Suicidio assistito. La Toscana approva la morte per protocollo

Di Emanuele Boffi
12 Febbraio 2025
Con i soliti imbrogli e con l'ipocrisia di presentarla come una semplice «attuazione amministrativa» delle indicazioni della Corte costituzionale, la sinistra ha detto sì alla legge sul fine vita
Eugenio Giani, Pd, presidente della Regione Toscana (foto Ansa)
Eugenio Giani, Pd, presidente della Regione Toscana (foto Ansa)

La Toscana fa da apripista sul suicidio assistito diventando la “Svizzera” d’Italia. Come era ampiamente prevedibile il consiglio regionale ha approvato la legge di iniziativa popolare sul fine vita. Quel che, in modi diversi, era stato bloccato in altre Regioni, trova il via libera della maggioranza di sinistra nella regione guidata dal piddino Eugenio Giani, che si è dichiarato favorevole al testo.

Proprio il presidente ha voluto giocare con le parole, presentando la legge come un mero atto amministrativo:

«È un testo che vuole essere semplicemente di attuazione sul piano amministrativo di quello che ci dice la sentenza della Corte costituzionale. Quindi non c’entra il dibattito ideologico sull’eutanasia».

Non c’entra? Giani spaccia farina del diavolo e il suo tentativo di abbellire il senso della norma non fa che confermare quel che tutti intendono: non essendo riusciti a fare una legge in parlamento, i radicali e la sinistra hanno trovato la scorciatoia (illegittima) dei consigli regionali per introdurre il suicidio assistito nel nostro Paese.

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Non è competenza delle Regioni

Come al solito, i consiglieri toscani di sinistra hanno richiamato le sentenze della Corte costituzionale, presentando quindi la loro legge quasi come un “atto dovuto”, un modo per esaudire le richieste della Consulta e un atto amministrativo per dare “tempi certi” alle richieste che pervengono alle Asl. Ma, come spiegavano ieri in dettaglio su Avvenire i giuristi Emanuele Biliotti e Filippo Vari, questo non è una materia su cui le Regioni possono intervenire, ma è prerogativa dello Stato.

«La giurisprudenza costituzionale non riconosce ai pazienti alcuna pretesa immediatamente esigibile. Con ciò appare manifesta l’illegittimità costituzionale di proposte legislative come quella in discussione nell’Assemblea regionale toscana per violazione di un ambito di competenza legislativa esclusiva dello Stato. La stessa Corte nelle decisioni del 2019 e del 2024 ha invitato il Parlamento a intervenire ma non ha affatto riconosciuto una competenza regionale al riguardo».

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Marco Cappato davanti al Consiglio regionale della Lombardia dove sono state depositate le firme raccolte per portare in Aula la proposta di legge sul fine vita, già bocciata in Veneto, Milano, 15 gennaio 2024 (Ansa)
Marco Cappato davanti al Consiglio regionale della Lombardia dove sono state depositate le firme raccolte per portare in Aula la proposta di legge sul fine vita, già bocciata in Veneto, Milano, 15 gennaio 2024 (Ansa)

Dovere di procurare la morte

Di tutte queste osservazioni i consiglieri grillini e di sinistra non hanno tenuto conto. Come a poco, purtroppo, è valso il richiamo dei vescovi toscani che in un comunicato hanno invitato l’amministrazione toscana a evitare la «promulgazione di “leggi simbolo”».

Da quando è iniziata la battaglia radicale, in ogni regione si è cercato in tutti i modi di forzare la mano affinché la proposta di legge radicale fosse approvata (ve la ricordate la delibera di Bonaccini?).

Da oggi anche in Italia la morte su richiesta diventa una questione di protocollo. Ha i suoi costi (i 35 euro del farmaco sono a carico della sanità regionale) e i suoi esecutori. Già, chi saranno gli esecutori? Come ha ben capito don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Cei per la Pastorale della salute, «se c’è un diritto alla morte, qualcuno ha un dovere di procurarmi la morte. Questo non è accettabile». Altro che puro atto amministrativo. La sinistra è contro l’autonomia regionale, tranne quella che riguarda la morte.

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