Amministrative Spagna. Popolari in vantaggio col “problema” Vox

Di Rodolfo Casadei
27 Maggio 2023
Si vota per rinnovare gli esecutivi di 12 comunità autonome, tra cui Madrid. Le mosse di Feijóo e Díaz Ayuso per governare
Isabel Diaz Ayuso, presidente della regione di Madrid (Ansa)
Isabel Diaz Ayuso, presidente della regione di Madrid (Ansa)

I sondaggi sono piuttosto ballerini, ma la tendenza di fondo sembra chiara. Domenica 28 maggio la Spagna va al voto per rinnovare gli esecutivi di 12 delle sue 17 comunità autonome (quelle che in Italia sarebbero le elezioni regionali) e i sindaci di oltre 8 mila comuni, e quello che tutti si aspettano è uno spostamento a destra dell’elettorato: il Partito Popolare (Pp) e Vox aumenteranno i loro voti, il Psoe resterà stabile, Unidas Podemos perderà consensi (anche se nelle ultime settimane ha conosciuto una lieve ripresa) e i centristi di Ciudadanos quasi scompariranno.

L’entità dello spostamento è discussa: secondo l’istituto di sondaggi Cis il Psoe continuerà ad essere il primo partito del paese, secondo i sondaggi commissionati dal Pp invece ci sarà il sorpasso, e i popolari si ritroveranno con mezzo milione di consensi in più dei socialisti, mentre alle elezioni regionali del 2019 i socialisti avevano raccolto un milione e mezzo di voti più dei popolari.

Regioni: Certezze e incertezze

Ancora più complicato è prevedere quali amministrazioni regionali passeranno di mano, perché in molte comunità autonome la conquista della maggioranza assoluta consiliare si gioca sul filo di uno-due seggi.

Attualmente 9 delle 12 regioni che vanno al voto hanno un presidente socialista, 1 (la Cantabria) ha un presidente di un partito regionale sostenuto dal Psoe, e 2 soltanto (la Comunità di Madrid e la Regione di Murcia) sono governate dal Pp.

Le regioni maggiormente indiziate di un cambio di maggioranza a vantaggio dei popolari sono la Comunità Valenciana, l’Aragona e l’Estremadura, ma a seconda dei risultati delle liste minori o di Podemos il partito socialista potrebbe finire all’opposizione anche nelle Canarie, nelle Baleari e in Cantabria.

Attualmente gli unici risultati che i sondaggi danno per certi sono la conferma delle amministrazioni popolari della Comunità di Madrid (presieduta da Isabel Díaz Ayuso) e della Regione di Murcia, e di quella socialista in Castilla-La Mancha.

Comuni, da Madrid a Barcellona

Per quanto riguarda i sindaci delle grandi città, a Madrid il popolare José Luis Martinez Almeida va verso la conferma, mentre a Barcellona la uscente Ada Colau (sinistra populista) dovrebbe essere rimpiazzata dal socialista Jaume Collboni; lotta serratissima a Valencia, dove il sindaco Joan Ribò, esponente di una lista locale di sinistra coalizzata col Psoe, potrebbe perdere il suo posto a vantaggio di Maria José Català del Pp, che rinascerebbe dalle ceneri passando dagli 8 seggi del 2019 ai 13 della nuova legislatura grazie a un risultato vicino al 36 per cento (nel 2019, travolto da una serie di scandali, il partito aveva raccolto il 21,8 per cento).

L’offerta di Feijóo a Sánchez

Preoccupato per il peso decisivo che i partiti minori e delle due estreme (Vox a destra, Unidas Podemos e Bildu a sinistra) potrebbero assumere nella formazione dei governi locali all’indomani del voto, il segretario del Pp Alberto Núñez Feijóo ha proposto al leader del Psoe e presidente del governo nazionale Pedro Sánchez un patto in forza del quale ciascuno dei due partiti permetterà a quello che dovesse arrivare primo nelle varie regioni di governare senza bisogno di negoziare il sostegno dei partiti minori.

Ovviamente i socialisti non hanno risposto all’offerta, che è tutta calcata sugli interessi del Pp: secondo i sondaggi il partito potrebbe arrivare in testa in 8 delle 12 comunità autonome chiamate al voto, e un patto di governabilità coi socialisti permetterebbe ai popolari di non dover trattare con Vox, inevitabile partner di coalizione se si vuole mandare il partito di  Sánchez all’opposizione nel maggior numero possibile di regioni.

La campagna di Díaz Ayuso

La linea politica di Feijóo, che intende negare a Vox il ruolo di ago della bilancia delle coalizioni di governo della destra e recuperare quelli che sono considerati voti in libera uscita conseguenza degli errori del Pp del passato (scandali di corruzione e politiche troppo moderate), è pienamente condivisa da Isabel Díaz Ayuso, presidente della Comunità di Madrid, che ha impostato tutta la sua campagna elettorale su due temi: la denuncia del patetico estremismo del governo nazionale di Pedro Sánchez e la necessità che la regione di Madrid sia governata dal Pp senza bisogno di appoggiarsi ai seggi di Vox.

I sondaggi tuttavia non danno ragione ai due esponenti popolari: è molto dubbio che il Pp riesca a conquistare da solo la maggioranza assoluta dei seggi nel voto per la Comunità di Madrid, e sarà inevitabile forse ovunque che i popolari si accordino con Vox per governare le regioni dove risulteranno essere il partito più votato. In questa prospettiva l’offerta di Feijóo a Sánchez può essere vista come un modo per cautelarsi dalla accuse di chi dirà che pur di governare il Pp si sottomette ai ricatti dell’estrema destra: Feijóo potrà rispondere che ciò accade solo perché Sánchez non ha accettato l’offerta pre-elettorale.

