A 60 anni la Chiesa dell’Autostrada torna a farsi compagna di viaggio

Di Caterina Giojelli
04 Ottobre 2024
Il cantiere di Michelucci e quello del poeta Rondoni perché la «piccola città» di un'opera «ardita e geniale» resti segno per noi "nomadi moderni"
Autostrade per l’Italia ha celebrato i 60 anni dell'Autostrada del Sole e della “sua” Chiesa di San Giovanni Battista con lo spettacolo teatrale
Autostrade per l’Italia ha celebrato i 60 anni dell'Autostrada del Sole e della “sua” Chiesa di San Giovanni Battista con lo spettacolo teatrale "La tenda, la vela" di Davide Rondoni (17 luglio 2024)

«A un certo punto si fece largo uso di pietre, e quando vidi le mani degli scalpellini sanguinare sentii che da quel momento mi sarei guardato dall’usare la pietra per il semplice piacere dell’opera, per il particolare effetto del risultato architettonico. Agli operai sanguinano le mani: che importa! No, m’importa, dico io. Stare sul cantiere e vedere quegli uomini provati era una cosa penosa […] L’architetto deve vedere e deve sapere; deve conoscere come, in quali condizioni e con quali difficoltà umane la sua opera si compie».

Pare di vederlo, Giovanni Michelucci, attraversare ogni giorno all’alba la cortina umana già affaccendata nel cantiere della “sua” chiesa di San Giovanni Battista tra pietre rose di San Giuliano, bronzo, cemento, lastre di rame.

E tutto intorno un picchiettare di mazzuoli e martelline, un vociare di dialetti degli operai, oltre 60, provenienti da molte Regioni d’Italia: 20 ferraioli, 20 carpentieri addetti alle cassaformi lignee e 20 manovali per gli scavi e gli sterri, leggiamo nelle ricostruzioni di Franco Carnevale, già presidente della Fondazione Giovanni Michelucci di Fiesole. Si dice che l’architetto della Stazione di Santa Maria Novella amasse invitare anche loro, gli operai, alle riunioni della sua casa-studio a discutere con tecnici, ingegneri, studenti di architettura, convincendo «carpentieri e lapicidi della propria responsabilità individuale», «dell’eccezionalità storica dell’esperienza» alla quale stavano dando vita.

La chiesa di Michelucci, «piccola città» di un’autostrada «ardita e geniale»

Era quella una chiesa voluta dalla Società Autostrade a memoria di tutti gli operai caduti durante la realizzazione dell’Autostrada del Sole, come il nome del treno che collegava Torino alla Sicilia, i contadini del Sud alle fabbriche del Nord: 753 chilometri, 440 ponti e viadotti, 38 gallerie, 700 chilometri di linee elettriche (per un costo complessivo di 272 miliardi di lire), che avrebbero unito Napoli a Milano, lungo la dorsale del paese. «Un’impresa ardita e geniale – l’avrebbe battezzata così in diretta televisiva Aldo Moro il 4 ottobre 1964 – per il cui successo sono state impiegate con straordinario risultato le grandi risorse della scienza, della tecnica, del lavoro, della genialità creatrice del popolo italiano»; «Un’opera d’arte italiana», l’avrebbe chiamata il Moma di New York, dedicando una mostra all’impresa realizzata in tempi record sugli Appennini.

La "Chiesa dell'Autostrada" a metà degli anni Sessanta
La “Chiesa dell’Autostrada” a metà degli anni Sessanta

Poco più di tre anni di cantiere e lavori in tempi record attendevano anche Michelucci. L’Autosole avrebbe festeggiato i cent’anni dell’Unità d’Italia, la chiesa di San Giovanni Battista, in località Limite di Campi Bisenzio (Firenze), all’uscita del casello autostradale di Firenze Nord, avrebbe ricordato le morti bianche, ma soprattutto avrebbe dato quella che l’architetto e urbanista di Pistoia, tra i più grandi del Ventesimo secolo, chiamava «una risposta al nuovo nomadismo dell’uomo che cerca la pace», «questa chiesa è una piccola città – diceva della sua San Giovanni Battista -, uno spazio modulato nel quale gli uomini, incontrandosi, dovrebbero, se il linguaggio architettonico ha raggiunto la sua efficacia, riconoscersi in un interesse ed in una speranza comune che è quella di ritrovarsi». E così è stato.

I 60 anni del “faro” dell’Autosole

Sono passati 60 anni da allora. 60 anni dalla festosa inaugurazione dell’Autosole e della chiesa, il 5 aprile dello stesso anno. «Essere il prete della chiesa dell’Autostrada è come essere il guardiano di un faro», avrebbe raccontato al Corriere don Elio Pierattoni, per 53 anni rettore di San Giovanni Battista. Era presente quando Moro gli diede la mano e tagliò il nastro dell’ultimo tratto dell’autostrada, da Chiusi a Orvieto, mentre l’arcivescovo di Firenze, monsignor Ermenegildo Florit, intonava il Te Deum perché il cuore dell’opera era lì, a Campi Bisenzio.

La chiesa dell’arca, della montagna e dell’albero, dove Antico testamento, via Crucis e Santi Patroni trovano casa tra altari, gallerie, chiostri e fonte battesimale in un capolavoro d’arte moderna indimenticabile con la sua tettoria a imbuto sopra il sagrato, il portale in bronzo, l’inconfondibile superficie corrugata rivestita con lastre di rame fino a un’alta cuspide, alberi-pilastri, percorsi a spirale, pavimenti in pietra viola e di lido grigio dorato.

