste opere, spesso, non ha mai messo piede in un museo. Anche oggi nel raffinato giardino neoclassico ricostruito da Elisabetta Greci per ospitare Psyché et l’Amour (1798) di François Gérard e Amore e Psiche (1797) di Antonio Canova, passeggiano poveracci e signore ingioiellate. Ragazzine truccate da emo e bambini delle scuole elementari. Come quel bambino di sei anni. Era venuto in visita con la scuola e la domenica successiva è tornato coi genitori per fargli da guida. O quell’altra bambina. Sì e no sette anni. Allora in Sala Alessi c’era il San Giovanni Battista di Leonardo da Vinci. L’atmosfera intima, un’illuminazione appena accennata, come a ricreare quella delle candele che il maestro doveva avere accese mentre era al lavoro. La bambina torna un giorno e poi un altro ancora fino a che sua nonna non rivela che ogni pomeriggio, dopo la merenda, la costringeva a tornare e mettersi in fila: “Voglio vedere Giovannino”».
Due opere in mezzo alla gente
Dal 2008 il format della mostra si ripete fedele agli elementi che ne hanno permesso il successo di questi anni, tratteggiando le fattezze di evento eminentemente nazionalpopolare. La scelta di portare in Sala Alessi una sola opera, o al massimo due come è accaduto quest’anno e lo scorso, è soprattutto una scelta di essenzialità per favorire la conoscenza e la contemplazione. In una parola: l’incontro, unica esperienza possibile perché un’opera d’arte possa imprimersi nella memoria. Spesso le persone ritornano da un anno all’altro e si avvicinano al banchetto dove si distribuiscono i cataloghi: «Sa, l’ho cercata quell’opera al Louvre, ma non l’ho mica trovata. Qui è un’altra cosa», dicono. Dal 2009, infatti, la mostra evento di Palazzo Marino viene realizzata in collaborazione con il museo parigino, di cui Eni è “mécène exceptionel”. Dal tempio dell’arte d’Oltralpe i capolavori arrivano nella casa dei milanesi e si possono visitare gratuitamente. Elargizione di una grande azienda, ma soprattutto politica culturale precisa che vuole contribuire ad avvicinare la gente comune all’arte. Alla faccia di chi storce il naso pensando che la cultura debba essere inaccessibile per mantenere il suo valore. Ma entrare gratis non basta per conoscere. Per questo l’aspetto della didattica è particolarmente curato. Così le scuole possono prenotare visite guidate e in mostra ci sono sempre le curatrici Valeria Merlini e Daniela Storti e le guide a disposizione dei visitatori. Dettagli che rieccheggiano quell’attenzione educativa, soprattutto nei confronti dei giovani, che ha caratterizzato la vita e l’impresa di Enrico Mattei, il fondatore di Eni di cui ricorre quest’anno il cinquantesimo della morte.
Nel 2008 160 mila persone videro la Conversione di Saulo nei 30 di giorni apertura, 180 mila per il San Giovanni Battista di Leonardo (2009), oltre 190 mila per la Donna allo specchio di Tiziano (2010), 210 mila per L’adorazione dei pastori e San Giuseppe falegname di Georges de La Tour nei 45 giorni apertura dello scorso anno. Nel primo lunedì di apertura di Amore e Psiche a Milano, il primo dicembre, si è cominciato bene con 4.700 persone che hanno preso posto nel suggestivo giardino neoclassico che ha invaso la Sala Alessi. Un’esperienza anche olfattiva grazie ai profumi appositamente creati dalla Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella, fondata nel 1612 a Firenze.
Il profumo del marmo
Il direttore dell’Officina, Eugenio Alphandery, descrive un tappeto d’erba che «anche se sintetica avrà l’odore fresco di lavanda e menta crispa, con un fondo di accordi legnosi di muschio e di quercia». E poi il visitatore giungerà «di fronte alla bellissima statua di Amore e Psiche di Canova e percepirà un odore caratteristico di dove si lavora il marmo. Una nota di testa fresca e pungente di timo, menta, eucalipto esaltano la sensazione tattile del marmo. Il cuore si espande in note di ninfea e ciclamino, mentre il fondo declina in note dolci, pulite e potenti di vaniglia».
L’esperienza della mostra continua con una sala dedicata ai contributi video, che quest’anno esplorano il rapporto dialettico tra scultura e pittura a partire dalle opere di Canova e Gérard e offrono anche approfondimenti su Palazzo Marino e in particolare sulla splendida Sala Alessi, che il Comune di Milano mette a disposizione sostenendo l’iniziativa. Ancora attenzione al pubblico nel catalogo, quest’anno edito da Rubbettino e venduto in mostra al prezzo di 15 euro. Un volume corposo che ha la particolarità di presentarsi in forma interdisciplinare, accogliendo non solo saggi di storia e critica dell’arte (come quelli di Vincent Pomarède, direttore del Dipartimento di pitture del Museo del Louvre, e Ferdinando Mazzocca), ma anche di carattere filosofico (come il saggio di Giulio Giorello).
Qualcuno uscirà col catalogo sotto braccio, forte del prezzo popolare di vendita. Qualcun altro si accontenterà delle cartoline disponibili gratuitamente in mostra. E ai bambini un gioco con il didò. Perché non è mai troppo presto per mettere le mani in pasta nell’arte. E a Palazzo Marino, fino al 13 gennaio, possono farlo tutti.
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