
Alberto Musy. Fermato un uomo accusato dell’attentato
Sembrava destinato a rimanere senza un volto l’attentatore di Alberto Musy, avvocato e consigliere comunale Udc (candidato del Terzo Polo alle ultime amministrative). L’uomo ripreso dalle telecamere di sicurezza della zona, coperto da un casco integrale bianco e con un lungo impermeabile, ora avrebbe un nome. Sarebbe stato Francesco Furchì a sparare, il 21 marzo dello scorso anno, in un agguato al portone della palazzina di via Barbaroux, nel cuore vecchio di Torino, dove l’avvocato viveva con la moglie Angelica Corporandi d’Auvare e le quattro figlie. Da allora Musy è in coma profondo, ricoverato in una casa di cura.
Per mesi gli inquirenti, pareva invano, hanno setacciato la vita politica, professionale e privata del professore ed avvocato, interrogato amici e colleghi, vagliato tutte piste alla ricerca di elementi che potessero condurre all’identificazione del responsabile di un gesto che è apparso, sin dalle prime ore, folle e privo di movente, almeno apparentemente.
Francesco Furchì, 50 anni, di origini calabresi (Ricadi, Vibo Valentia) ma residente a Torino. Già presidente dell’associazione Magna Grecia, era stato candidato nella lista civica alle Comunali, ma erano sorti contrasti perché, a quanto pare, avrebbe voluto essere collocato in testa alla formazione. Ottenne 57 preferenze, risultando ottavo nella lista “Alleanza per l’Italia” che raccolse 3.113 preferenze, lo 0,78% totale. Screzi e qualche parola di troppo al punto che Furchì risulta fosse già allontanato nel corso della campagna elettorale. Secondo quando rivelano gli investigatori, avrebbe insistentemente chiesto più volte l’intervento di Musy: per un incarico universitario per un amico, per una nomina di sottogoverno, infine per entrare in qualità nella compagnia ferroviaria privata Arenaway in virtù del rapporto di amicizia dell’avvocato liberale con il fondatore Giuseppe Arena. L’indagato, che è stato fermato dopo un lungo interrogatorio, avrebbe vissuto come un torto subito il mancato aiuto in tutte le tre vicende.
«L’indagine – ha detto il procuratore capo Gian Carlo Caselli – è stata lunga, paziente, faticosa, analitica. Senza esagerazione è stata un’indagine mastodontica, gigantesca, un setacciamento incredibile di una serie di figure gravitanti nell’orbita della vittima. Abbiamo impegnato le migliori risorse della procura e della polizia, spendendo un tempo infinito. È stato come il lavoro dei cercatori d’oro, che setacciano quantità incredibili di sabbia e di acqua per individuare un qualche granello». Ad aver portato all’identificazione di Furchì anche il supporto scientifico di due consulenze tecniche del Politecnico di Torino. Una ha esaminato le sequenze ottenute con le telecamere disseminate lungo il percorso compiuto dall’attentatore prima di raggiungere la casa di via Barbaroux, ricostruendo altezza, larghezza spalle e ogni altro dato utile per l’identificazione del soggetto. La comparazione tra i dati ottenuti e quelli di Furchì è superiore al 90%.
Il fermato nega ogni addebito, ma dalla Procura comunica una forte certezza sulla sua colpevolezza.
«Sono riconoscente agli investigatori per il proficuo lavoro svolto nel corso di questi lunghi mesi». Angelica, moglie di Alberto Musy, commenta così la notizia del fermo del presunto autore dell’agguato in cui il marito. «Adesso – aggiunge all’Ansa – aspetto ulteriori sviluppi dall’inchiesta».
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!