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Il Pakistan torna al centro delle cronache per l’inasprimento della legge sulla blasfemia. Disciplinata dall'articolo 295 C del codice penale, nel paese viene regolarmente usata per perseguitare le minoranze religiose ma anche per vendette politiche e personali. Per capire cosa c’è in gioco abbiamo intervistato Shahid Mobeen, fondatore dell’Associazione pakistani cristiani in Italia.
Professore, in cosa consiste la modifica al codice penale? Perché si parla di inasprimento?
Prima di tutto bisogna chiarire che in Pakistan non c'è una sola legge della blasfemia, ma sono ben dieci gli articoli che trattano il tema secondo diversi gradi di pena. Il più conosciuto è certamente l’articolo 295 C che prevede la pena di morte o l’ergastolo per insulto al Profeta (anche se non intenzionale). La scorsa settimana il parlamentare Abdul Akbar Chitrali, del partito politico religioso Jamaat-e-Islami, ha presentato una mozione all'articolo 298 A, che oggi prevede tre anni di galera per chi insulta i ...
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