Al posto di auto e treni, la Germania costruirà droni e carri armati

Di Leone Grotti
28 Aprile 2025
La Germania di Merz riapre le industrie dismesse a causa della crisi per produrre armi. Il governo tedesco investe e il settore cerca decine di migliaia di lavoratori. Ma c'è chi si inquieta: «Non prepariamoci alla guerra»
Un sito di produzione di carri armati della Rheinmetall in Germania
Un sito di produzione di carri armati della Rheinmetall in Germania (foto Ansa)

La città di Görlitz, nella Germania orientale, è conosciuta da oltre un secolo per la sua fabbrica di treni. In particolare, per le carrozze a due piani prodotte fin dal 1935. Quest’anno verrà costruito l’ultimo elettrotreno, destinato alle Ferrovie israeliane, e dall’anno prossimo la produzione cambierà completamente. La fabbrica di proprietà della francese Alstom passerà alla Knds, holding europea dell’industria della difesa con sede ad Amsterdam, che in questo angolo di Germania costruirà pezzi per il carro armato Leopard II e per il veicolo corazzato per fanteria Puma.

La Germania punta sulle armi

La riconversione dell’industria manifatturiera a Görlitz, da scopi civili a militari, non è casuale e risponde al tentativo del futuro cancelliere Friedrich Merz di reindustrializzare attraverso le fabbriche di armi un paese dove il settore trainante dell’automotive è sempre più in difficoltà ed è costretto a chiudere stabilimenti e a licenziare dipendenti.

Da quando Berlino ha perso l’accesso al gas russo come fonte energetica a basso costo, in seguito all’invasione dell’Ucraina, i settori energivori tedeschi hanno perso il 20 per cento della produzione e 250 mila posti di lavoro nel settore manifatturiero si sono volatilizzati.

Produzione di armi destinate all'Ucraina alla Rheinmetall, in Germania
Produzione di munizioni alla Rheinmetall, in Germania (Ansa)

Il boom degli investimenti nella difesa

La speranza è che gli investimenti pubblici e privati nel settore della difesa possano invertire la rotta. Dal 2020, la spesa militare tedesca è cresciuta dell’80 per cento fino ai 90 miliardi di euro del 2024 (quella italiana quest’anno dovrebbe toccare la cifra record di 32 miliardi). E ancora Berlino non aveva approvato il “bazooka”, che permetterà investimenti aggiuntivi pari a circa 50 miliardi all’anno.

Il settore industriale tedesco della difesa impiega circa 60 mila persone, 150 mila compreso l’indotto, secondo l’esperto dell’Istituto economico tedesco di Colonia Klaus-Heiner Röhl. Ma i numeri sono in continuo aumento. Rheinmetall aveva 26 mila dipendenti nel 2023, oggi ne ha 32 mila e l’obiettivo è di arrivare a 40 mila nel 2027.

Diehl Defence è passata dai 3.800 lavoratori del 2023 agli attuali 4.500. Hensoldt ha aumentato la forza lavoro da 6.600 unità a 8.400, ma punta ad arrivare a 9.500 entro la fine dell’anno. Renk invece ha 4.000 dipendenti contro i 3.300 di fine 2022.

Rheinmetall, Diehl Defence, Thyssenkrupp Marine Systems e Mbda pianificano in tutto di assumere 12 mila nuovi dipendenti entro il 2026, scrive il Financial Times.

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Dalle auto ai carri armati

Se Knds a partire dall’anno prossimo rileverà la fabbrica di treni di Alstom, assumendo 350 dei 700 dipendenti che resteranno senza lavoro, Rheinmetall ha annunciato l’intenzione di rilevare subito la fabbrica di Osnabrück della Volkswagen e in futuro quelle di Neuss e Berlino. Secondo l’amministratore delegato Armin Papperger, l’obiettivo è «raddoppiare la dimensione delle nostre dieci fabbriche o costruirne di nuove».

Oliver Dörre, ad di Hensoldt, ha dichiarato a Reuters che il gruppo potrebbe «trarre vantaggio dalle difficoltà del settore automotive», assumendo gli esuberi di grandi marchi come Volkswagen o i suoi principali fornitori, Continental e Bosch.

Se l’industria ha sempre più bisogno di manodopera, trovarla non è semplice sia perché la fabbricazione di armi non è ancora ben vista in Germania, per quanto il clima stia cambiando, sia perché la legge vieta l’assunzione nel settore di lavoratori provenienti da Russia, Cina, Iran, Siria e Afghanistan.

«Il summit degli armamenti»

Investimenti e lavoro stanno lentamente modificando l’orientamento dell’opinione pubblica e così gli stati federali fanno a gara per accaparrarsi una fetta della torta. Nell’ultimo trimestre del 2024, secondo l’Ifo Institute, soltanto 5 stati federali su 16 sono cresciuti. Tre di questi (Bassa Sassonia, Meclemburgo-Pomerania e Schleswig-Holstein) lo hanno fatto grazie agli investimenti nel settore della difesa. Il presidente della Bassa Sassonia, Stephan Weil, ha detto che «continueremo su questa strada».

Chi è rimasto indietro, come lo stato di Baden-Württemberg, ha dichiarato il presidente Winfried Kretschmann, vuole «essere incluso» nell’espansione dell’industria della difesa. Il Parlamento del Saarland, ad esempio, ha approvato una mozione affinché i regolamenti necessari a diventare più attraenti per le fabbriche di armi vengano messi in atto, arrivando ad organizzare un «summit degli armamenti».

Il leader della Cdu, Friedrich Merz
Il prossimo cancelliere della Germania, Friedrich Merz (foto Ansa)

La Germania si sente «in guerra»

I grandi gruppi della difesa, del resto, hanno sempre più denaro da investire. Grazie alle commesse del governo e agli annunci futuri, Rheinmetall ha aumentato i suoi dividendi del 42% quest’anno, Hensoldt del 25%, Renk del 40%. La Germania vuole entro il 2031 aumentare gli effettivi del proprio esercito a 203.000 unità e poi a 270 mila, mentre i riservisti dovrebbero passare dagli attuali 60 mila a 260 mila. Per armarli in modo adeguato serviranno allocazioni ingenti di fondi.

Se l’entourage del prossimo cancelliere tedesco, Merz, assicura che gli investimenti sono necessari «in tempo di guerra», non tutti in Germania sono contenti del nuovo corso che sta prendendo il paese.

«Non dobbiamo però favorire conflitti»

La famiglia di Carsten Liebig costruisce treni a Görlitz da tre generazioni. I suoi figli produrranno carri armati. «È davvero triste per me che ci sia ancora bisogno di produrre armi», dichiara al Ft.

Sebastian Wippel, che per poco non è diventato sindaco della città con l’Afd alle ultime elezioni, aggiunge: «Il nostro esercito ha bisogno di carri armati. Ma l’industria della difesa non deve diventare un mezzo per prepararsi alla guerra o per mettere i politici in una posizione per cui alla fine si convincono a scatenare un conflitto».

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