Lettere dalla fine del mondo

Papa Francesco e i suoi predecessori. Nella diversità l’unità nell’annunciare Gesù Cristo

Papa Francesco, figlio di questa terra, nato in Argentina, ha conosciuto il grido, il dolore di questo popolo che per lo più vive in uno stato di miseria. Appena arrivato ha detto alla presidente del Brasile di non aver nulla da dare. Se non il dono più prezioso che lui stesso ha ricevuto: «Gesù Cristo». La sua unica preoccupazione in questi giorni è stata quella di proporre la bellezza, la verità, la giustizia, l’amore che l’uomo trova spalancando le porte del suo cuore a Gesù. Ed è solo partendo da Gesù come criterio di vita che scaturisce l’amore tenero, misericordioso, umile, verso i poveri. Le milioni di persone che lo hanno seguito, non solo fisicamente a Rio, ma anche attraverso la televisione in tutto il mondo, hanno sperimentato la stessa commozione che ha provato la Vergine all’alba, quel mattino, quando le apparve l’Angelo.
Purtroppo, i mezzi di comunicazione non hanno capito niente. E così dopo il primo giorno, la venuta di papa Francesco è scomparsa dalle prime pagine dei quotidiani. Non solo: la maggioranza dei media ha ridotto l’evento a una questione ideologica, contrapponendo il Santo Padre ai suoi predecessori. Ma l’accoglienza che ha ricevuto al suo arrivo è stata impressionante. «Io non ho né oro né argento, ma porto ciò che di più prezioso mi è stato dato: Gesù Cristo!», ha detto Francesco.
Queste parole aiutano a interpretare questo evento storico, evitando le due riduzioni che vediamo affiorare continuamente.
La prima è la possibilità di vivere questo evento a livello di sentimento, come una moda che, passata l’emozione, svanirà. È un pericolo reale, molti giovani sono in balìa di una cultura edonistica che rimette tutto all’emozione del momento. Il Papa li ha provocati ad andare oltre e guardare a Cristo che penetra nella totalità della persona. L’altra riduzione è quella di cercare di identificare questo gesto di paterna vicinanza del Papa ai più giovani, in particolare a quelli della “periferia”, con una questione politica. In questo senso, i media si sono fatti portavoce degli opportunisti che vogliono usare la logica del potere per interpretare un evento che non sanno leggere in modo più umano.

Le etichette sono trappole ideologiche
Qualsiasi cattolico attento si rende conto della trappola ideologica che racchiudono le etichette diffuse dai media su Francesco, descrivendolo come l’unico che “ama il contatto con la gente”, che vuole un “governo meno centralizzato” e più collegiale della Chiesa, che è lontano dalle “pompe” dei suoi predecessori. Sebbene sia chiaro che lo stile diretto, vicino, poco protocollare e paterno di Francesco, conferisce un carattere particolare al suo pontificato, segno di unità nella diversità, non possiamo dimenticare che è stato eletto dagli altri cardinali proprio per queste caratteristiche. Vale a dire, i suoi fratelli elettori, illuminati da Dio, hanno voluto proseguire il notevole lavoro di rinnovamento nella Chiesa, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II. Molti gesti di papa Francesco non ci ricordano forse l’amato Giovanni XXIII che con coraggio e semplicità convocò il Concilio in quell’epoca convulsa degli anni Sessanta? Alcuni dei suoi interventi non ci riportano a Paolo VI per il suo impegno e fedeltà allo spirito delle riforme del Concilio, ardente difensore come Bergoglio della vita umana e della famiglia? Il suo sorriso trasparente non ci ricorda Giovanni Paolo I? Non è stato Giovanni Paolo II che ha aperto le porte dei cuori ai giovani del terzo millennio? E non sottolinea sempre, papa Francesco, l’apprezzamento, l’ammirazione e la fratellanza verso il suo amato predecessore, Benedetto XVI, che ha illuminato con saggezza la vita della Chiesa nei difficili anni del suo pontificato, fino all’ultimo gesto di umiltà, quello della rinuncia al suo ruolo, la sua coraggiosa denuncia del relativismo e la sua corretta interpretazione del Concilio? Come non riconoscere nell’umiltà di Francesco, la stessa essenza di Benedetto XVI, Giovanni Paolo II e di tutti i suoi predecessori?
Nell’atteggiamento vicino e umile di Francesco vediamo riflessa tutta l’eredità dei suoi predecessori, nella cui linea di continuità vediamo la stessa fedeltà alla Chiesa. Ognuno giudica la realtà secondo il proprio agire. Chi getta fango mettendo etichette e creando divisioni non sono gli innamorati di Cristo che sono andati in pellegrinaggio a Rio, alla ricerca di risposte alle loro domande vitali. E nemmeno Francesco, la cui gioia è quella di annunciare Cristo in questo continente.

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