L’ex vicepresidente del Csm analizza per Tempi i vari campi su cui interviene il disegno di legge. «Senza condivisione nessuna modifica è destinata a durare»
C’è chi pensa che il disegno di legge di riforma della giustizia, almeno nelle sue premesse iniziali, sia l’inizio della fine (la propria). E c’è chi, invece, pensa esattamente il contrario, vale a dire che, a valle di un trentennio “pulp” in materia, si comincia a sistemare uno dei principali fattori di destabilizzazione del nostro sistema istituzionale. È il dibattito, infuocato a dir poco, cui stiamo assistendo in queste ore.
Tempi ne ha parlato con una persona che la materia la mastica con disinvoltura, tenuto conto del curriculum professionale e, soprattutto, politico. Michele Vietti, giurista, docente universitario, avvocato, già deputato ed ex vicepresidente del Csm dal 2010 al 2014, ha molti elementi a propria disposizione per rispondere alle nostre domande.
Quale è, a suo giudizio, il tratto essenziale di questi primi vagiti della riforma della giustizia?
“Vagiti” rende bene l’idea di una creaturina piccola piccola, che deve crescere in quantità e qualità per poter assumere u...