Gli eredi dell’Eta

Non bisogna pensare che l’offerta di Feijóo ai socialisti sia l’espressione di una campagna elettorale dai toni consociativi: il clima è stato infuocato dall’inizio alla fine, soprattutto per gli attacchi dei popolari e di Vox alle alleanze e alle politiche del governo nazionale.

Ha fatto molta sensazione la notizia che 44 dei candidati che si presentavano nelle elezioni comunali e regionali della Navarra nella lista di Bildu, erede storica dell’Eta, fossero ex terroristi e fiancheggiatori del terrorismo condannati con sentenza definitiva. La condanna nei riguardi di Bildu da parte degli altri partiti è stata unanime, e ha portato alla rinuncia di 7 dei 44 candidati sotto accusa (soggetti condannati per complicità in omicidi).

Popolari e Vox hanno però fatto notare una cosa: la Navarra è governata dal 2019 dalla socialista María Chivite grazie al sostegno esterno di Bildu, e a Madrid i 7 deputati e senatori del partito basco estremista in questi anni hanno votato a favore di quasi tutte le proposte di legge del governo Sánchez. L’alleanza di fatto con Bildu, così come quella coi partiti separatisti catalani in Catalogna (dove si vota nei comuni ma non per la comunità autonoma), è stata continuamente buttata in faccia ai socialisti da parte di Pp e Vox per tutta la durata della campagna elettorale.

Acquisto voti

La vicenda di Bildu ha provocato tensioni anche all’interno del Pp, che alla richiesta di Vox di avviare un procedimento per mettere fuori legge il partito basco ha risposto per bocca del segretario Feijóo che non era possibile farlo, perché la legge sui partiti in vigore non contemplava questa possibilità. Isabel Ayuso ha preso le distanze dalla linea del suo partito e si è dichiarata favorevole a un’iniziativa immediata per mettere fuori legge il partito capeggiato dall’ex militante dell’Eta Arnaldo Otegi. La mossa della presidente della Comunità di Madrid si comprende bene all’interno della sua strategia di competizione interna alla destra con Vox.

Altro fatto di cronaca che ha riempito le pagine dei giornali e alimentato le polemiche è stato l’arresto di una decina di persone, fra le quali esponenti del partito Coalicion por Melilla, accusati di avere organizzato l’acquisto di migliaia di voti per corrispondenza per le elezioni della città autonoma: il partito amministra la città in coalizione col Psoe. Stesso destino per alcuni esponenti del partito socialista in lista a Mojácar, in Andalusia, arrestati mercoledì con l’accusa di aver organizzato frodi elettorali in vista del voto di domenica.

Le polemiche col governo

Popolari e Vox hanno richiamato l’attenzione anche su altri infortuni e politiche velleitarie del governo nazionale della coalizione Psoe-Unidas Podemos, come l’acquisto di treni troppo grandi per i tunnel ferroviari spagnoli (nel mentre che si proponeva di intitolare le stazioni a “donne repubblicane”), la legge sulla violenza contro le donne talmente male escogitata che ha comportato la liberazione di 1.100 condannati per aggressioni sessuali, l’introduzione di una app pagata dal governo che permetta alle donne di verificare se i lavori domestici sono condivisi in modo equo con l’uomo di casa, la creazione di uno sportello amministrativo unico riservato alle donne a Madrid, l’istituzione di un servizio pubblico che permetta alle donne di affidare i bambini a dei custodi mentre loro escono di casa per compere o party con le amiche, ecc.

Il Psoe e Podemos hanno risposto agli attacchi vantando i buoni risultati economici della loro gestione: la riduzione del tasso di disoccupazione al 13,3 per cento, l’inflazione contenuta al 4 per cento, la crescita del Pil del 3,8 per cento nel primo quadrimestre di quest’anno. A ciò si aggiungerebbero aumenti delle pensioni minime e del salario minimo, la stabilizzazione dei contratti di lavoro e un tetto imposto agli affitti.

Crisi economica

Il Pil spagnolo resta tuttavia inferiore a quello che era prima della pandemia da Covid, e nel confronto Italia, Francia e Grecia risultano avere fatto meglio della Spagna. I salari restano disperatamente bassi, e provocano la fuga all’estero dei lavoratori più qualificati, in particolare del personale medico, che è uno dei meno pagati dell’Europa occidentale, con un salario medio lordo annuale di 53 mila euro (contro i 95 mila della Francia).

La gestione della sanità è finanziata dallo Stato e affidata alle regioni, che si sono indebitate con linee di credito statali e col mercato finanziario per questo e per altri costi di finanziamento. Fra il 2012 e il 2022 il debito delle comunità autonome è passato da 189 a 317 miliardi di euro, 186 dei quali nei confronti dello Stato centrale.

Le comunità più indebitate sono la Catalogna (84 miliardi), la Comunità Valenciana (55), l’Andalusia (37,8) e Madrid (34,8). Solo per gli interessi la Catalogna e la Comunità Valenciana quest’anno pagheranno cifre vicine al 10 per cento del loro intero bilancio. Sulla questione del debito delle regioni nessuna soluzione è stata avanzata dai partiti nel corso della campagna elettorale.

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