
La mostra al Meeting su "Urkesh di ieri nella Siria dell’oggi"
Il patrimonio culturale siriano, come risaputo, è in continua sofferenza a causa delle continue dilapidazioni ad opera delle occupazioni da parte sia dei gruppi jihadisti, sia delle forze governative. Ulteriori danni in futuro non potranno essere completamente prevenuti, in quanto in tutta la nazione vi sono ben più di 10.000 siti archeologici, e l’esercito nazionale riesce a malapena a preservare soltanto quelli piú significativi.
Perció, come trattato nella mostra del Meeting che s’intitola “I millenni per l’oggi”, l’emerito professore di archeologia Giorgio Buccellati ha avuto la brillante intuizione di istituire un progetto socio-culturale nel sito archeologico di Urkesh, nei pressi dell’odierna Tell Mozan, cittá situata nella parte nord-orientale della Siria. Il progetto in questione è atto ad ottimizzare la conservazione e la valorizzazione del patrimonio archeologico siriano; ma per la sua soliditá e la sua concretezza si spera che possa essere divulgato e trasmesso in tutto il mondo. Esso contempla un’offerta di collaborazione aperta a tutti gli uomini e le donne mozaniane in lavori manuali e nella divulgazione del patrimonio culturale e storico del sito, affinché essi acquisiscano la consapevolezza del loro passato, per poterlo difendere e salvaguardare.
La mostra del meeting si propone di illustrare non tanto lo scavo archeologico ed il suo patrimonio, quanto com’è stato condiviso dal team che ha rinvenuto lo scavo con la popolazione locale, e tutto ció che di miracoloso è nato e puó ancora nascere da questa grande iniziativa. Su questo corollario si basa l’introduzione.
Per quanto riguarda il percorso espositivo, le sue tappe si fondano tutte sul vero senso della storia, ovvero non bloccarsi a semplici narrazioni che vengono trasmesse, bensì viverle nella concretezza scoprendo materialmente e spiritualmente ció che è stato raccontato dai nostri antenati.
Relativamente alla narrazione che prevede la scoperta, non sono stati omessi nelle tappe espositive i cenni storici riguardanti Urkesh. Si sa molto poco delle origini del sito, che si è ipotizzato possano risalire a piú di quattromila anni or sono. È stato un insediamento sito in una zona molto ricca di risorse ed in mezzo ad un crocevia di culture e di popoli. Cittá così potente, tanto che il grande regno accadico (2350-2200 a.C.) ha preferito istituire un’alleanza con essa, piuttosto che conquistarla. Nel corso del millennio successivo, il prestigio del luogo è decaduto fino ad essere abbandonato e dimenticato giá agli inizi dell’ epoca assira (1300 a.C.). Una cittá degna di essere ricordata, in quanto, alla sottomissione ha preferito l’oblio. E così è stato fino al 2010, anno in cui i resti sono stati rinvenuti proprio dal team presieduto da Buccellati. Un luogo che trasmette, che nonostante sepolta per piú di quaranta secoli, è viva, non solo per gli intellettuali e per gli ambienti accademici, ma soprattutto per il suo popolo. La scoperta di Urkesh è stata condivsa con tutti i mozaniani, affinché l’identitá millenaria che questo sito trasmette potesse essere inserita nei loro cuori.
É un miracolo l’estrema vicinanza alle rinvenute vestigia del passato da parte della popolazione locale, o meglio, del popolo mozaniano che, come accennato in precedenza, ha preso attivamente parte sia alla loro scoperta che alla conseguente conservazione e valorizzazione. Gli operai locali hanno aiutato gli archeologi nelle attivitá di scavo, il resto della popolazione ha preso parte in altri lavori manuali legati al sito, ha fruito copiosamente del sito prendendo parte a visite guidate o manifestazioni, ha trasmesso l’importanza storico-culturale di Urkesh nei villaggi circostanti, tramite l’istituzione di mostre che introducano l’interlocutore nell’argomento in maniera piú totalizzante e spirituale di quanto non lo faccia un semplice testo scritto. Mettere i visitatori al centro, proprio al centro del contesto di cui si parla, e si racconta. Questo è il grande scopo di una mostra secondo Giorgio Buccellati, e non solo: è ció che si vive appieno entrando in una sua mostra.
Tornando alla mostra del Meeting, la parte migliore di tutto il percorso espositivo è la stanzetta della musica, dove sono state riprodotte melodie improvvisate intonate da una piccola orchestra costituita da alcuni studenti della scuola media statale di Domodossola. I brani trasmessi hanno la particolarità di essere una grande commistione di tradizioni ritmiche e sonore sia occidentali che mediorientali. In alcuni momenti nella stanza non soni state trasmesse immagini, per coadiuvare l’introspezione spirituale data dall’unione di due culture, apparentemente così lontane. L’atmosfera della stanza invita a sentire ad occhi chiusi, diventare temporaneamente non vedenti, per sentire e vivere appieno quanto di piú intenso la musica trasmette.
In sintesi, l’essenza del progetto e della mostra è che la riscoperta del passato, dei valori e delle tradizioni è un elemento piú che imprescindibile per ricostruire l’identità e la consapevolezza di un popolo. Ció non è rivolto soltanto al popolo siriano, ma anche e soprattutto a noi dell’occidente.
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