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Questa riforma dell’autonomia è un compromesso al ribasso

Di Lorenzo Castellani
06 Febbraio 2023
Fino a che non si arriverà a modificare la Costituzione – e oggi le condizioni non ci sono – cambierà poco. La riforma attuale ha due debolezze: i Lep e il Pnrr
Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri che ha approvato il disegno di legge sull'Autonomia differenziata, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, Roma, 2 febbraio 2023 (Ansa)
Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri che ha approvato il disegno di legge sull'Autonomia differenziata, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, Roma, 2 febbraio 2023 (Ansa)

Il pensiero federalista ha una tradizione nobile, per quanto minoritaria, in Italia. Tanto che ciclicamente l’opinione pubblica italiana torna a discutere di federalismo. Tuttavia, questa tradizione fondata sulla disaggregazione dello Stato a favore di specifici territori che dovrebbero avere quasi piena autonomia politica e fiscale dal governo centrale, non c’entra quasi nulla con l’attuale decreto del governo a favore dell’autonomia regionale.
La riforma è un compromesso al ribasso, mediazione modesta tra una forza politica più regionalista nel voto che nella linea politica, la Lega, e due forze centraliste, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Si potrebbe obiettare che poco è meglio di niente se la si volesse vedere con ottimismo. È vero, ma, senza cambiare la Costituzione, al massimo si sposta qualche funzione amministrativa dal centro alle Regioni. Queste avranno qualche risorsa in più, ma la loro ragione istituzionale di certo non cambierà.
Cambiare la Carta
Fino a che non si arriv...

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