Milano. A cosa servirà la norma anti-affitti brevi chiesta da Sala? A niente

Di Rodolfo Casadei
22 Marzo 2023
Il sindaco si accorge in ritardo di dieci anni che gli affitti in città sono cresciuti del 40 per cento. Ma la situazione è figlia di due cause: la rincorsa all'eccellenza e la guerra alle auto

Chiudi la stalla, ché sono scappati i buoi. Questa è la prima battuta che viene in mente alla notizia che il sindaco Beppe Sala e l’assessore alla casa Pierfrancesco Maran chiedono al governo di poter intervenire sul mercato degli affitti brevi in città per imporre dei limiti a un fenomeno sfuggito di mano, che contribuisce in misura cospicua al rincaro degli affitti a lungo termine per famiglie e studenti, e quindi a fare di Milano la quinta città più costosa d’Europa per viverci, la quarta più cara per gli affitti da pagare.

È quasi un decennio che città grandi e medie d’Europa e d’America combattono con misure a volte draconiane i portali degli affitti turistici a breve termine, il primo e più ricco dei quali rimane il californiano Airbnb (un giro d’affari da 8,4 miliardi di dollari all’anno), mentre in Italia quando si sono mosse Regioni come Toscana, Lombardia e Veneto il governo Gentiloni si è opposto in nome della riserva di competenza, e ha ottenuto che nessun ente del territorio potesse andare al di là dell’imposizione del codice identificativo degli inserzionisti, che permette di verificare se i soggetti fiscali (l’operatore e l’intermediario) adempiono gli obblighi previsti.

Ma niente di più: limiti al numero di giorni all’anno per cui si affitta e al numero degli appartamenti che uno stesso soggetto può affittare – come sono stati imposti in tutte le grandi città del mondo, da Parigi a Santa Monica in California, da Berlino a New York, da Amsterdam a San Francisco – in Italia non li ha potuti introdurre nessuno, perché la materia è di sola competenza statale. E lo Stato è intervenuto solo tardivamente e parzialmente.

Affitti cresciuti del 40 per cento

Oggi il sindaco di Milano si sveglia e si accorge che il 15 per cento di tutte le case in affitto a Milano sta su Airbnb! Si accorge che in sette anni gli affitti in città sono cresciuti del 40 per cento mentre i salari crescevano solo del 5 per cento. E chiede di poter fare quello che Venezia ha chiesto di poter fare, e che il Decreto aiuti dovrebbe concederle: la possibilità di limitare sia il numero di giorni all’anno per i quali un privato può affittare sia il numero di appartamenti che può mettere a disposizione.

Quest’ultimo provvedimento, spiega Maran, è ispirato alla volontà di scoraggiare il fenomeno delle società immobiliari che acquistano molte case e poi le affittano ai turisti di passaggio per pochi giorni. In realtà una legge nazionale al riguardo c’è già: la 178/2020 prevede che il regime fiscale delle locazioni brevi si applica «solo in caso di destinazione alla locazione breve di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo d’imposta». Sopra questo limite l’attività è considerata imprenditoriale, e si applicano le norme e le regole fiscali delle attività imprenditoriali.

La vita costa troppo

Dunque la legge nazionale, se applicata, già taglia le unghie alla speculazione dei fondi immobiliari e di investimento. Milano, stando alle parole del sindaco e del suo assessore, vorrebbe poter applicare un criterio ancora più rigido: le case in cui si possono ospitare visitatori a pagamento per pochi giorni non dovrebbero essere più di due, quella di abitazione e la seconda casa. Niente da obiettare sulla cosa, se non una considerazione alla Mogol e Battisti: “Come può uno scoglio arginare il mare?”. E cioè: pensate davvero di poter frenare il caro affitti e il caro vita a Milano dando una sforbiciata agli affitti a breve termine dei privati?

Questi sono in realtà prodotto e causa del problema allo stesso tempo. È perché la vita costa troppo a Milano che i privati si sono messi ad affittare una stanza di casa propria o l’appartamentino comprato per i figli, per arrotondare un po’ sfruttando il grande via vai di turisti, standisti delle fiere, commessi viaggiatori e piccoli imprenditori a Milano. E così hanno aggravato il problema, spingendo all’insù il mercato degli affitti.

