La lettera di Turetta sul Corsera e la confessione del matricida nel servizio in tv sono pornografia mediatica spacciate per diritto di cronaca
Un fermo immagine mandato in onda da "Quarta Repubblica" (Rete 4) in cui si vede Filippo Turetta il giorno dell'omicidio di Giulia Cecchettin
Mi chiedo se non ci sia un diritto del "mostro" a non essere mostrificato, a essere dimenticato e ignorato, preservato persino da se stesso e dal suo male. Dovrebbe essere già così, certo, mi dico. Le nostre leggi - oltre a rendere giustizia alle vittime - riconoscono il fatto che anche al reo confesso siano garantiti dei diritti che, se vogliamo saltare un po' di passaggi e andare al nocciolo della questione, affondano nell'ammonimento biblico del «nessuno tocchi Caino» (siamo tutti discendenti del fratricida Caino, non dell'innocente Abele).
Me lo chiedo dopo aver visto la confessione di un cinquantenne davanti alle telecamere di Pomeriggio 5, in cui l'uomo, in evidente stato confusionale, racconta di aver ucciso la madre ottantenne perché non riusciva più «a gestirla. Tra demenza e Alzheimer a volte mi diceva cose… Mi faceva un po' arrabbiare, ma non è che diventassi matto. È che ripeteva sempre le stesse cose. Perché hai fatto questo, perché hai fatto quello. Sto male».
Che neces...