Abbattere alberi per produrre bioenergia è green? Nuova zuffa nell’Ue

Di Leone Grotti
23 Novembre 2021
Dopo il nucleare, anche l'inserimento della bioenergia nella tassonomia verde scatena una guerra tra bande a Bruxelles. Per difendere l'ambiente, servono meno crociate e più politica
Deforestazione in Costa d'Avorio per la produzione di bioenergia

Deforestazione in Costa d'Avorio per la produzione di bioenergia

Anche la Finlandia si scaglia contro la tassonomia verde dell’Unione Europea. La proposta avanzata dalla Commissione di Ursula von der Leyen non convince Helsinki perché pone regole troppo stringenti per includere la silvicoltura e la bioenergia tra le attività green.

La rissa sulla bioenergia

Il 28% dell’energia utilizzata nel 2020 dalla Finlandia, il cui territorio è ricoperto al 75% da foreste, deriva da biocarburanti prodotti grazie a legname e scarti di legno. Per gli ambientalisti è impossibile definire green o a basso impatto ambientale questo tipo di energia, mentre il governo finlandese la vede all’opposto. L’Ue ha cercato di adottare una via di mezzo, scontentando tutti.

Come spiegato dal ministro delle Finanze finlandese, Annika Saariko, «per noi è una questione di interesse nazionale». Se la silvicoltura non sarà inserita tra le attività green della tassonomia, infatti, finanziarla sarà molto più complesso. A fianco di Helsinki si è schierata anche la Svezia, ma a favore die biocarburanti ci sono anche Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Slovacchia, Slovenia e Polonia.

La guerra sul nucleare

La presa di posizione della Finlandia contro la tassonomia verde è solo l’ultima di una lunga serie. Altri paesi si erano già opposti preventivamente all’inserimento nel decalogo green dell’Ue dell’energia nucleare. L’Austria (insieme a Germania, Lussemburgo, Portogallo e Danimarca) si è già detta pronta a fare causa alla Corte di giustizia europea.

Dall’altra parte della barricata una coalizione di dieci paesi guidata dalla Francia insiste che non c’è alcuna ragione dal punto di vista ambientale e scientifico per escludere dalla tassonomia il nucleare. Allo stesso tempo, Vienna non vuole neanche dare luce verde al gas naturale, come fonte “transitoria” verso un futuro green, ritenendolo troppo inquinante. Berlino, in questo caso, si oppone avendo rinunciato al nucleare per puntare, temporaneamente, sul gas naturale.

Si fa presto a dire Green Deal

La guerra tra bande all’interno dell’Ue dimostra che, se tutti sono d’accordo sul fatto che l’ambiente va difeso e che bisogna attuare la transizione verso fonti energetiche più pulite, indicare esattamente come e in che tempi è molto complesso. Ogni paese, infatti, ha un mix energetico diverso e, oltre che all’ambiente, pensa a come non danneggiare la propria economia, cercando allo stesso tempo di guadagnare un vantaggio competitivo sugli altri. La divisione politica dei paesi membri dell’Ue sull’attuazione del Green Deal mostra anche che la salvaguardia dell’ambiente è tutto fuorché una scienza esatta. A riprova del fatto che per arrivare a un futuro green e a zero emissioni, più che crociate ideologiche, serve tempo e tanta buona (e paziente) politica.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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