La rincorsa all’eccellenza

Ma Milano è intrinsecamente votata al caro vita per due motivi strutturali che condivide con molte altre grandi città europee, ma che qua si manifestano in termini parossistici. Il primo è la rincorsa all’eccellenza. Nei due secoli alle nostre spalle le grandi città attiravano manodopera per l’industria; di conseguenza l’edilizia, il commercio, i servizi corrispondevano agli standard di una popolazione operaia. I prezzi delle merci e dei servizi, il costo degli affitti era proporzionato alle buste paga dei lavoratori dipendenti del Novecento. Con la svolta del secolo e l’avvento dell’economia immateriale dell’informazione e del terziario generalizzato, Milano ha puntato sull’eccellenza delle sue attività economiche (finanza, informatica, spettacolo, biotecnologie, ecc.) e quindi ha puntato ad attrarre una popolazione altamente qualificata per i nuovi settori dello sviluppo economico.

L’edilizia si è messa al servizio di professionisti, tecnici altamente qualificati, personaggi dell’industria dello spettacolo e dell’intrattenimento; aree che avrebbero potuto essere destinate ad edilizia convenzionata sono state destinate a uffici, sedi di multinazionali e attività commerciali, come Porta Garibaldi e Porta Nuova, o a edilizia residenziale di alta gamma, come City Life nella zona della vecchia fiera.

Il serpente si morde la coda

La popolazione meno abbiente e istruita ha abbandonato la città sostituita parzialmente da popolazione ricca e altamente qualificata, gli abitanti sono scesi da 1 milione e 732 mila del 1971 a 1 milione e 350 mila di oggi. Logicamente i prezzi di merci, servizi e affitti hanno seguito l’andamento demografico: più benestante è la popolazione, più il costo della vita aumenta. Fino a quando una città come Milano punterà esclusivamente sull’eccellenza dell’economia post-industriale, il costo della vita non potrà che aumentare, trasformando in sottoproletari i proletari che si trovano in città per fornire la propria manodopera per i lavori meno qualificati, ed espellendo la popolazione che non ce la fa più.

Alternativa all’andarsene: affittare in nero agli stranieri che non sono in regola col permesso del soggiorno, affittare per pochi giorni ai turisti. E il serpente si morde la coda…

Guerra alle auto private

Il secondo motivo strutturale del caro vita di Milano è la guerra alle auto private che le amministrazioni di sinistra conducono da dodici anni a questa parte. Non si tratta di una guerra di sterminio, ma di una guerra di razzia: in realtà Sala e i suoi assessori non vogliono eliminare gli automobilisti, ma solo utilizzarli come bancomat dell’amministrazione.

Da ciò le zone della città con ingresso a pagamento anche per i residenti (sopra a un certo numero di ingressi), l’eliminazione questa sì totale dei parcheggi gratuiti e la generalizzazione di quelli a pagamento su tutto il territorio comunale e un’enorme quantità di contravvenzioni per divieto di sosta e per superamento dei limiti di velocità grazie ad un apparato di telecamere di controllo pari solo a quello delle città cinesi.

Multe e Imu

Milano ha la metà della popolazione di Roma, ma un numero superiore di introiti da multe: nel 2021 il Comune di Milano ha incassato un totale di 102,6 milioni di euro per sanzioni da violazione del codice della strada, di cui quasi 13 milioni grazie agli autovelox, Roma invece solo 94,1 milioni (4,6 milioni dagli autovelox). Napoli, che ha i tre quarti della popolazione di Milano, incassa annualmente solo 9 milioni di euro dalle multe.

Un discorso simile vale per l’Imu: con una popolazione doppia di quella di Milano, il comune di Roma incassa solo il 50 percento in più di quello di Milano: 1 miliardo e 128 milioni di euro contro 730 milioni milanesi (dati del 2020).

Il pannicello caldo delle norme anti-affitti brevi servirà a poco. Milano continuerà a essere una delle città più care d’Europa per gli affitti. Attualmente si paga di più solo ad Amsterdam, Rejkjavik e Lisbona (dati HousingAnywhere International Rent Index by City Q4 2022).

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1 commento

  1. EMILIO MARASCHINI

    ANALISI INTERESSANTE E AMPIAMENTE CONDIVISIBILE.
    Arch. Emilio Maraschini

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