
A sinistra inizia a dare un po’ fastidio la “super lobby della società civile” di don Ciotti
Non ha mai nascosto l’interesse per la politica. E a queste elezioni si è spaccato nell’appoggio a candidati premier diversi.
Stiamo parlando di “Libera” e Gruppo Abele. Capitanati da don Luigi Ciotti, che hanno in Gian Carlo Caselli un organico sostenitore. Don Ciotti, che pratica con la stessa solennità palchi e pulpiti, lo si ricorda addirittura comiziante ai girotondi morettiani. La politica, quindi, è faccenda frequentata. E non solo nella poesia (vendoliana, del caso) dei massimi sistemi, ma pure nella prosaica prassi elettorale.
In questa tornata sono ben quattro i candidati espressione del “don”, ovviamente nelle sinistre. Due con Bersani (uno nel Pd ed uno in Sel) e due con Ingroia. In posizioni, tutti, sicure o papabili. Tre in Piemonte ed uno in Calabria. Nessuno fa mistero della propria appartenenza, anzi.
Con il centrosinistra si candidano: Davide Mattiello (Pd) e Michele Curto (Sel). Il primo, inserito nei posti sicuri dei “paracadutati” (i nomi imposti dalla segreteria nazionale a quella locale), ha tre lustri di militanza, dopo un passato nella Gioc, nella galassia ciottina. Il secondo è segretario provinciale di Sel e capogruppo a Palazzo di Città, ha un passato come referente per l’area europea di “Libera” ed è stato il fautore di un rapporto organico tra il partito di Vendola ed il movimento No Tav.
Con Ingoia si candidano: Antonio Pappalardo (capolista alla Camera, Piemonte 1) e Gabriella Stramaccioni (capolista in Calabria). Il primo – dirigente del Centro per la Giustizia Minorile del Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Massa Carrara – ha spiegato che “ho accettato la proposta perché lo ritengo coerente con il mio lungo e ricco percorso di impegno nelle istituzioni e nella società civile impegnata contro le mafie. Da 7 anni, infatti, sono attivamente impegnato nel sostenere Libera, il network antimafie di Luigi Ciotti, e la Fondazione Benvenuti in Italia, della quale sono stato tra i primissimi aderenti”. La seconda è coordinatrice nazionale di Libera.
Si potrebbe parlare, se si usassero gli stessi criteri per tutti, di una lobby. Ma, ovviamente, non sta bene quando si parla dei “professionisti della bontà”. Così, anche i malpancisti di sinistra, di fronte a questo fiorire di candidature, il massimo di critica che riescono ad esprimere (anonimamente) è individuare il rischio “una super lobby della ‘società civile’ in grado di esercitare notevole influenza sui gruppi dirigenti dei partiti e nell’establishment progressista”.
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