
Vatti a fidare dei dossier del regime comunista su Giovanni Paolo II

Per gentile concessione del Catholic Herald, proponiamo di seguito in una nostra traduzione un articolo di Oleńka Hamilton apparso il 16 marzo 2023 nel sito del mensile cattolico britannico a proposito del clamore mediatico suscitato dall’uscita in Polonia l’8 marzo scorso del libro Maxima culpa. Giovanni Paolo II sapeva, firmato dal giornalista olandese Ekke Overbeek. Nel volume e in alcune comparsate tv l’autore ha accusato esplicitamente san Wojtyła di aver consapevolmente insabbiato da vescovo di Cracovia diversi casi di abusi sessuali a opera del clero, accuse che sarebbero frutto, come è stato riportato anche dalla stampa italiana, di «ricerche in documenti d’archivio provenienti dai servizi segreti comunisti dell’epoca». La versione originale inglese dell’articolo di Oleńka Hamilton è disponibile in questa pagina.
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Da piccola, nella Polonia degli anni Cinquanta, mia madre viveva stretta in una sola stanza nel centro di Cracovia con suo padre, suo fratello, sua zia, suo zio, i cugini e i nonni, in fondo al corridoio dove un membro del partito comunista faceva l’informatore sui vicini.
All’altro capo del corridoio viveva un giovane che un pomeriggio fu trovato dai bambini impiccato al bastone della sua tenda.
Ogni tanto il padre di mia madre veniva rinchiuso in carcere: avvocato e membro dell’Armata nazionale polacca (Ak) che aveva combattuto contro i tedeschi durante la Seconda Guerra mondiale, era considerato un peso dalle autorità. Un giorno, mia madre fu espulsa dalla scuola per aver cantato l’inno nazionale.
La madre di mia madre non figura molto nelle storie della nostra famiglia perché, incapace di affrontare il clima politico (quando era ancora una bambina la sua intera famiglia, eccetto lei e la sorella, era stata trucidata dagli ucraini, e in seguito lei stessa era stata chiusa in un ospedale psichiatrico, dopo che si era scoperto che anch’essa militava nell’Ak), aveva avuto un esaurimento nervoso e aveva abbandonato mia madre quando questa aveva appena tre anni.
È in un ambiente del genere che operava Karol Wojtyła, oggi san Giovanni Paolo II, prima come sacerdote e in seguito come vescovo di Cracovia, carica che ricoprì dal 1958 al 1978, prima di diventare papa. Stando così le cose, io credo che sia più prudente prendere con molte cautele le accuse mosse contro di lui di aver coperto e perciò tollerato casi di abusi sessuali nella Chiesa.
L’ultimo tentativo della serie è stato fatto il mese scorso da un giornalista che ha affermato alla tv polacca di aver scoperto un nuovo episodio di omissioni di questo tipo facendo ricerche negli archivi del partito comunista, la cui veridicità è ritenuta discutibile.
Nessuno sano di mente può pensare che tollerare e insabbiare abusi sui bambini sia una cosa accettabile, men che meno Giovanni Paolo II, il quale nel 1983 introdusse un nuovo codice canonico che obbligava espressamente a punire i membri del clero colpevoli di abusi sessuali. Allo stesso modo, nessuno sano di mente non prenderebbe quanto sta scritto negli archivi del governo comunista con la massima cautela.
Erano molti i modi in cui il lavoro da vescovo di Cracovia di Wojtyła veniva reso quasi impossibile. Uno di questi era la presenza dei cosiddetti “preti patrioti”, talpe del governo che diffondevano disinformazione all’interno della Chiesa e raccoglievano informazioni su chi ne faceva parte.
E non era raro che queste talpe prendessero di mira i colleghi sacerdoti e tentassero di ricattarli utilizzando una tattica che divenne nota come korek, worek i rosporek, ossia “tappo di sughero, borsa (di denaro) e patta (dei pantaloni)”. La base di questa tattica era prendere un prete, allungargli una bottiglia di vodka e un po’ di soldi, e incoraggiarlo a parlare nella speranza che quello confessasse una qualche inclinazione sessuale disordinata. Se confessava qualcosa, era nelle loro mani, e senz’altro restava nei ranghi del clero.
Sapendo che il regime non solo era intenzionato a distruggere la Chiesa, ma autorizzava concretamente i preti deviati, non si può che guardare con un certo scetticismo a qualunque documento del governo sulla materia.
Non sto provando a giustificare la pratica di insabbiare gli abusi nella Chiesa – tutti sanno che ciò è avvenuto fin troppe volte –, sto provando piuttosto a mettere le accuse nei confronti di san Giovanni Paolo II nel loro contesto corretto, che l’autore di quest’ultimo documentario non ha saputo comprendere nella sua interezza.
Era impossibile, in questa atmosfera di bugie e offuscamento, sapere chi era un informatore e chi no, chi era un abusatore e chi no. E anche quando lo si sapeva, non era così semplice denunciarlo alla polizia. Uno poteva avere le migliori intenzioni del mondo, ma se il suo sottosegretario, per esempio, era una talpa del governo, allora si ritrovava impotente.
Ad aggravare il tutto, e non – di nuovo – per giustificare nulla, è il fatto che l’ultima cosa che i bravi sacerdoti desideravano era fornire a un governo malintenzionato altre munizioni contro la Chiesa che il governo stesso voleva distruggere.
San Giovanni Paolo II sapeva come chiunque che la sopravvivenza della Polonia in quanto nazione dipendeva dalla sopravvivenza della Chiesa cattolica, che era rimasta una forza stabilizzatrice lungo secoli duri.
Gli atti di eroismo di religiosi come il giovane sacerdote Jerzy Popiełuszko, per esempio, che fu assassinato nel 1984 dai servizi segreti a causa delle sue omelie anticomuniste trasmesse da Radio Free Europe che incoraggiava la gente a sollevarsi contro il regime, giocarono un ruolo enorme nel salvare la Polonia dall’annientamento totale.
L’effetto della nomina a papa di Wojtyła sulla nazione polacca fu sorprendente. Egli diede al popolo polacco qualcosa di cui essere fiero, una nuova speranza e fiducia in sé come nazione. Quando visitava da papa la sua Polonia, le sue Messe all’aria aperta erano frequentate da centinaia di migliaia di persone. E questo alimentò il fuoco del movimento di Solidarnosc, che nel 1989 liberò la Polonia dal dominio comunista.
Come tutti gli esseri umani, Giovanni Paolo II non era perfetto, ma ha fatto una enorme quantità di bene, spesso in circostanze di una difficoltà inimmaginabile. E non dimentichiamo quanto odio ci sia ancora oggi là fuori nei confronti della Chiesa tra certe fazioni politiche intenzionate, proprio come i comunisti di allora, ad abbatterla e a screditare a qualunque costo i suoi eroi.
L’unica cosa buona di queste “nuove accuse” è che hanno unito il popolo polacco, che la settimana scorsa ha messo da parte le differenze politiche – a dir poco arroventate – per accorrere in difesa del suo amato Karol Wojtyła.
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