
La preghiera del mattino
Non è chiaro se sia meglio accusare la Meloni di fascismo o di draghismo

Su Dagospia da un articolo di Stefano Feltri per Domani: «Giorgia Meloni sta diventando Luigi Di Maio senza neppure attraversare la fase dei proclami dal balcone o delle richieste di impeachment per il presidente della Repubblica».
Sul Domani, quella buca delle lettere costruita per raccogliere i rancori di un Carlo De Benedetti mandato ormai a quel paese persino dai figli, ci si interroga se fa più male accusare l’odiata (peraltro al pari di un’enorme altra quantità di “cialtroni” che non baciano più la pantofola dell’Ingegnere) Giorgia Meloni di fascismo o di draghismo.
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Su Fanpage si scrive: «Letta con i candidati via Zoom parla del Rosatellum e dei possibili risultati in Parlamento: “La destra può ottenere il 70 per cento dei seggi con il 43 per cento dei voti. Ma con un 4 per cento in più al Pd lo scenario può cambiare. Abbiamo 17 giorni per evitare che l’allarme democratico sia reale”».
Enrico Lettino è disperato e lancia un appello agli elettori: fatemi perdere con onore. Intanto, sposando il reddito di cittadinanza in barba al Pnrr, è passato dall’agenda Draghi all’agenda Conte. In questa situazione il più disperato è Emmanuel Macron, come abbiamo già più volte scritto: pensava di aver mandato a presidiare il partito francese in Italia un prefetto napoleonico, e invece aveva puntato sull’ispettore Clouseau.
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Su Startmag Marco Dell’Aguzzo scrive: «La Russia sta passando al pagamento in rubli anche per il gas venduto alla Turchia, che non ha imposto sanzioni verso Mosca. All’inizio, Ankara verserà in rubli solo un quarto della somma totale; la parte restante rimarrà in dollari e in euro. Ma la quota della valuta russa aumenterà progressivamente, ha detto una fonte a Bloomberg. Tra Putin e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, peraltro, c’è un buon rapporto di collaborazione politica (sulla Siria, ad esempio) ed economica. Il mese scorso Erdogan ha annunciato che cinque banche turche hanno adottato il Mir, il circuito di pagamento gestito dalla banca centrale russa e attivo dal 2017. Un altro paese che sta intensificando il commercio energetico con la Russia, l’India, ha fatto sapere di non volersi unire al G7 nell’imposizione di un “tetto al prezzo” (price cap) del petrolio russo».
La Russia invadendo l’Ucraina ha provocato la sacrosanta reazione dell’Occidente in difesa di Kiev. Però le guerre, come ricorda sempre Henry Kissinger, devono avere sempre qualche obiettivo chiaro e realistico, e quindi non sospendono il ruolo della politica. Se si considera lo scarso peso che Washington e il fronte occidentale esercitano su Ankara (pur membro della Nato), su Nuova Delhi (pur indispensabile alleato per contenere Pechino), nonché sulla decisiva Riad, forse bisognerà chiedersi se c’è qualcosa che non funziona nel fronte antirusso.
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Sul Post si scrive: «È una posizione che Meloni e Fratelli d’Italia mantengono fin dall’inizio della guerra in Ucraina, ma che in realtà è piuttosto recente. Fino a pochi anni fa Meloni criticava spesso le decisioni di politica estera di Stati Uniti e Unione Europea, ed esprimeva grande fascinazione per Putin e la Russia. Per anni, per esempio, aveva chiesto di rimuovere le sanzioni europee decise contro la Russia dopo l’invasione e l’annessione della Crimea, non riconosciuta dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale».
Do you remember Angela Merkel? Il Post fa le pulci alla Meloni per la sua politica estera, ma i passati (recenti?) limiti politici della leader di Fratelli d’Italia sono iscritti all’interno della politica estera della cancelliera tedesca, pur assai lodata anche dal Post, che costruendo un’alleanza strategica sull’energia con i russi, senza parallelamente definire una politica sulla sicurezza europea (e quindi anche dell’Ucraina), ha preparato l’apertura del vaso di Pandora che ha determinato anche la guerra Mosca-Kiev. Dalla sua la Meloni, guidando i conservatori europei il cui punto di forza sono i polacchi (do you remmebr Varsavia? A proposito di destra europea), ha maturato una strategia, ben poco improvvisata, abbastanza chiara e articolata, d’intesa con conservatori inglesi anche non johnsoniani e repubblicani americani anche non trumpiani.
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