Afghanistan. Con il diritto di ingerenza rischia di morire anche l’universalismo cristiano

Di Leone Grotti
02 Settembre 2021
La debacle in Afghanistan sembra aver dato il colpo di grazia all'ultima traccia di universalismo: i diritti umani. L'analisi della filosofa Chantal Delsol
Una donna col burqa si guadagna da vivere in Afghanistan

Una donna col burqa si guadagna da vivere in Afghanistan

«La débacle in Afghanistan getta un alone di sospetto sul nostro universalismo». Lo scrive sul Figaro la filosofa francese Chantal Delsol, spiegando che l’Occidente ha tentato eccome a seguito dell’invasione militare e strategica del 2001 di «perseguire un fine civilizzatore». Un fine che aveva come fondamento «la nostra convinzione secondo la quale i diritti dell’uomo sono universali».

La crisi dell’universalismo occidentale

La riconquista del paese da parte dei talebani, che vanificherà tutti gli sforzi fatti in questo senso negli ultimi vent’anni, potrebbe non rappresentare soltanto una disfatta militare ma anche il canto del cigno dell’universalismo occidentale. Scrive infatti Delsol:

«Il cosiddetto “diritto d’ingerenza” viene da molto lontano, ha la sua origine nella dottrina medievale e rinascimentale ed è radicato, per iniziare, nell’universalismo cristiano. I valori che noi difendiamo, è il nostro pensiero, valgono per tutti gli esseri umani in generale e quando vengono negati in modo grave in qualche parte del mondo, abbiamo il diritto di intervenire. Ma da almeno mezzo secolo abbiamo cominciato a dubitare di essere nel giusto quando obblighiamo gli altri ad assomigliarci. Noi stessi non siamo più sicuri di avere ragione sempre e comunque».

Diritti umani, «catechismo contemporaneo»

L’indebolimento del cristianesimo, continua la docente di filosofia politica, «ha contribuito all’indebolimento dell’idea di verità, idea tipicamente occidentale nata con i greci e i giudaico-cristiani. La verità implica sia il dubbio che la certezza e la certezza è ciò che origina il diritto di ingerenza. Poiché la verità, se è tale, è universale io ho diritto di imporla agli altri perché conviene tanto a loro quanto a me, anche se gli altri ancora non lo sanno».

La fine del monoteismo cristiano in Europa, o la sua marginalizzazione, ha spinto la gente «verso modi di pensare più tipici dei territori asiatici: caducità del tutto, soggettività, sincretismo». Con la débacle afghana non è appena il diritto di ingerenza a essere messo in discussione, ma l’universalismo stesso. Ne restano solo alcune timide vestigia, come i diritti umani, «che rappresentano il dogma e il catechismo occidentali contemporanei».

«Il relativismo culturale è sempre più diffuso»

Quest’ultimo scampolo di universalismo deve però vedersela oggi in Europa e in Occidente in generale, argomenta Delsol, con «il wokismo che rappresenta un relativismo culturale sempre più diffuso». Da qui nascono diverse «contraddizioni». Una su tutte, quella sulla dignità della donna. Scrive la filosofa:

«Come spiegare che i movimenti femministi occidentali, sempre pronti a denunciare (e a ragione) le violenze e gli abusi commessi sulle donne qui da noi, siano così spesso silenziosi e imbarazzi davanti al martirio annunciato, inevitabile, di tutte le donne afghane? La protezione della donna non varrebbe che per le donne occidentali, perché noi siamo moderni? Mentre sarebbe normale tenere in schiavitù le donne musulmane perché questa è la loro cultura? Ma se si tratta soltanto di cultura, in nome di che cosa disprezziamo i diversi integralismi impiantati da noi? Dei dirigenti dell’Unef (principale associazione studentesca francese, ndt) hanno difeso il velo in Francia insieme ai diritti delle donne. Ma si arriva al paradosso di accogliere donne afghane per evitare loro di portare il burqa a casa loro, difendendo allo stesso tempo il loro diritto di portare il velo da noi nei luoghi pubblici. Questa è incoerenza e ipocrisia al suo massimo grado».

La fine dei diritti umani è vicina?

Un’incoerenza tipica di un momento di passaggio dall’universalismo al relativismo («ogni cultura ha la sua verità»). «Siamo in procinto di entrare in un mondo fluttuante, di cui non abbiamo ancora compreso tutte le conseguenze. Questo passaggio ci seduce e ci inquieta allo stesso tempo. E noi abbiamo ragione di essere sottilmente inquietati. Il rintocco a morto della campana del diritto di ingerenza potrebbe essere anche la fine della certezza dei diritti umani, la cui natura diverrebbe di conseguenza aleatoria, elettiva, parziale e di parte. Non sono convinta che questo sia il mondo che vogliamo».

Foto Ansa

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