
Il piano di riarmo europeo favorisce solo la Germania

Poco importa se il piano ReArm Eu si chiamerà ora Readiness 2030. La mutata terminologia non cambia la sostanza: il riarmo europeo, alla fine, non sarà affatto comunitario ma soltanto di chi se lo può permettere. Il riarmo europeo, cioè, si riduce al riarmo tedesco.
Berlino infatti ha archiviato l’epoca del rigore di bilancio, approvando ieri in via definitiva la modifica costituzionale che elimina il tetto al debito e libera spazio fiscale per investimenti multimiliardari su Difesa, infrastrutture e transizione digitale.
Gli altri stati europei, soprattutto quelli del Mediterraneo, stanno a guardare, indecisi se provare più invidia o paura, e se da un lato sperano che la ripartenza dell’economia tedesca favorisca tutta Europa, dall’altro temono che si verificheranno distorsioni del mercato interno.
Chi paga il riarmo “europeo”?
Il Consiglio europeo è iniziato con grandi speranze, proclami altisonanti sull’unità da sbattere in faccia a Donald Trump e Vladimir Putin, sulla necessità di mettersi insieme per difendere il Continente e affilare gli «aculei» del «porcospino d’acciaio» citato da Ursula von der Leyen. Ed è finito, come al solito, con i Ventisette divisi sul tema cruciale: chi paga il riarmo “europeo”?
I paesi già fortemente indebitati e con scarso spazio di manovra a livello di bilancio – Italia, Francia e Spagna – hanno chiesto di mutualizzare il debito. La Commissione europea, infatti, permetterà agli stati membri di sforare il tetto del deficit e aumentare le spese per la Difesa dell’1,5% del Pil all’anno per quattro anni senza rischiare che venga aperta una procedura di infrazione. Ma dopo quattro anni, chi avrà attivato la clausola (e la decisione va presa entro il 30 aprile), dovrà rientrare e ridurre il debito accumulato.
I dubbi di Italia, Francia e Spagna
Non stupisce che Roma, Parigi e Madrid siano titubanti a spendere per comprare armamenti oggi per poi doversi sottoporre a manovre lacrime e sangue domani. Hanno dunque chiesto che il riarmo, essendo europeo, sia finanziato a livello europeo. Ma i soliti noti, a partire da Germania e Olanda, si sono opposti rispondendo picche.
La ragione è facilmente intuibile: al di là delle belle parole sull’europeismo che vengono spese nelle piazze italiane o sulle spiagge di Ventotene, perché Berlino dovrebbe sacrificarsi e avvantaggiare i suoi partner, quando può surclassarli e dominarli?

La Germania approva il “bazooka”
Ieri il Senato tedesco, il Bundesrat, ha approvato in via definitiva la modifica costituzionale che permetterà al nuovo governo tedesco di Friedrich Merz, ancora non entrato in carica, di esentare dal vincolo del freno al debito le spese militari che superano l’1 per cento del Pil all’anno, cioè circa 45 miliardi di euro. In teoria, dunque, la Germania potrebbe indebitarsi in modo illimitato per finanziare il proprio riarmo.
Inoltre, le modifiche approvate dal Parlamento consentiranno di creare un fondo da 500 miliardi per investire in dieci anni nelle infrastrutture e nella transizione energetica. Anche questo fondo potrà eludere il dettato costituzionale approvato dal governo di Angela Merkel nel 2009 secondo cui la Germania non può superare lo 0,35 per cento di deficit all’anno.
Infine, al pari del governo federale, anche i singoli Stati potranno fare deficit in misura pari allo 0,35 per cento del Pil statale, per un totale di circa 15 miliardi all’anno.
Addio rigore (ma non per tutti)
Il cosiddetto “bazooka” non rappresenta soltanto l’addio della Germania all’epoca del rigore, ma libererà un enorme spazio nel bilancio regolare tedesco che Berlino potrà investire in altri settori, ad esempio fornendo sussidi (aiuti di Stato) alle proprie aziende.
Come dichiarato in forma anonima da diplomatici francesi, italiani e spagnoli a Politico, se da un lato «ciò che è buono per l’economia tedesca è buono per noi», dall’altro si rischiano «distorsioni» nel mercato unico: gli investimenti aggiuntivi «potrebbero peggiorare il gap di produttività» già esistente tra Germania e le altre principali economie europee.
«Berlino danneggia l’Italia»
Come dichiarato alla Stampa dall’economista Carlo Cottarelli, la Germania cambiando le carte in tavola danneggia tutta l’Unione Europea: «Fino a ieri la Germania aveva insistito perché le nuove regole europee non contenessero elementi di discrezionalità. Non era possibile che un paese in difficoltà aumentasse la spese se non in caso di recessione, e facendo uso delle clausole di salvaguardia. Ebbene, la Germania oggi non è in recessione. E ha sempre detto che il debito è debito, poco importa se origini da investimenti o da spesa corrente».
Approvando il suo “bazooka”, «le regole europee sono superate, ma nessuno ci ha avvertito. Mi chiedo cosa si inventeranno quando dovranno presentare il piano fiscale di medio termine. Così sta minando la credibilità della Commissione stessa».
La rivoluzione di Berlino, continua Cottarelli, «danneggia i paesi ad alto debito come l’Italia. Fin qui per tenere a bada la spesa ci si è affidati ai paletti imposti dal nuovo Patto. Ora tutti diranno: eh ma se lo fa la Germania… Ci vorrebbe un surplus di europeismo da parte di tutti, anzitutto da parte dei tedeschi. La verità è che al dunque ciascuno pensa al proprio orto».

Le critiche della Meloni
Anche per questo il premier Giorgia Meloni (e non solo) guarda con sospetto il piano ReArm Eu (o Readiness 2030) e definisce «virtuali» gli 800 miliardi sbandierati dalla Von der Leyen. I soldi, come sempre, ci sono solo per chi può già permetterseli.
Che il piano europeo non sia pensato per beneficiare tutta l’Europa, né nella sua composizione canonica né in quella allargata della Difesa dei “volenterosi” alla quale stanno pensando Regno Unito e Francia, lo dimostra anche la reazione scomposta di Londra al risultato del Consiglio europeo.
I 150 miliardi di fondi saranno stanziati a chi ne fa richiesta solo se almeno il 65% dei costi delle attrezzature acquistate proviene da fornitori Ue. Il Regno Unito, dunque, viene tagliato fuori e come riportato da Repubblica, Londra ha definito in privato la decisione «folle».
La Polonia fa concorrenza ai tedeschi
L’unico paese europeo in grado di fare concorrenza alla Germania sarà la Polonia, che l’anno scorso ha votato un piano di investimenti nel settore della Difesa da 35 miliardi di dollari. Se nel 2024 Varsavia ha speso per riarmarsi il 4,1% del Pil, quest’anno potrebbe investire il 4,7%.
Il paese può permetterselo grazie a un debito basso e a margini di crescita interessanti. Se il rapporto deficit/Pil polacco si attestava al 49,7% nel 2023, però, nel 2026 dovrebbe salire al 62,4%, con sforamenti annuali di circa il 6 per cento, in barba alle regole comunitarie.
Il premier Donald Tusk lavora perché la Polonia costruisca «il più grande esercito» (almeno 400 mila soldati) di tutta l’Unione Europea. Per difendersi dalla Russia di Vladimir Putin, ma anche per non dover sottostare alla Germania di Merz.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!