
A Parigi l’aria è meno inquinata grazie ai divieti per le auto? No

A dettare la linea è stato, su X, Brent Toderian, già responsabile della pianificazione urbana a Vancouver e ora “Global cities advisor”. In un post che ha avuto un milione di visualizzazioni sono riportate quattro mappe di Parigi che descrivono graficamente l’evoluzione dell’inquinamento e, più precisamente, della concentrazione di biossido di azoto – sostanza emessa prevalentemente dai veicoli – dal 2007 al 2023. Il commento è entusiasta: «L’inquinamento atmosferico è significativamente diminuito negli ultimi 15 anni. La leadership della sindaca Anne Hidalgo ha sottratto spazio alle auto a favore del verde, delle biciclette e dei bambini. Un ottimo affare».
Qualche giorno fa, su Instagram, il copia-incolla di Will Media che titola: “A Parigi si respira un’aria nuova”. E nel testo spiega: «Come ha fatto l’amministrazione parigina a migliorare la qualità dell’aria? Più trasporto pubblico, più zone a basse emissioni e ZTL nel cuore della città, più aree pedonali, più chilometri di piste ciclabili, più zone con limiti di velocità a 30 km/h e tariffe di parcheggio più care per chi si sposta in SUV. L’insieme di queste misure ha fatto sì che il traffico automobilistico all’interno di Parigi sia diminuito del 50%, mentre il traffico ciclistico sulle piste ciclabili è aumentato di oltre il 71%. Il risultato è che, dal 2007 a oggi, la concentrazione di NO2 nell’aria è diminuita del 50%».
Entusiasta anche l’analisi su Areale di Fernando Cotugno che aggiunge un ulteriore elemento al racconto: «La durata dei viaggi in auto è crollata del 45%».
L’inquinamento di Parigi dipende dalle auto? No
Sarebbe un risultato davvero molto positivo ma non corrisponde a quanto accaduto nella realtà. A Parigi negli ultimi venti anni la velocità media di spostamento in auto è diminuita del 25 per cento: da 16,6 a 12,4 km/h.

Tale evoluzione non è la conseguenza di uno spontaneo aumento del traffico ma l’esito voluto di una politica teorizzata già nel 1999 da Chantal Duchène, allora responsabile per la pianificazione dei trasporti nell’ Île-de-France, che sosteneva: «Sarà necessario ridurre lo spazio disponibile per le automobili. Con le corsie per autobus, le piste ciclabili e l’allargamento dei marciapiedi, i tempi di percorrenza in macchina si allungheranno e gli altri mezzi di trasporto diventeranno più allettanti».
Il peggioramento delle condizioni di circolazione ha raggiunto il suo scopo: gli spostamenti in auto sono stati più che dimezzati e in molti hanno optato per alternative di spostamento peggiori. Era questo un prezzo da pagare per ridurre l’inquinamento? La narrazione monocorde sopra ricordata, lo afferma con certezza ma si tratta, a non voler pensare male, della fallacia post hoc, ergo propter hoc.
A Parigi, come in ogni altra città europea, l’inquinamento dell’aria è in diminuzione da svariati decenni indipendentemente dalle politiche della mobilità adottate. Nella capitale francese, in particolare, la concentrazione di polveri sottili – l’inquinante più dannoso – è diminuita di venti volte a partire dalla fine degli anni ’50.

Anche a Milano si è ridotto il biossido di azoto nell’aria
Il biossido di azoto era in calo già prima che si attuassero le restrizioni alla circolazione delle auto e tale tendenza sarebbe proseguita in assenza delle stesse come avvenuto ovunque altrove. A Milano, ad esempio, la concentrazione di questo inquinante si è ridotta di due terzi dal 1991 a oggi.

Il caso più significativo è quello degli Stati Uniti dove, a partire dal 1970, pur in presenza di un aumento del traffico di poco inferiore al 200%, le emissioni dei sei principali inquinanti sono diminuite del 78% grazie alla innovazione tecnologica dei veicoli.

Più traffico e aria più pulita non sono dunque mutuamente esclusivi, anzi.
Ma almeno la vita a Parigi è migliorata?
Si potrebbe sostenere che, comunque, con meno automobili per le strade la qualità della vita a Parigi sia migliorata. Per alcuni è senza dubbio così ma non per coloro che hanno scelto un diverso mezzo di trasporto o un altro luogo in cui vivere dopo il peggioramento delle condizioni del traffico.
Ovviamente, la mobilità non è l’unico fattore che influenza la scelta della residenza, ma non è neppure irrilevante. In un articolo del 2005, l’economista francese Rémy Prud’Homme parlava della “tentazione di Venezia” per Parigi. Venezia come modello di città senza automobili, dove gli spostamenti sono molto difficili. Una città bellissima dove la popolazione e l’occupazione erano – e sono ancora – in rapido declino a favore della terraferma.
Se guardiamo i dati demografici, scopriamo che dal 2011 Parigi ha perso 150 mila abitanti, mentre il resto dell’Île-de-France ha guadagnato 500 mila residenti. In altre parole, la conseguenza non intenzionale di una città quasi senza automobili potrebbe essere stata, paradossalmente, un aumento del numero di persone che vivono e di automobili che circolano appena fuori dai suoi confini.
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