
Aleppo. «Inizia la seconda fase dopo il sisma: ridare speranza al popolo siriano»

La prima fase di risposta all’emergenza provocata dal violento terremoto di lunedì 6 febbraio è terminata ad Aleppo. In quella che un tempo era la capitale economica della Siria non si scava più per estrarre i corpi dalle macerie. «Ora si apre la seconda fase, ancora più importante: ridare speranza al popolo siriano». Filippo Agostino, responsabile di Avsi in Siria, è appena tornato ad Aleppo e descrive a Tempi il lento e faticoso ritorno alla vita di un paese prostrato dal sisma, che ha aggiunto il suo carico di miseria a quella causata da 12 anni di guerra e durissime sanzioni economiche.
«Dobbiamo occuparci di 300 mila sfollati»
In Siria finora il terremoto ha fatto registrare oltre 5.800 vittime, 1.414 delle quali nelle aree controllato dal governo di Bashar al Assad, dove sono rimaste ferite anche 2.350 persone. Ad Aleppo «sono crollati 52 palazzi e 111 non sono più agibili. Soprattutto, ci sono 300 mila sfollati di cui farsi carico», racconta Agostino a Tempi.
Gli sfollati dormono dove possono: c’è chi vive per strada, chi è accampato dentro la sua automobile, chi ha trovato rifugio nelle parrocchie rimaste in piedi, mentre tanti si trovano nei centri messi a disposizione dalle autorità locali. «Noi di Avsi ci stiamo prendendo cura di 130 famiglie, 500 persone in tutto, alloggiate in una scuola predisposta dal governo», continua. «Fin dal giorno successivo al terremoto abbiamo provveduto a fornire cibo, coperte, bevande calde, materassi, prodotti per l’igiene. Ogni pomeriggio il nostro staff conduce attività di supporto psico-sociale per i bambini: li facciamo giocare per superare il trauma».
Un team di cento ingegneri sta intanto valutando i danni subiti dalle abitazioni in città. Il lavoro è completato al 70% e a partire dalla prossima settimana gli abitanti di Aleppo sapranno se potranno tornare a casa o meno. «Tante persone non hanno più la casa, altri ne hanno una gravemente danneggiata. Altri ancora potrebbero già rientrare ma hanno ancora paura: le scosse infatti continuano, solo ieri sera ce n’è stata una forte di magnitudo 6.1».
Il lavoro di Avsi ad Aleppo
Gli abitanti di Aleppo, però, non hanno perso solo la casa. Sono tantissimi quelli che non hanno più lavoro e mezzi di sussistenza. Ecco perché l’azione di Avsi si concentra in tre direzioni: «Innanzitutto bisogna riabilitare le case», spiega il responsabile in Siria. «Poi offrire un sostegno socio-economico di tre mesi alle famiglie per permettere loro di affittare una nuova casa o cercare un nuovo lavoro. Infine, serve supporto psico-sociale, che va allargato a tutta la popolazione, che è scioccata e disorientata».
L’organizzazione non governativa si sta occupando anche dei feriti. L’attenzione ai malati è assolutamente provvidenziale in un paese dove a causa della guerra il 50% degli ospedali pubblici è andato distrutto e quelli privati sono inaccessibili alla maggior parte della popolazione. Attraverso il progetto Ospedali aperti, avviato nel 2017 in collaborazione con la Cei e la nunziatura apostolica vaticana, Avsi sostiene ad Aleppo l’ospedale Saint Louis, dove sono stati curati gratuitamente 52 pazienti, sei dei quali si trovano ancora nella clinica.
«Bisogna togliere le sanzioni, che bloccano il lavoro»
Avsi sta facendo di tutto per aiutare a rialzarsi una popolazione visibilmente «rassegnata», che vive con poche ore di elettricità al giorno, spesso senza riscaldamento, e in una situazione igienica difficilissima. «La recente e grave diffusione del colera non è un caso», spiega Agostino.
Purtroppo il lavoro umanitario non è semplice soprattutto a causa delle sanzioni che «ritardano o bloccano del tutto» l’arrivo di aiuti in un paese che «non può contare neanche sull’intervento dei privati internazionali». Il paragone tra gli aiuti ricevuti dalla Turchia e da quelli ottenuti dalla Siria è impietoso: «Le sanzioni vanno allentate subito, non fanno altro che danneggiare la popolazione e il nostro lavoro».
Ridare speranza ad Aleppo e alla Siria
Nel grande «mix di vita e di morte» che è diventata la Siria, la popolazione sta perdendo la speranza. Ecco perché serve l’aiuto di tutti: «Gli italiani come sempre hanno risposto in modo generoso fino ad ora attraverso le donazioni. Nonostante questo non possiamo prescindere dall’aiuto della comunità internazionale», spiega ancora il responsabile di Avsi.
Quanto fatto fino ad ora però non basta: «Abbiamo ancora bisogno di sostegno perché la fase che si apre ora richiederà mesi e mesi, non giorni. Bisogna continuare a restare vicini al popolo siriano. Dobbiamo aiutarli a non perdere la speranza».
Per donare ad Avsi è possibile cliccare qui.
Foto Avsi
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