Bordin: «Tessuta con i fili della Rete, l’ideologia del M5S è un vestito d’Arlecchino»

Di Francesco Amicone
25 Aprile 2013
«Quel che trovo sgradevole in Grillo è che si dice contro la stampa assistita dallo Stato, ma in realtà ce l'ha con l'informazione». Parla la voce storica di Radio Radicale

«È questo che trovo sgradevole nel personaggio Grillo: si dice contro la stampa assistita dallo Stato, ma in realtà ce l’ha con l’informazione». Massimo Bordin, storico conduttore della rassegna “Stampa e Regime” di Radio Radicale, contrappone al risentimento di Grillo nei confronti della stampa una riflessione cara al Partito Radicale: «In pieno conflitto di interessi, sostengo che in Italia, dove non esiste la figura di un editore puro, l’informazione che campa sui finanziamenti di Stato offre maggiore possibilità di libera espressione di quella che è in mano a sistemi economici “altri”». Soluzione di quella che Bordin definisce «anomalia italiana» non può essere la Rete: «Io continuo, forse erroneamente, a pensare che il web sia qualcosa di diverso dalla stampa, e che per ora non può sostituirla».

Il sistema informativo del Movimento 5 Stelle non ha dato spesso buona prova di sé. Che ne pensa di quello che è accaduto con il voto via web delle quirinarie? 
L’attendibilità complessiva dell’operazione “quirinarie”, l’abbiamo sotto gli occhi. Mi colpiscono due cose: che, di una platea già molto ristretta di elettori soltanto la metà abbia votato, e che le informazioni sui dati siano state rese disponibili soltanto otto giorni dopo. Cosa accadrebbe se alle normali elezioni l’affluenza alle urne raggiungesse appena il 50 per cento e se il Viminale ritardasse la pubblicazione dei numeri dei risultati per otto giorni?

Mancanza di trasparenza e di efficienza sembrano contraddire l’idea che, della Rete, danno Beppe Grillo e il suo mentore Gianroberto Casaleggio.
Mettiamo che siano in buona fede. Che vogliano tendere alla trasparenza. Sinora cosa si è fatto? Hanno cominciato proclamando la trasparenza ai quattro venti – “nulla verrà nascosto”, “il nostro movimento sarà un’ampolla di vetro” – e al primo momento di difficoltà, di dibattito interno, la comunicazione è stata bloccata, lo streaming è stato oscurato. A me non scandalizza. Mi scandalizza la prosopopea fondata sullo slogan “noi siamo cittadini, gli altri farabutti”, quando poi i “cittadini” non fanno che replicare meccanismi che caratterizzano la politica dei “farabutti”.

Qual è il risultato di aver fatto della Rete il baricentro della partecipazione politica e della produzione di contenuti politici, da parte del Movimento? 
Dico la verità: non ho capito bene come funzionano quei meetup con cui i “cittadini” partecipano alla vita politica. Però, sull’ideologia non ci sono dubbi: il risultato è un patchwark. C’è un po’ di tutto, dei movimenti no global, della destra e della sinistra. C’è il reddito di cittadinanza che rispolvera la teoria salario garantito di Potere Operaio – come ha ricordato poco tempo fa una brava giornalista dell’Espresso -, ci sono le teorie del complotto, care un po’ a tutti. Tessuta con i fili della Rete, l’ideologia del secondo partito d’Italia è un vestito d’Arlecchino.

Anche il profilo degli intellettuali e dei politici grillini riflette questo assemblaggio poliedrico. Dal professor “prorogatio” Paolo Becchi, si arriva a Rocco del Grande Fratello, passando per la giornalista anti-euroatlantismo Loretta Napoleoni.
Sono personaggi uno diverso dall’altro, e hanno molte differenze di pensiero. Basta pensare alla capogruppo (con relativo successo) Roberta Lombardi, che sull’articolo 18 ha espresso, anche se malamente, una tesi che è vicina a quella del partito radicale, e che da molti suoi compagni di movimento sarebbe definita come ultra-liberista.

Ci sono convergenze anche fra il Movimento e il Fatto Quotidiano.
Il Fatto Quotidiano ha bisogno di trovare una sponda politica, dopo l’esclusione di Ingroia e Di Pietro, e un leader politico come Grillo, è portato a sostenerlo istintivamente. Però io non ce li vedo bene insieme Grillo, Travaglio e Padellaro.

Discrepanze sull’idea di informazione libera?
Ma no, per carattere. Litigherebbero subito.

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1 commento

  1. Giovanna Jacob

    “l’informazione che campa sui finanziamenti di Stato offre maggiore possibilità di libera espressione di quella che è in mano a sistemi economici “altri””

    Può darsi che l’informazione che campa su sistemi economici “altri” sia asservita a quei poteri economici. Ma la soluzione non sono i finanziamenti di Stato. L’informazione che campa sui finanziamenti di Stato – spero che Tempi non ne sia toccato – è una mangiatoia per amici, parenti, amanti e tutti i mediocri raccomandati possibili immaginabili. Se non hai amici o no dai quello che non è bene dare se sei donna, non ti fanno neanche entrare nelle sale d’aspetto dei giornali anche se, per ipotesi, tu fossi un genio. L’unica vera soluzione è una concorrenza in libero mercato fra giornali, che non traggano finanziamenti da altri che da lettori. Infatti, solo sul mercato può esistere una vera meritocrazia, che spazza via la folla dei mediocri.

    Bisogna lottare con le unghie e con i denti finché lo scandalo dei finanziamenti alla stampa (ma anche al cinema e alla “arte” presunta) non cessi definitivamente. Non mi pare che negli Usa la stampa riceva sovvenzioni statali. Eppure la stampa Usa sta in piedi, e sta trovando soluzioni creative alla crisi della carta determinata da Internet. Invece da noi i signorini della stampa non cercano soluzioni e non cercano di migliorarsi, perché fanno la bella vita con i nostri soldi.

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