
Il New York Times sull’aborto è più bigotto dei pro life

Dante nella Divina Commedia non ha mai condannato l’aborto, san Tommaso d’Aquino non ha mai scritto che un feto è una persona fin dal concepimento, pertanto è lecito abortire e dovrebbe esserlo tanto più per i cattolici. È con questa incredibile e bigottissima argomentazione che l’autore di oltre 50 libri sul cattolicesimo e la politica americana, Garry Wills, attacca la Chiesa e i vescovi americani. Scrivendo sul laicissimo New York Times, li accusa di voler negare senza ragioni religiose la comunione al cattolico Joe Biden per le sue posizioni in materia di aborto.
Il Nyt spiega il Vangelo alla Chiesa
Che la bibbia liberal sia ferocemente contraria alla coraggiosa presa di posizione dei vescovi cattolici americani è quasi scontato. Ma che cerchi di convincerli spiegando loro che cosa dicono davvero il Vangelo e i padri della Chiesa è surreale.
Non solo dunque, scrive Wills, «Dante non ha mai messo nei meandri più profondi dell’inferno gli abortisti», ma neanche i Vangeli hanno mai condannato l’aborto. Strano, continua, visto che secondo i pro life è «il peccato dei peccati». Di più, «neanche Mosè o Gesù si sono mai opposti all’aborto», chissà perché.
L’aborto è un problema di ragione
E se fosse così grave, prosegue Wills dando sfoggio della sua erudizione, perché sant’Agostino non ha mai sostenuto che un feto fosse una persona? E perché san Tommaso, che pure lo credeva, lo considerava un essere umano solo nel momento in cui riceveva da Dio l’anima razionale e non subito al momento del concepimento, seguendo Aristotele?
Oggi la Chiesa a detta dell’editorialista è affetta dal «culto del feto». E non ne fa «un problema religioso, ma di legge naturale, comprensibile da tutti attraverso la ragione». Ma se così fosse, continua, perché gli esperti sono divisi e non tutti «si oppongono all’aborto»?
Ma il Nyt conosce la Chiesa?
Il ragionamento cui Wills affida la conclusione dell’articolo è in linea con il resto dell’editoriale, un concentrato di superbia e ignoranza della stessa Chiesa che l’autore si vanta di aver studiato così a lungo: «Alcune donne della mia famiglia estesa hanno abortito, eppure si considerano ancora cattoliche. Il presidente Biden sembra essere dalla loro parte, al pari di papa Francesco. Questo, ovviamente, non influenza i vescovi americani. Loro odiano questo Papa e il presidente a prescindere».
Che uno studioso della Chiesa come Wills non legga le dichiarazioni del Pontefice è grave. L’aborto, infatti, è forse l’unico argomento su cui Francesco si è espresso con toni durissimi: «È giusto affittare un sicario per risolvere un problema?». È altrettanto grave che non conosca il Vangelo e la storia della Chiesa, abituata a perdonare anche i delitti più gravi a fronte del pentimento dei fedeli.
Non è un problema di fede, è scienza
Ma il vero problema del suo editoriale non riguarda la religione, bensì la scienza. Non c’è bisogno di Mosè, né di Gesù, né tantomeno di Aristotele o san Tommaso per sapere che è a partire dal concepimento che un feto inizia a diventare un bambino. I medievali non sapevano né come, né quando, né perché: si accontentavano dell’evidenza. Noi invece, grazie alla scienza, sappiamo tutto e non è un caso se tanti medici in tutto il mondo, e quanti atei tra di loro, optano per l’obiezione di coscienza.
Fare ricorso a san Tommaso d’Aquino, che non parlava certo in base a conoscenze scientifiche, per contraddire la medicina e bastonare Chiesa e vescovi, accusandoli implicitamente di essere troppo laici, è l’atteggiamento più bigotto che ci sia. Vederlo utilizzare da uno studioso sul New York Times non fa che confermare che per i liberal l’aborto è una battaglia religiosa. Il paradosso è che gli eretici, in questo caso, sono gli stessi scienziati. Wills dovrebbe studiare di più: non il Vangelo, ma la medicina e chi l’ha fatta grande, come Jerome Lejeune.
Foto Ansa
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!