
Fenomenologia mediatica di Barbero, da idolo social a irresponsabile no vax

Alla fine è toccato anche al prof. Alessandro Barbero finire nel tritacarne per la sua posizione sul green pass, proprio lui che fino a pochi giorni fa era esaltato ovunque per le sue doti di divulgatore e il successo delle sue lezioni di storia via YouTube e podcast. Il timbro sul suo passaggio ufficiale da idolo delle folle (social e non solo) a ipocrita cialtrone lo ha messo Massimo Gramellini sulla prima pagina del Corriere della Sera di ieri, martedì.
«Secondo il professor Barbero – scrive il moralizzatore in Chief del quotidiano di Cairo – illustre capofila mediatico del “pronunciamento” di oltre 350 accademici contro il green pass, Dante avrebbe messo i politici nel girone degli ipocriti […] Quello che però il professor Barbero si dimentica di aggiungere è che in quel girone il governo farebbe fatica a trovare un posto libero: gli ultimi, Dante li avrà già sicuramente assegnati ai docenti universitari che se ne stavano muti finché il green pass colpiva i ristoratori, ma che si sono improvvisamente svegliati dal sonno degli indignati appena la tempesta ha investito la loro piccola corporazione».
La colpa di Barbero è insomma quella di essersi espresso contro il green pass, misura definita “ipocrita” dallo storico torinese (cosa ammessa anche dallo stesso Gramellini in un capolavoro di paraculismo), pur dicendosi favorevole alla vaccinazione obbligatoria. Ipocrita sarai tu!, la reazione media alle sue parole sul tema pronunciate durante un incontro della Cgil e alla vista della sua firma tra quelle che hanno sottoscritto un controverso appello di accademici contro il lasciapassare verde obbligatorio in università.
Da youtuber a no vax è un attimo
Qui dell’appello interessa occuparci relativamente, ciò che affascina è il pericoloso crinale su cui Barbero ha deciso di camminare, quello dell’essersi messo contro il sentire comune rischiando più o meno consapevolmente di finire nella grande semplificazione mediatica dei no vax, calderone in cui stanno più o meno tutti, da chi pensa che nel vaccino ci siano metalli per ucciderci con i 5G a chi, vaccinato, chiede di seguire gli esempi meno restrittivi di altri paesi sull’utilizzo del green pass.
Barbero rischia il marchio di infamia, la reductio a solito stronzo dopo la breve parentesi da venerato maestro dei podcast. Uomo colto e intelligente, è professore di Storia medievale all’Università degli Studi del Piemonte Orientale. Non nella sede di Torino, però, dove nonostante la sua storia di comunista doc (ha studiato al liceo Cavour, il suo humus naturale è quello del Pci torinese e del Partito d’Azione) non è riuscito a trovare spazio adeguato. È uno storico vero, non un giornalista che si è televisivamente inventato come tale, è lettore accanito, scrittore prolifico, l’opposto di un topo di biblioteca: ha nella velocità di produzione dopo la ricerca uno dei suoi punti di forza.
Studioso e comunicatore
Chiunque si occupi di storia in Italia gli riconosce il merito di avere svecchiato una materia considerata polverosa dai più e averla avvicinata alla gente in modo intelligente (e furbo, difficile trovare qualche sua affermazione contro il pensiero comune di sinistra). Ha smesso da qualche anno di fare accademia e ricerca tradizionale, in passato ha scritto libri importanti (su tutti quello sul Ducato di Savoia tra Quattrocento e Cinquecento), quando ha capito che poteva avere successo come divulgatore non ci ha pensato due volte, spinto anche dal fastidio per l’incapacità degli storici di comunicare la propria materia, lasciandola appannaggio dei giornalisti. Ci ha visto bene, è diventato l’ospite a cui non si può rinunciare, la voce da avere a tutti i costi, l’uomo che riesce a rendere interessante alle masse anche la burocrazia sabauda tardo medievale.
Le foibe e il girone dei santini social
Il successo gli ha permesso di rientrare dalla finestra del mondo che lo aveva fatto fatto uscire dalla porta per finire in provincia (la sede della sua Università è Vercelli, non Parigi), essere un nostalgico della sinistra comunista ha fatto il resto (alle elezioni comunali voterà il collega storico Angelo D’Orsi, sostenuto tra gli altri da Rifondazione). Con un pedigree così, e il favore di legioni di follower che quotidianamente ne esaltano la bravura, la preparazione e l’ironia, cosa poteva andare storto?
Una settimana fa in un’intervista al Fatto Quotidiano ha avanzato dubbi sul Giorno del Ricordo parlando di “falsificazione storica neofascista” delle foibe. Attaccato da destra, ha ritrattato pochi giorni dopo sulla Stampa. Perdonato. Mesi fa aveva mosso critiche alla sinistra “prigioniera dei salotti”. Perdonato anche qui. Con la sua critica all’ipocrisia del green pass, però, Barbero è diventato di colpo un imperdonabile no vax complice di una tragedia civile, un Cacciari più pacioso, un Agamben con l’accento piemontese, una Meloni di sinistra. Da due giorni l’hashtag col suo nome su Twitter non è più associato ad elogi per la sua ultima lezione online, ma a insulti e prese di distanza. Tu quoque? chiedono i fan delle sue lezioni in streaming, “populista!”, gridano i commenti online, e i giornali alternano imbarazzo e voglia di gogna parlando della sua ultima uscita. Anche i santini social hanno un posto pronto per loro nel girone dei divulgatori cattivi.
Foto Ansa
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