Oslo, p. Trento: se argini la sete di felicità umana, nasce la follia

Di Redazione
27 Luglio 2011
Il missionario in Paraguay p. Aldo Trento si chiede come sia potuta avvenire una tragedia come quella di Oslo, dove un folle ha ucciso 76 persone, in "uno dei paesi più 'perfetti' del mondo, dove l'onestà e l'organizzazione sociale sono additate come esempio". Ad essersi inceppato è l'uomo, il cui cuore è fatto per "volare. Perciò o questa esigenza incontra la sua libertà o si trasforma in follia". Solo l'incontro con Cristo può rispondere

Ieri Anders Behring Breivik ha rilasciato le prime dichiarazioni in tribunale sulla strage di Oslo. L’uomo ha ammesso di essere responsabile della morte di 76 persone – il numero delle vittime ricalcolato dalla polizia – ma ha detto di averlo fatto a fin di bene, per decimare quei laburisti che hanno fatto entrare centinaia di musulmani in Norvegia.

“Ci arriva dalla Norvegia la terribile notizia di due attentati con un centinaio di morti. Che schiaffo per tutti! Proprio dalla Norvegia, uno dei paesi più ‘perfetti’ del mondo, dove l’onestà e l’organizzazione sociale sono additate come esempio, è accaduto un fatto che ha sconvolto tutti. Lo sgomento è grande per le vittime e le loro famiglie, eppure non possiamo fermarci qui, non possiamo non cercare di capire che cosa si è inceppato in questa macchina ‘perfetta’” (Foglio, p, 4).

Che cosa si è inceppato? Si chiede il missionario in Paraguay padre Aldo Trento in una lettera al direttore del Foglio. “L’uomo. Il cuore dell’uomo è sempre più stanco dei continui imbrogli cui è sottoposto da un potere dominante che, avendo eliminato Dio è riuscito ad anestetizzare l’uomo facendogli credere che la sua vita dipenda dal potere stesso. Ma quest’operazione, che Luigi Giussani definiva come ‘effetto Chernobyl’, non poteva e non potrà durare a lungo, perché non ci sarà potere al mondo che possa addormentare fino a ucciderlo il cuore dell’uomo. Anche se in Norvegia, come in ogni parte del mondo, il potere potrà far credere ai suoi concittadini che se vivono è grazie a esso e i cittadini potranno anche esserne grati. Una volta anestetizzati, quest’operazione che pretende di cambiare la genetica umana, non può durare per molto tempo” (Foglio, p. 4).

“L’uomo, il cuore dell’uomo, è fatto per volare. Perciò, o questa esigenza incontra la sua libertà o si trasforma in follia. Non si può arginare quella sete e fame di felicità, di amore, di bellezza, di verità, di giustizia che costituiscono il tessuto del cuore umano. uno potrà maledire questi battiti, ma non potrà non farci i conti. E se il potere dimentica questa verità, per quanto perfetti siano i suoi sistemi, e anche se l’uomo stesso si dimentica, arriva inevitabilmente il momento della follia e le cui conseguenze sono state visibili a Oslo. Una follia che può avere come origine anche un cristianesimo ridotto a ideologia. Quando uno non ha incontrato la presenza di Cristo come un fatto che risponde pienamente alle esigenze della ragione e del cuore umano, ma un’idea o un’ispirazione che usa di Cristo, è inevitabile la censura della ragione da cui derivano fanatismo e violenza” (Foglio, p. 4).

“Allora di fronte a questa tragedia è urgente, affinché questi fratelli non siano morti invano, prendere sul serio il nostro cuore con i suoi desideri ben espressi nel Salmo 62: ‘Oh Dio, Tu sei il mio Dio, per te io mi sveglio all’alba, la mia anima ha sete di te, la mia carne ha ansia di te, come terra secca, piena di crepe senza acqua’. (…) Non bastano i valori per vivere, e ancora meno la pretesa di essere onesti, come da decenni anche nella chiesa ci ripetiamo. Ci vuole una marcia in più, cui vuole un incontro con qualcuno per cui il cuore è fatto, per riprendere in mano la vita. (…) Ci vuole che lo sguardo di Cristo incroci il nostro. (…) Al fanatismo religioso si può rispondere solo mostrando nella vita quotidiana la ragionevolezza della nostra fede. Non c’è niente di più blasfemo che definire il cristianesimo di destra o di sinistra. Il cristianesimo è solo Cristo, cioè uomo. Essere cristiano non è aggiungere un aggettivo alla parola ‘uomo’, ma è il nome proprio dell’uomo” (Foglio, p. 4).

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