La triste fine di Pietro D’Amico, la toga al centro dello scontro tra procure

Di Sabatino Savaglio
13 Aprile 2013
Magistrato a Catanzaro, si è suicidato con l'eutanasia in Svizzera. Nel 2007 era stato messo sotto indagine dalla procura di Salerno per presunte fughe di notizie sull'inchiesta Poseidone.

«Questa magistratura non mi merita» aveva detto a tanti quando abbandonò la toga. Pietro D’Amico, 62 anni, ha scelto la tragica strada dell’eutanasia in una clinica svizzera, a Basilea, dove ieri se n’è andato in silenzio. Una drammatica telefonata della direzione della clinica ha avvisato i familiari a cose avvenute.

D’Amico era stato sostituto procuratore generale a Catanzaro. Nel 2007, anche grazie a certi “accertamenti tecnici” di Gioacchino Genchi, si ritrovò indagato dalla procura di Salerno, competente sui magistrati del distretto di Catanzaro, per presunte fughe di notizie sull’inchiesta Poseidone, una delle indagini che resero noto l’allora pm Luigi De Magistris. D’Amico a Salerno fu messo sotto indagine perché sospettato di aver passato informazioni ad uno degli indagati dell’inchiesta Poseidone, l’avvocato e allora parlamentare di centrodestra, Giancarlo Pittelli.

I sospetti su D’Amico nascevano in quel clima di veleni che dominava all’epoca la procura di Catanzaro, con una guerra di bande tra magistrati che, dopo l’avocazione dell’inchiesta Why Not a De Magistris, sfociò nel clamoroso conflitto tra la procura salernitana e quella catanzarese, con sequestri e contro sequestri di atti giudiziari. Un ambiente avvelenato in cui in fondo a soccombere, o comunque a pagarne maggiormente le conseguenze, erano i più corretti, quelli che nelle inchieste finirono per essere una sorta di danno collaterale.

L’archiviazione, su richiesta della stessa procura campana, arriverà solo ad aprile del 2011, con il non luogo a procedere sancito dal Gip, su richiesta della stessa procura. Nel frattempo D’Amico avevo lasciato la toga: essere accusato di fatti da lui ritenuti ignobili era stato un calice troppo amaro da bere, per un uomo da tutti ritenuto trasparente, corretto e integerrimo, come persona e come magistrato.

Sembra che D’Amico avesse una qualche patologia oncologica, ma chi lo conosceva ritiene che abbia voluto utilizzare la sua malattia come condizione indispensabile per accedere all’eutanasia in Svizzera. L’ex magistrato si è organizzato da solo l’appuntamento, il viaggio, il ricovero tenendo all’oscuro anche i suoi familiari. Negli ultimi tempi, quando qualcuno incontrandolo gli chiedeva “Come stai?”, non rispondeva, ma dopo un po’ diceva «Tanto tra un po’ meno vado»: una risposta che oggi assume un significato purtroppo chiaro.

Pietro D’Amico era un cattolico convinto, un esperto di diritto romano e di filosofia del diritto, ma aveva dedicato i suoi studi e le sue pubblicazioni più recenti anche alla cultura ebraica, con i testi “Preghiere ebraiche” e dei rapporti tra le tre religioni monoteiste con  “Ebrei Cristianesimo Islamismo”. In Preghiere Ebraiche scrisse: “Senza fine sono i sentieri della tua scienza e i tuoi misteri, coloro che vi penetrano appena, riescono solo a scorgerti e sanno che sei l’unico Dio, Signore e re…. Tu sei mescolanza e caos, armonia e cosmo, luce e tenebre, giorno e notte, terra, acqua e cielo, corpo e spirito. Tu sei tutto, tutto, nel tempo e nell’eternità”.

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