Ferrara: «Addio Gigi. La sua vita è stata una faccenda di movimento e umanità»

Il ricordo di Giuliano Ferrara sul Foglio: «Esagerazione e affetto fraterno erano incastonati nel nome di Luigi Amicone, morto a tradimento nel rigoglio dei sessant’anni»

Giancarlo Cesana, Luigi Amicone e Giuliano Ferrara all’incontro “Fratello embrione, sorella verità” a Milano, il 14 maggio 2005

«Esagerazione e affetto fraterno erano incastonati nel nome di Luigi Amicone, morto a tradimento nel rigoglio dei sessant’anni», ha scritto questa mattina sul Foglio Giuliano Ferrara ricordando il fondatore ed ex direttore di Tempi, con cui l’Elefantino ha collaborato fin dal primo numero e sul cui giornale Amicone ha scritto per tanti anni.

Sembrava da sempre un bambino

«Che poi Gigi sembrava a tutti e da sempre un bambino, lascia sei figli accuditi come cuccioli e una moglie amata ma sembrava lui stesso suo figlio. La sua storia di giornalista, di polemista, di politico un po’ per scelta un po’ per caso, di predicatore ciellino senza boria e senza moralismo, di figlioccio di don Giussani, di avanguardista operaio prima e splendido militante cattolico dopo, tutta la sua storia è come il suo perenne movimento, come le sue letture, come le sue lettere e articoli, una faccenda di movimento e umanità. Ma forse pensando a lui umanità è parola specista. Amicone per chi lo ha conosciuto, questo milanese purissimo figlio di immigrati abruzzesi, metteva nell’umanità del sorriso perenne molta animalità, molta natura generica, il gusto di correre e di essere dovunque, un’affabulazione qualche volta sgangherata e spesso di generosa eloquenza, e specificamente umani erano solo la fede, il dolore, l’amicale dedizione al suo Dio che era la chiesa, la tradizione, gli animali di città, il futuro e ogni possibilità appunto umana».

Tempi, terremoto continuo come lui

«Le persone attive, fedeli, devote e libere non sono molte, era una di queste persone, uno di quelli speciali che possono ingannarsi ma non ingannano mai. Lo sanno i lettori della rivista “Il Sabato”, folgorante esperienza di politicizzazione di un progetto teatrale e mondano di santità, quelli del foglio chiamato “Tempi”, un tentativo mai assestato, terremoto continuo come il suo fondatore, di far vivere qualcosa che forse non c’era più, e del Foglio che era il suo terreno di caccia e il suo vaso di desiderio pubblicistico e di successo, l’unico suo culo al caldo pieno di amici e di laicismi più o meno cattolici. Giussani prediligeva quell’intemperante, dilige et fac quod vis. Lui se ne sentiva figlio e interprete autentico, genuino, privo di spocchia, entusiasta. Ché l’entusiasmo, censurato dagli aristocratici di ogni tempo come un sentimento morale inferiore, era la cifra vera di riferimento della lotteria di Amicone, il suo modo folleggiante di iscriversi al registro della vita. Era lo charme di un omaccione alto e forte che solo la catena infame della malattia, con la sua sofferenza prolungata e il suo colpo di grazia, è riuscita a fermare in una notte dalle parti manzoniane di Monza”».

La sua figliolanza e il don Gius

«Giornalismo e politica sono carriere – prosegue Ferrara – ma nella fede composta e confessionale eppure selvaggia di Amicone non c’era posto per una vera carriera. Era uno dei tanti figli novecenteschi di Péguy, un rivolo di contraddizioni che defluiva verso un grande fiume religioso e di raffinatissima complessità etica. C’era posto per l’avventura, per la curiosità, per la pratica e per l’onore delle idee, quante ne aveva lo sapeva solo lui, un vero Carlo in Francia che ne faceva più di chiunque altro. Aveva sempre bisogno di impegno, di educazione di sé e degli altri, faceva combriccola e baruffa come tutti ma con lo speciale punto di riferimento della sua oratoria, della sua chiacchiera mai inutile, della sua figliolanza verso una madre universale che lo aveva avvinto e stritolato nei suoi garbugli, nelle contraddizioni, nelle sue passioni ecclesiastiche, nelle sue insondabili possibilità. E’ da vedere se la chiesa di Roma farà in tempo a rimettersi dalla sua ebbrezza pauperista e ambientalista, dal suo moralismo pastorale che punisce la politica e la dottrina, cioè il cuore della chiesa nutrito dal vangelo, chissà, quel che è certo è che se le riuscirà di proclamare santo il Gius, che aveva in Amicone il suo allievo eterno, eterno bambino, un posto vicino all’altare sarà presidiato».

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