
Adozioni gay. Non si vuole guardare la realtà

Tratto dal Centro Studi Livatino – Dopo gli interventi di Pietro Dubolino, Daniela Bianchini e Renato Veneruso, oggi con Domenico Airoma torniamo sulla sentenza n. 9006/2021 delle Sezioni Unite civili della Cassazione, depositata il 31 marzo, in materia di riconoscimento in Italia dell’adozione internazionale da parte di una coppia omogenitoriale. L’oggetto della riflessione si concentra questa volta sulla evidente e sostanziale apertura, nonostante le affermazioni di segno contrario, del decisum di legittimità verso la maternità surrogata.
1. La giustizia viene solitamente raffigurata come una dea bendata, perché l’applicazione della legge deve essere imparziale, non deve guardare chi ha di fronte. Da qualche tempo, la giustizia, quella soprattutto amministrata nelle Supreme Corti, preferisce coprirsi gli occhi per non guardare la realtà.
La recente decisione della Corte di Cassazione in tema di riconoscimento dell’adozione in capo ad una coppia omogenitoriale maschile è una di queste. Come già rilevato su questo sito, le Sezioni Unite fondano la propria decisione su due dati di fatto, l’uno positivo e l’altro negativo: l’avere un magistrato USA sancito l’adozione dopo aver acquisito il consenso dei genitori biologici e la mancata allegazione di elementi che facciano emergere con obiettività probatoria che la determinazione di privarsi del figlio minore da parte dei genitori biologici derivi da un intervento di carattere oneroso degli adottanti.
Tutto chiaro? O lo è solo per chi è parso non aver approfondito la vicenda umana e i diritti coinvolti?
2. Porgiamo qualche semplice domanda. Siamo nell’ambito dell’ordinario dispiegarsi dell’autonomia negoziale privata per cui al giudice bastano le dichiarazioni delle parti? E, quand’anche fosse, non è forse vero che occorre sempre guardare allo scopo complessivo perseguito dalle parti, per stabilire se l’intera operazione non sia stata congegnata in frode alla legge? Per fare solo un esempio, possiamo dire che basti allegare il “consenso” del debitore strozzato per dire che è immune da vizi l’atto con cui l’usuraio incamera l’immobile di proprietà della vittima inadempiente? E se in un caso del genere bisogna andare oltre le apparenze, non è necessario farlo, a maggior ragione, quando in gioco non sono interessi patrimoniali, ma i diritti di un bambino e la dignità della madre biologica?
Domande che sembrano essere rimaste fuori dal cono di interesse dei giudici di legittimità, che hanno ritenuto di riconoscere lo status di figlio adottivo acquisito all’estero da un bimbo, accontentandosi della manifestazione di consenso dei genitori biologici e di informazioni sui genitori adottivi acquisite dai servizi sociali.
Oltre a quanto pure opportunamente rilevato su questo sito a proposito dell’introduzione per via giudiziaria dell’adozione in favore di coppie dello stesso sesso – il legislatore lo ha in modo espresso escluso quando ha disciplinato le unioni civili -, non può non rilevarsi che, al di là della questione del sesso degli adottanti, quel che balza evidente è che qui c’è un bimbo appena nato che viene ceduto dai genitori biologici a un’altra coppia.
3. Al di là dell’onerosità o meno della cessione, un tale accordo è compatibile, oltre che con i principi del cosiddetto ordine pubblico interno e internazionale, con i più elementari diritti dell’uomo? Qui non abbiamo a che fare con un bambino abbandonato dai genitori biologici: non c’è un minore che ha instaurato un legame affettivo con i soli adulti che lo hanno accolto. Qui c’è un bimbo ancora in fasce, che viene tolto alla madre e al padre biologici, che viene reso per sentenza orfano, e finalmente assegnato ad una coppia di maschi che mai avrebbero potuto generare secondo natura.
Qualcuno potrebbe dire che altro non poteva fare la Corte italiana e che si è dovuta accontentare di quanto fatto negli USA. Non è così. Una strada c’era; la indica il legislatore proprio nella materia dei diritti del bambino: si chiama adozione internazionale, prevede l’intervento del Tribunale per i minorenni e un’indagine molto più approfondita; ma questa volta si è ritenuto di escluderla, perché, si è detto, non di adozione si tratta, bensì di mero riconoscimento di una sentenza di un giudice straniero. Una pronuncia, quest’ultima, che sarebbe stata assunta con tutte le garanzie, dopo aver ascoltato i genitori biologici che hanno assicurato il loro pieno consenso e nel migliore interesse del minore, stabilito in base all’accordo fra genitori biologici e adottivi, ratificato del giudice. Di un minore che, data l’età, non poteva essere ascoltato; e in fin dei conti non ve ne era bisogno, posto che gli adulti avevano già deciso quale fosse il suo destino.
I giudici di legittimità danno però conto di essersi posto il problema dell’eventuale avvenuto ricorso alla maternità surrogata, poiché ammettono che “la differenza di genere per le coppie omogenitoriali maschili costituisce un discrimine soltanto se il progetto genitoriale comune si fonda sul ricorso alla gestazione per altri”.
Senza entrare nel merito della prima parte dell’affermazione, e rinviando sul punto a quanto già pubblicato su questo sito, vi è da chiedersi se basti davvero a escludere il ricorso a tale nefanda pratica l’accettazione di quanto superficialmente “accertato” da un magistrato straniero, peraltro in questo caso sulla scorta di una istruttoria operata da una associazione privata, chiudendo gli occhi dinanzi al fatto che se si cede – a qualsiasi titolo! – un bimbo appena nato ad altri, non vi sono alternative interpretative rispetto al constatare che la gestazione di quel bimbo è stata portata avanti per altri. E posto che la cessione non può dirsi ragionevolmente avvenuta in favore alla prima coppia che passava, è altrettanto verosimile ritenere che essa si inquadrasse in un progetto genitoriale, che prevedeva necessariamente una gestante disponibile.
4. Congetture? Piuttosto una doverosa preoccupazione per le vittime dei nuovi diritti: bambini progettati e donne private della maternità. Preoccupazione aggravata dal fatto che le stesse Sez. U. auspicano in sentenza che la limitazione dell’accesso al ricorso alla procreazione medicalmente assistita alle coppie eterosessuali venga ripensata: per poter finalmente sdoganare la maternità surrogata, magari chiamandola gestazione solidale?
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