Così il silenzio di un capolavoro catturò il poeta Rondoni

La chiesa visibile a quelli che sarebbero diventati, uno, dieci, quaranta milioni di nomadi moderni tra tir, auto, moto, pullman; la chiesa in cui si fermò a pregare Karol Wojtyla, allora vescovo ausiliare di Cracovia («Deus adiuvet in ministerio», scrisse nel registro nel 1965). La chiesa che, risparmiata dall’inondazione del ’66, sarebbe diventata casa per i cosiddetti “angeli del fango” riuniti a dire messa prima di soccorrere Firenze alluvionata; la chiesa presa d’assalto da fedeli, ma anche da gite scolastiche e turisti, ladruncoli e imbrattatori (è tutto nel Liber Chronicus del sacerdote). La chiesa che, a poco a poco, diventò una fuggente sagoma familiare, la copertura ormai verde-grigia a causa dell’ossidazione del rame.

Era una notte come quelle di sessanta anni fa quando Davide Rondoni si fermò a rimirare San Giovanni Battista: un poeta innanzi alla chiesa dell’Autostrada che Michelucci aveva reso incastro di temporale ed eterno, condividendo il senso della sua “piccola città” col suo cantiere felice di maestranze. Ne ricordava la bellezza e intuiva l’intesa di architetto e artigiani mentre l’altra, enorme, città, correva con le sue luci poco lì accanto, sull’asfalto. Eppure a colpirlo fu soprattutto il silenzio. Non quello della notte, «quel capolavoro era muto. E se il mio viaggio mi aveva portato a fermarmi lì, dovevo provare a dargli nuovamente voce», racconta Rondoni a Tempi.

La tenda. La vela. Il senso del viaggio «che è sempre legato al destino»

Quella notte il visionario poeta, e artigiano della parola, mise in moto un nuovo cantiere: il supporto di Autostrade per l’Italia con il suo progetto Wonders (iniziativa per riscoprire le meraviglie del territorio italiano), la regia di Giancarlo Cauteruccio, gli attori Silvia Budri e Bruno Santini, un parroco scrittore, don Vincenzo Arnone, odierno rettore di San Giovanni Battista. La tenda, la Vela. Una tenda tra le ombre del viaggio: così Rondoni si era messo a scrivere un testo poetico, teatrale, perché il capolavoro tornasse a parlare, e raccontare la forza, l’ingegno e le vicende che si svolsero allora in quel fazzoletto d’Italia laboriosa, ma allo stesso tempo il destino di chi oggi, anche in questo preciso momento, continua ad attraversarlo.

“La tenda, la vela” di Davide Rondoni. Teatro di poesia in VI quadri per la “Chiesa dell’Autostrada”, regia di Giancarlo Cauteruccio, 17 luglio 2024
“La tenda, la vela” di Davide Rondoni. Teatro di poesia in VI quadri per la “Chiesa dell’Autostrada”, regia di Giancarlo Cauteruccio, 17 luglio 2024

«Il viaggio, qualunque viaggio, anche solo di pochi minuti, è sempre legato al senso del destino. Ogni giorno le nostre strade vengono percorse da milioni di persone che cercano un destino: l’abbraccio dell’amata o un appuntamento di lavoro, ogni destinazione pone il tema del destino adeguato al viaggio, di cosa stiamo cercando. È questo che ho voluto mettere a fuoco nel mio testo attraverso le figure di due viaggiatori, il viaggio come metafora della vita e la tenda come segno di un incontro, di un destino appunto. L’ho scritto più volte: in un’epoca dove il viaggio è incerto sono necessari i segni del sacro e di un Dio che viaggia con noi. A noi il compito di scoprire e dare luce e voce a questi segni. Segni. Altrimenti di quest’epoca non lasceremo nient’altro che marchi».

Lo spettacolo sulla prodigiosa storia che debuttò 60 anni fa

Lo spettacolo di Rondoni dentro e fuori la “vela” di San Giovanni Battista ha debuttato il 17 luglio e continuerà a dare voce a quella prodigiosa storia di ingegno, arte, mestiere e amicizia che debuttò accanto all’Autosole oltre 60 anni fa:

«Signor Michelucci – si legge in una lettera datata 9 dicembre 1963 di un operaio bolognese conservata dalla Fondazione – lo so che lei è molto riconoscente per l’operaio, sa darci fiducia e spirito morale. Per me avere lavorato con lei la considero una fortuna, è stata un’esperienza che non dimenticherò mai. Qui a Bologna ne parlo con tutti di lei e della chiesa, che già la chiesa hanno già vista, in riviste, o con i propri occhi, sono rimasti molto sbalorditi della fantasia dell’opera che, in maggioranza, la vedono come un’opera nuova e rivoluzionaria. Ho in programma parecchie visite alla chiesa questa primavera con persone che vogliono vederla…».

Ancora un'immagine dello spettacolo del 17 luglio presso la Chiesa dell'Autostrada
L’allestimento dello spettacolo del 17 luglio presso la Chiesa dell’Autostrada

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1 commento

  1. LUISELLA TAGLIABUE

    Grazie, credo che pochi sarebbero risvegliare così la memoria di un’opera tanto bella e significativa, nonché di un uomo e architetto come Michelucci

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