«Amnistia e riforma della giustizia si fanno insieme». Il prodiano Gozi ci mette due firme. Berlusconi o meno

Di Matteo Rigamonti
03 Settembre 2013
Intervista a Sandro Gozi (Pd) che spiega le ragioni della sua proposta alla Camera sull'amnistia e della sua scelta di firmare per i referendum radicali

Amnistia e riforma della giustizia per non tornare tra otto mesi a mani vuote di fronte all’Europa che da anni ormai ci chiede (anche con pesanti condanne e salatissime sanzioni) di risolvere l’emergenza sovraffollamento carcerario. A rilanciare in questi giorni l’importanza dell’amnistia è stato un deputato Pd, il prodiano Sandro Gozi, in un’intervista alla Stampa. Gozi, che ha messo l’amnistia in una sua proposta di legge che giace alla Camera e al Senato, ha anche firmato i referendum radicali sulla giustizia.

Gozi, come mai ha deciso di intervenire proprio in questi giorni a sostegno dell’amnistia?
In realtà mi ero schierato a favore dell’amnistia come unica vera riforma strutturale già nella passata legislatura. A marzo di quest’anno poi ho presentato un disegno di legge alla Camera (lo stesso che Luigi Manconi ha presentato in Senato) che propone l’amnistia per tutti i reati con una pena inferiore ai quattro anni, esclusi i reati come la frode fiscale, quelli di corruzione, quelli commessi per violazione della normativa a tutela della sicurezza sul lavoro e i reati a sfondo sessuale.

Come mai l’ha fatto?
Il grido dei detenuti e della polizia penitenziaria che proviene dalle nostre carceri è spesso silenziato e non riceve mai la giusta attenzione, neppure quando dal grido si passa al suicidio. L’Europa poi è da dodici anni che ci considera sorvegliati speciali in merito al tema delle carceri e recentemente la Corte di Strasburgo ci ha inflitto una nuova condanna per trattamenti disumani e degradanti. Una condanna che ne segue molte altre come quelle per la lentezza dei processi e l’ultima sul caso Torreggiani che ha di fatto messo in mora l’Italia sospendendo tutti i nuovi ricorsi contro la pluricondannata Repubblica italiana fino a maggio 2014. Entro quella data infatti, secondo la corte dovremo aver dato una soluzione strutturale alla  grave situazione di sovraffollamento carcerario. E non dimentichiamo che sono 30 mila i detenuti in più rispetto alla reale capienza rinchiusi nelle nostre carceri.

Da qui la sua proposta di amnistia.
Esatto. Tra otto mesi dovremo infatti tornare a Strasburgo per riferire sulla situazione delle nostre carceri. Quanto finora fatto dal ministro della giustizia Annamaria Cancellieri con il decreto “svuota carceri” è indubbiamente positivo (mi riferisco soprattutto al ricorso alle misure alternative), passi avanti sono stati fatti, ma per sua stessa dichiarazione non sono sufficienti. Il ministro ha detto che servirebbe un’amnistia e si è dichiarata favorevole. Io, anche perché non ho sentito smentite da nessuno, la prendo come posizione ufficiale del governo in materia. E confermo che anche secondo me servirebbe un’amnistia e, contemporaneamente, una riforma della giustizia civile e penale. Ma l’amnistia è la pietra angolare su cui si può costruire tutta la riforma della giustizia, che in Italia è stata per vent’anni ostaggio dello scontro tra berlusconiani e antiberlusconiani, uno scontro che ha di fatto impedito qualsiasi riforma strutturale nell’interesse di tutti gli italiani.

Perché prima l’amnistia e non la riforma della giustizia?
Il punto è che le due cose stanno insieme, non può esserci l’una senza l’altra. Quello che spesso e volentieri sfugge nei dibattiti pro o contro l’amnistia è l’immediato effetto positivo che essa avrebbe sul funzionamento dei nostri tribunali: si estinguerebbero milioni di procedimenti agevolando il decongestionamento. È urgente più che mai che l’Italia possa tornare alle origini costituzionali quando la pena detentiva rappresentava uno strumento, la privazione della libertà, con uno scopo preciso: recuperare il condannato come uomo. Oggi, invece, è diventata una sorta di vendetta sociale dove ad essere tolta non è soltanto la libertà ma la dignità, in violazione della Costituzione, della Convenzione europea sui diritti umani del 1950 e dei principi Onu.

@rigaz1

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5 commenti

  1. Cisco

    I referendum pannelliani sono la certificazione del fallimento di una intera classe politica in materia di giustizia, quella della cosiddetta “seconda repubblica”.

  2. antonio

    le pene devono essere scontate,ma in modo umano e devono tendere al recupero del ristretto, dunque subito amnistia per decongestionare i tribunali dai milioni di processi inevasi, oltre a questo una persona deve essere giudicata entro un lasso di tempo ragionevole, non esiste essere giudicati dopo 6 0 7 anni dalla commissione del reato.

  3. paola molino

    ed e ancora piu brutto stare in carcere sapendo che non hai fatto niente e affidandoti a dei giudici che credi che scopriranno di aver sbagliato ma non lo faranno mai ….il carcere e per i poveri non per chi e ricco

    1. antonio

      infatti in galera ci sono solo i disgraziati, i benestanti sicuramente non si fanno incarcerare, allungano i tempi del processo, godono di ottimi avvocati, chi ha detto che la legge è uguale per tutti ha detto solo una enorme stupidata

  4. malta

    trovo vergognoso dare mandato politico a Pannella tramite la firma dei referendum. Che schifo. Un altro pessimo esempio di una classe politica incapace.

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