
Lettere dalla fine del mondo
Amico, che vocazione devi “verificare” se ami quella donna da 14 anni?
Pubblichiamo l’articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Carissimo padre Aldo, ho 40 anni e nel 2004, in confessionale, venni provocato sulla possibilità di diventare sacerdote. (…) Ho fatto forza alla mia volontà e nell’ottobre 2006 ho provato a entrare in seminario: dopo 48 ore sono fuggito, piangendo a dirotto perché mi mancava la mia fidanzata, alla quale, in quelle ore d’inferno, ho scritto le cose più belle, che lei custodisce tutt’oggi. Da allora siamo ancora insieme: 14 anni! (…) Nonostante questo, ho vissuto tutto questo tempo con il rimorso e lo scrupolo di non aver fatto la volontà di Dio.
Questo tarlo mi ha impedito di vivere in pienezza e proficuità questi anni di relazione e di vita professionale. Nel settembre 2014, a 38 anni, incerto sul da farsi, ho ripreso il percorso diocesano di discernimento. La guida spirituale coglie la presenza di segni vocazionali ma, ora che ho provato a staccarmi dalla mia fidanzata, ho smesso di vivere. Passo dal letto alla poltrona, mangio per non far agitare i miei, mi sveglio angosciato alle 3 di notte e mi sto consumando fisicamente. A parte la celebrazione eucaristica, non ho voglia di fare nulla (…). Non riesco a uccidere il sentimento per questa donna e questo mi impedisce di “fare una scelta” come richiesto ai sacerdoti. (…) Ormai stremato, ieri sera ne ho parlato con il padre spirituale.
Mi ha risposto così: «Per quanto siano parsi esservi segni certi di chiamata vocazionale sacerdotale, dobbiamo prendere atto della realtà, la quale si impone. (…) Non avevamo previsto alcuno specifico sbocco a questo percorso, e l’esito è stato guidato e deciso dal Signore oltre ciò che noi possiamo umanamente percepire. (…) Da ora innanzi, recuperato il tuo legame affettivo, tutte le volte in cui questo scrupolo di non aver obbedito a Dio (che è tentazione) si riaffaccerà nel tuo animo, offri a Lui la relativa angustia. E vai avanti». Stamani, ancora un po’ in angustie, ho riletto su Tempi la tua risposta a un giovane seminarista innamorato. Così scrivevi il 9 giugno 2013: «La verifica della propria vocazione, tanto al matrimonio come al celibato, ha un unico luogo dove diventa evidente ed è la realtà, le circostanze della vita. (…) Quindi non sarà il rinchiuderti in un monastero benedettino che illuminerà la situazione che stai vivendo». Ti chiedo un tuo pensiero sulla mia vicenda, per aiutarmi a trovare e custodire la pace.
Lettera firmata
Il Signore ama l’uomo contento che si dona con gioia, ricorda san Paolo. La prima condizione per la verifica della vocazione è l’ironia. Ecco cosa volevo dire con quella affermazione rivolta tempo fa a un seminarista cileno che vivendo il tuo stesso dramma vocazionale era stato consigliato di rompere ogni legame affettivo ritirandosi a pensare in un monastero. La verifica come tagliare, come pensare: niente di più disumano. Non mi sorprende la tua disperazione, come non mi sorprese la notizia che quel cileno è poi scappato via dal seminario con una ragazza.
Amico, ti è donata una donna che da quattordici anni ti ama e della quale da quattordici anni sei innamorato. Tutto questo significherà qualcosa, no? Ascolta ciò che ti ha detto l’ultimo sacerdote a cui hai chiesto aiuto. Vivi fino in fondo il rapporto con quella donna, la cui compagnia ti rende lieta e bella la vita. Hai 40 anni e stai buttando via la tua esistenza, rischiando di finire in manicomio. La vocazione è un Avvenimento, un fatto, un incontro come ce lo ricorda il Caravaggio nella Vocazione di san Matteo. E la verifica è seguire quel dito puntato sulla propria persona. Nella vita, qualunque sia il cammino, non si deve tagliare niente, ma, come mi ha insegnato il servo di Dio don Luigi Giussani, è necessario andare al fondo di tutto, vivendo e abbracciando tutti i fattori della realtà.
Se c’è un segno che fa capire che uno non è chiamato al celibato è proprio l’angoscia che vivi. Stai buttando via la vita, vittima di scrupoli, di ossessione, stai perdendo il sonno, il gusto della vita… per verificare che? Tempo fa, un santo e anziano prete a cui raccontavo l’angustia che mi creava un sacerdote vicino mio, incapace di riconoscere le meraviglie compiute da Dio in questo piccolo villaggio della carità, mi disse: «Padre, ascolta la canzone di Masini: Vaffan… E bevici sopra un buon bicchiere di vino». Credo ti aiuterà di più di tanti “esperti” di verifica vocazionale.
paldo.trento@gmail.com
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5 commenti
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Lo sai come direbbe Costanza Miriano?
SPOSALA E MUORI PER LEI !!!!!!!
Sì. Però prima dovrebbe sottometterla.
Ecco un altro che scrive per muovere le dita.
…per muovere le dita evitando di muovere il cervello, e se da quanto sopra la sua testolina ha fatto uscire solo un commento come questo c’è poco da muovere.
Di tutti quelli che criticano la Miriano non ce n’è uno che abbia letto un suo libro poi. Tutti fermi al titolo. Troppo impegnativo leggere il libro e capirne il contenuto.
14 anni di fidanzamento e pensi solo al sacerdozio? Ma al matrimonio no? E se questa crisi vocazionale fosse stato solo un modo inconscio per non andare fino in fondo nel rapporto con questa donna?