Ai Colloqui fiorentini con Italo Calivno per “scoprire e scoprirsi”

Di Laura D’Incalci
15 Marzo 2023
Dal 16 al 18 marzo a Firenze per l'annuale convegno a cura di Diesse, quest'anno dedicato allo scrittore italiano. Intervista al direttore Pietro Baroni
Italo Calvino, 1923 - 1985 (Ansa)
Italo Calvino, 1923 - 1985 (Ansa)

Il piacere di leggere, trovare appassionante lo studio di un autore e impegnarsi per scandagliarne il percorso umano e letterario non è cosa scontata per gli studenti delle scuole superiori descritti spesso come generalmente incostanti nell’impegno, impacciati nell’esprimere le proprie riflessioni. In tal senso l’esperienza dei Colloqui fiorentini – iniziativa annuale promossa da Diesse Firenze e Toscana che raccoglierà gli esiti in un Convegno nazionale che si svolgerà a Firenze dal 16 al 18 marzo – racconta anche in questa XXII edizione un’avventura in controtendenza, animata da un inconsueto entusiasmo.

Ne parliamo con Pietro Baroni, docente e direttore dei Colloqui fiorentini.

Di cosa si tratta?

L’idea intorno alla quale ruota tutta l’esperienza che quest’anno convoglierà 2500 studenti provenienti da tutta Italia, finalmente “in presenza” dopo gli incontri on-line degli ultimi anni, è proprio il fatto che studiare letteratura significa incontrare un uomo, un autore. Un autore è innanzi tutto un uomo, anzi proprio in quanto autore è un uomo che mi fa crescere: nelle sue pagine incontro la sua umanità, il suo destino, il suo aver fatto i conti con il senso della vita, con la sete di felicità, il dramma del dolore, della morte.

Quest’anno l’autore è Italo Calvino, proposto in un titolo tratto da Il cavaliere inesistente: “È verso la verità che corriamo la penna ed io…” L’espressione evoca la ricerca esistenziale che in Calvino si intreccia con la tensione espressiva, con la scrittura che pure fa parte dell’anelito alla verità. Come hanno reagito i giovani?

I ragazzi sono rimasti molto colpiti dalla letteratura di Calvino: la sua è una scrittura molto lineare, semplice, leggibile, quindi dà l’idea di una facilità di approccio, ma allo stesso tempo fa emergere la grande complessità del reale, della conoscibilità del reale. Una letteratura piana, trasparente che però fa trasparire la realtà come labirinto, come sfida al labirinto che è la vita, che è complessità di piani che si intersecano e si confondono.
I giovani in questi tempi vivono molto la caoticità della loro vita e del mondo, la fragilità, l’assenza di strutture…E di fronte a questo hanno una posizione ondivaga: da una parte ne rilevano il disagio, il disorientamento, dall’altra ne apprezzano la libertà, l’assenza di schemi precostituiti che bloccano la vita. In questo senso Calvino per loro è una provocazione: per lui la letteratura è una soglia, un punto ambiguo fra l’essere strumento con cui cercare il filo che ti libera dal labirinto, l’“ordine segreto del mondo” come lo definisce, e la possibilità che le parole stesse invece di sfuggire dal labirinto ne creino uno ancora più artificiale di quello della realtà… c’è sempre un momento in cui la parola illude, lascia aperto il dubbio sulla corrispondenza fra la verità e le parole usate per dirla.

I suoi personaggi fiabeschi – ad esempio nella trilogia degli antenati – incarnano atteggiamenti estrosi, parzialità grottesche che sembrano comunque sottese da un’aspirazione all’interezza, a un equilibrio… tuttavia la ricerca della verità non riconosce mai un approdo.

Alcuni studenti, scivolando in una trappola, sono giunti a constatare che Calvino cerca la verità, ma quando si accorge che la verità è troppo difficile da conquistare la dichiara irraggiungibile… quindi quel che conta è unicamente la ricerca. Un altro gruppo invece ha colto non tanto la negazione della verità, ma il fatto che Calvino è diviso fra la ricerca della verità e il terrore di non riuscire a trovarla, fra il desiderio di compiutezza e il terrore di non riuscire a essere compiuti… per cui crea sempre delle favole con un lieto fine che nelle righe conclusive viene contraddetto. Il visconte dimezzato, ad esempio, si ricompone ritrovando la sua interezza e tutto attorno a lui ritorna in armonia… tuttavia l’ultima pagina del racconto è affidata al narratore, il ragazzino che rimane incompleto e solo. Calvino intuisce sempre la possibilità di risposta al problema dell’esistere, del ritrovare identità e completezza, ma questa intuizione pur vera non si realizza mai nelle sue opere.

Lo scrivere per Calvino è una vera tensione, quasi una sfida impervia. In alcune pagine di Lezioni americane denuncia un imbarbarimento del linguaggio: «Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola». E aggiunge che solo la letteratura può creare anticorpi in tal senso. La notazione può essere attuale oggi fra i banchi di scuola?

Effettivamente oggi i ragazzi trovano spesso difficoltà nella scrittura e sono carenti nel linguaggio… Il problema c’è, ma il più delle volte viene affrontato da una prospettiva sbagliata.

In che senso?

È lo stesso autore che nel discorso citato aggiunge che forse l’inconsistenza non è nell’immagine del linguaggio, ma nel mondo, nelle persone. Gli insegnanti in genere constatando il decadimento della scrittura partono dal linguaggio anziché dal mondo. La lezione in classe non è più esperienza di vita, ma un tecnicismo linguistico che, essendo vuoto di senso, si impoverisce nel tempo perché non ha più le ragioni dell’impegno. I colloqui fiorentini partono da un’esperienza diversa: fare della letteratura un’esperienza di vita, questo induce a cercare le parole giuste, a prendersi cura del linguaggio. Basta vedere i ragazzi come parlano quando ci confrontiamo con i testi… esprimono immagini, metafore, osservazioni critiche di una profondità e acutezza straordinarie.

Ricorda qualche esempio di questa novità?

Mi viene in mente un gruppo di ragazzi che per la loro “tesina” sul Cavaliere inesistente hanno scelto questo titolo: “Scoprire e scoprirsi”. Per loro scoprire Calvino ha coinciso con la scoperta di sé stessi, con una nuova e più profonda comprensione di sé. Non è cosa da poco.

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