
Cosa possiamo aspettarci dal governo dell’establishment di destra italiano

Il populismo in Italia sembra definitivamente sepolto, almeno nella sua forma assoluta. È bene che il dibattito pubblico italiano ne assuma la consapevolezza, prenda coscienza che stiamo entrando in un capitolo politico nuovo. Il governo Meloni, ora che se ne è vista la composizione finale, non ha nulla di populista, antipolitico o antiestablishment.
Destra istituzionalizzata e populismo finito
Dopo due legislature caratterizzate da una retorica antipolitica e antisistema molto forte e dall’ascesa di nuovi partiti (Lega, Movimento 5 stelle, Fratelli d’Italia), oggi il sistema politico italiano sembra evolvere verso una più tradizionale divisione destra-sinistra, per quanto imperfetta e forse precaria. L’intenzione della Meloni di istituzionalizzare la destra è chiara, rintracciabile sia nella prudenza programmatica degli ultimi mesi che nella scelta di personalità difficilmente considerabili come estremiste. Il nuovo governo, dunque, si presenta come un classico governo di destra: moderatamente nazionalista, conservatore, protezionista. In questa fase, è anche difficile etichettare il governo come euroscettico.
Nel corso della transizione, infatti, Meloni ha seguito la linea politica di Draghi sia sul fronte fiscale che su quello della politica internazionale. La maggior parte dei ministri, inoltre, non ha mai abbracciato un euroscetticismo palese e si è formata politicamente durante l’era di Berlusconi (anni Novanta-Duemila). Se si analizzano le biografie dei ministri si trovano: ex membri dei governi di Forza Italia-Alleanza nazionale degli anni Duemila; rappresentanti del mondo imprenditoriale e tecnici; cattolici tradizionalisti; molti politici di esperienza (Urso, Tajani, Giorgetti). La vera e unica novità è Giorgia Meloni, nuovo leader dominante della politica italiana e primo presidente del Consiglio donna. In definitiva, il gabinetto della Meloni è il governo dell’establishment di destra italiano. E va bene così, senza scosse giacobine e senza commissariamenti tecnocratici.
Cosa possiamo aspettarci dal governo Meloni
Cosa possiamo aspettarci dal governo? Giorgetti al Tesoro rappresenta la continuità con Draghi su bilancio e Next Generation Eu. Sulla politica fiscale non ci saranno sorprese. È plausibile che l’esecutivo esibisca un protezionismo più pronunciato sulle grandi società italiane, sugli investimenti esteri e sulle politiche agricole. La politica migratoria rimarrà in linea, seguendo il percorso stabilito da Marco Minniti nel 2017, forse senza gli eccessi mediatici di Matteo Salvini. La Libia resterà il teatro d’azione prevalente per il contrasto all’immigrazione clandestina.
L’energia rimane il vero rompicapo per Giorgia Meloni, per ora non c’è una chiara linea politica – a parte la diversificazione dei fornitori nel Nord Africa, che continuerà – su come si affronterà la crisi inflazionistica. È probabile, però, che la materia venga centralizzata in qualche modo a Palazzo Chigi, con un commissario o una struttura apposita. Possiamo aspettarci, inoltre, una moderata espansione del bilancio della Difesa e nuovi investimenti in tecnologie militari.
I quattro punti cardinali sotto cui nasce il governo Meloni
Per quanto riguarda la politica estera, un tentativo di negoziare con la Commissione europea (e gli Stati membri) sui fondi per l’energia e piccole modifiche al Pnrr, oggi indebolito dall’inflazione e troppo sbilanciato sulle politiche green. Mentre un maggiore attivismo nel Mediterraneo, per l’approvvigionamento energetico e il contenimento dell’immigrazione è facilmente prevedibile. Infine, il sostegno all’Ucraina rimarrà solido (nonostante le posizioni scettiche di Salvini e Berlusconi) e il governo continuerà la linea dura contro gli investimenti cinesi.
Continuità con il governo Draghi, legami con le passate esperienze del berlusconismo, nuovi intarsi di conservatorismo e una leadership centralizzata e forte da parte del presidente del Consiglio sono i quattro punti cardinali sotto cui nasce questo esecutivo.
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