«Ahmadinejad non ha quel potere di ricattare l’Italia che grida ai quattro venti»

Di Daniele Ciacci
22 Febbraio 2012
Il presidente iraniano provoca il mondo minacciando di bloccare l'esportazione di petrolio lungo lo stretto di Hormuz. Intervista ad Angelo Pezzana, esperto in scenari esteri: «Israele cerca di fare una coalizione che includa il silenzio assenso di Arabia Saudita ed Emirati».

Cresce la tensione tra Teheran e Tel Aviv. Un attacco israeliano ai siti nucleari iraniani viene considerato ogni giorno più probabile. Mamhud Ahmadinejad, in vista delle elezioni parlamentari a marzo, minaccia di bloccare l’esportazione di petrolio lungo lo stretto di Hormuz. L’America cincischia, perché a novembre ci sono le elezioni per eleggere il nuovo presidente. Quali sono i rischi per l’Italia? Tempi.it ne parla con Angelo Pezzana, radicale, esperto in scenari esteri.

Cosa sta succedendo tra Israele e Iran?
Ahmadinejad continua nella buffonata di fare la voce grossa al mondo, ma non ha nessun interesse a far esplodere un conflitto. Il presidente iraniano è interessato a superare novembre, quando le elezioni americane segneranno il destino di Obama, e quando i leader americani saranno impegnati a mantenere le promesse elettorali. Neanche gli Stati Uniti vogliono trovarsi nella situazione di dover intervenire contro l’Iran, perché durante le elezioni non è conveniente gettarsi in una guerra. Però, Obama non vuole arrischiarsi di avere il voto ebreo contrario alle elezioni e deve quindi contrastare Teheran. Nell’attesa, l’Iran continua a sviluppare il nucleare. È una manovra furba. L’unico che ha le idee chiare su come muoversi è il premier israeliano Benjamin Netanyahu.

Come vuole muoversi Netanyahu?
È una mia supposizione, ma mi pare che Israele cerchi di fare una coalizione che includa il silenzio assenso dell’Arabia Saudita e degli Emirati. Tutto il Medio oriente teme lo strapotere iraniano. La linea di pensiero è quindi comune, ma Israele non può permettersi di dichiarare guerra all’Iran senza l’appoggio americano. Sarebbe un suicidio.

Ma il progresso nucleare iraniano non spaventa gli Usa?
Barack Obama ha una posizione tutto sommato isolazionista e stravagante, si è fatto un’idea sbagliata di quello che succede fuori dei suoi confini. Di fatto, fu lui a volere la caduta di Hosni Mubarak, e adesso le prospettive per l’Egitto sono ancora peggiori delle precedenti. Il problema di Israele è far capire all’America che prima decide, meglio è.

Come si sta muovendo l’Italia?
La politica estera, in Italia, è sempre stata dettata dagli interessi economici. Adesso la Turchia va bene, è un buon partner per il commercio. Anche gli analisti sui giornali di destra cercano di vederne gli aspetti positivi. Il nostro ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, è un diplomatico molto competente, ma contro gli interessi di Confindustria può fare ben poco.

Eppure l’embargo ci spaventa…
Mah. Possiamo rifornirci altrove. Il nostro fabbisogno energetico dipende più da altre fonti che dal regime degli ayatollah. L’Iran non ha la capacità di ricatto che grida ai quattro venti. Può soltanto cercare di provocare l’America bloccando lo stretto di Hormuz prima delle elezioni. Ma, se lo facesse, scatenerebbe un’altra Pearl Harbour. Sarebbe da stupidi, e loro non lo sono.

Allora, cosa vuole l’Iran dall’America?
Beh, anzitutto vuole che Obama si occupi meno del Medio oriente. Dopo le elezioni di novembre, infatti, l’America si guarderà bene dall’intervenire all’estero, preferendo concentrarsi sulla politica interna e sulle promesse che hanno fatto agli elettori. Israele non può affrontare l’Iran senza l’aiuto estero. L’Europa, se non c’è convenienza economica, non è interessata. In Libia infatti, dove si giocava un’importante questione di importazione petrolifera, la Francia è intervenuta. La Siria, che invece non ha il petrolio, subisce massacri profondi senza che nessuno muova un dito. Non mi stupisce, l’Europa è sempre stata così.
twitter: @DanieleCiacci

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