
Lettere al direttore
“Ama il prossimo come te stesso, solo se è bòno e dell’altro sesso”
Pubblichiamo la rubrica delle “lettere al direttore” contenuta in Tempi n. 22 (vai alla pagina degli abbonamenti). Per scrivere ad Alessandro Giuli: direttore.giuli@tempi.it
Gentile direttore successore, bistrattino e vecchierel dimentico qual sono, nel corso dell’ultimo numero di memoria dei fasti di falsa rivoluzione e di «grandi ipocrisie» manipulitiste, mi sono fatto mancare questa di Giorgio Bocca, non certo sospettabile di berlusconismo né, soprattutto, di immoralismo, dato che di moralisti come lui – e con quale veemenza – se ne sono visti pochi in giro per le redazioni. Ma ecco cosa mi è spuntato fuori dall’archivio, dichiarazione di Giorgio Bocca a Tempi, edizione del 24 gennaio 1996: «La grande ipocrisia è dire che la magistratura è un potere indipendente quando sappiamo che non è vero. Di Pietro non è stato un rivoluzionario, è uno che prima faceva i suoi piccoli commerci e che, a un certo punto, ha avuto l’opportunità politica di fare davvero il suo mestiere». Ecco perché votammo convinti Giuliano Ferrara per un posto al Senato nel collegio Firenze 3-Mugello. E non ce ne siamo mai dovuti vergognare. Mentre chi plebiscitò il Di Pietro allora (e gli pare che sia Renzi il problema di adesso) dovrebbe arrossire di se stesso e forse anche piangersi addosso, specchio specchio delle mie brame, vero Baffin d’Acciaio Massimo D’Alema & C.?
Luigi Amicone
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Innumerevoli servizi televisivi sono stati dedicati il 23 maggio a Giovanni Falcone, ma credo che tra quelli di maggiore ascolto a fare il nome di Ilda Bocassini sia stato solo quello di Striscia la Notizia, presentato dai comici Ficarra e Picone in questo modo: Ficarra: «Ilda Bocassini ha detto che a Falcone hanno impedito di diventare procuratore nazionale antimafia». Picone: «Perché?». Ficarra: «Forse perché la nomina avrebbe potute rendere più difficile ucciderlo».
Credo che possa essere utile ricordare quello che Ilda Bocassini disse il 25 maggio 1992, nella grande aula del primo piano del tribunale milanese nel corso della commemorazione di Giovanni Falcone: «Giovanni sapeva di dovere morire. Ma gli è toccato morire con l’amarezza di essere stato lasciato solo. (…) Voi avete fatto morire Giovanni Falcone, voi con la vostra indifferenza, le vostre critiche. Non potrò mai dimenticare quel giorno a Palermo, due mesi fa, quando a un’assemblea dell’Associazione nazionale magistrati le parole più gentili per Giovanni, soprattutto da sinistra e da Magistratura democratica, erano di essersi venduto al potere. Mario Almerighi lo disse: “Falcone è un nemico politico”. E un conto è criticare la superprocura, un conto è dire – come il Csm, i colleghi, gli intellettuali del fronte antimafia – che Falcone era un venduto, una persona non più libera dal potere politico. (…) E l’ultima ingiustizia Giovanni l’ha subita proprio dai giudici di Milano, la rogatoria per lo scandalo delle tangenti gliel’hanno mandata senza gli allegati. Mi telefonò e mi disse: “Che amarezza, non si fidano del direttore degli affari penali”. C’è tra voi chi diceva che le bombe all’Addauria le aveva messe lui o chi per lui. Abbiate il coraggio di dirlo adesso, e poi voltiamo pagina. Ciao Giovanni».
Nicola Guiso via internet
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Nell’ultimo numero il direttore ha scritto che il diritto romano, quello vero, non si impara sui manuali universitari. Sapreste consigliarmi qualche buona lettura per studiare e approfondire l’argomento?
Gianluca Cannizzaro via internet
Pietro De Francisci, Civiltà Romana. Salus.
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Complimenti per i numeri 19 e 20! Che editoriali ragazzi! Finalmente non mi sento più solo in certe considerazioni su ciò che dalla vita odierna siamo costretti a ingoiare. Un vecchio, vedovo e obsoleto la ringrazia per avergli confermato la convinzione che il credere la famiglia il risultato di un incontro complementare e naturale uomo-donna coinvolti da una forza che insegna a prediligere, amare l’altro più di se stessi e dalla quale può e dovrebbe sorgere la Società, sia non giusto ma basilare. I travisamenti odierni della realtà sono la conseguenza dell’involuzione ottenuta in nome della libertà, desiderio e illusione di poter fare ciò che si vuole anche a scapito dell’altro, vicino o fratello che sia. Ci hanno condotti a idolatrare noi stessi fino ad autodeclassarci al rango di animali (ottimo l’annusarsi tra cani) e magari invocare prossimamente per il solito bene comune l’inserimento obbligatorio di microchip sottopelle appena nati. Saremo tutti robot al loro servizio (già lo siamo!).
Sergio Fiordiponti via internet
E pensare che un tempo, senza tema di finir processati da qualche Boldrini, i ragazzini scrivevano sui muri ovvietà così promettenti: “Ama il tuo prossimo come te stesso, solo s’è bòno e dell’altro sesso”.
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