Gas, l’Ue non decide e rimanda tutto a metà ottobre

Di Leone Grotti
10 Settembre 2022
Il vertice dei ministri Ue non ha prodotto risultati: su price cap e disaccoppiamento tra il prezzo del gas e quello dell'elettricità non c'è accordo tra i Ventisette. Sì unanime agli aiuti di Stato, che l'Italia però non si può permettere
La bandiera dell'Unione Europea

La bandiera dell'Unione Europea

Dalla riunione di ieri dei ministri Ue dell’energia tutti si aspettavano una soluzione, o almeno un intervento forte per mitigare la crisi del gas. Ma il vertice ha prodotto poco o niente. Come accaduto già decine di volte da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, i paesi europei sono divisi su come rispondere alle minacce di Vladimir Putin e i ministri non hanno potuto fare altro che rimandare ogni decisione a data da destinarsi.

Tetto al prezzo del gas: niente accordo

Di “price cap“, di tetto al prezzo del gas, si è parlato a Bruxelles ma in modo velleitario. I ministri si sono limitati a «rivedere le possibili opzioni» per poi concludere che «è necessario ulteriore lavoro». Pesa sull’inazione dei ministri la divisione dei governi europei: Italia, Polonia, Belgio, Lussemburgo, Portogallo, Bulgaria, Romania e (forse) Francia sono favorevoli. Ma il gruppo di chi si oppone a una misura che non dà alcuna garanzia di successo è nutrito: Ungheria, Slovacchia, Austria, Repubblica Ceca e soprattutto Olanda e Germania.

Nei giorni scorsi sembrava che Berlino fosse favorevole, ma come sempre più spesso accade il premier Olaf Scholz è indeciso sul da farsi. Il primo ministro olandese Mark Rutte, invece, ha bocciato l’ipotesi di fissare un tetto al prezzo di tutto il gas che viene importato in Europa (sia quello via gasdotto da Russia e altri fornitori sia il Gnl), ma si è detto disponibile a discutere di una sanzione che valga solo per Mosca.

La trattativa però è complessa e verrà rinviata al vertice informale dei capi di Stato e di governo che si terrà a Praga il 6 e il 7 ottobre e al Consiglio europeo formale di Bruxelles del 20 e 21 ottobre. Prima di un mese e mezzo, dunque, non se ne farà niente e le possibilità di un accordo non sembrano rosee.

Sì agli aiuti di Stato, ma l’Italia è debole

I ministri hanno invece chiesto all’unanimità alla Commissione europea di «estendere e ampliare» fino al 31 dicembre 2023 il quadro di crisi sugli aiuti di Stato per sostenere le aziende duramente colpite dal caro energia. La decisione, per quanto necessaria, presenta però il consueto problema di disparità: chi ha spazio di bilancio, come la Germania, può permettersi di stanziare ingenti fondi per calmierare le bollette e salvare le aziende sull’orlo del fallimento, chi non ne ha, come l’Italia, resta in enorme difficoltà.

Ci si aspettava dai ministri almeno un accordo sul disaccoppiamento tra il prezzo del gas e quello dell’energia elettrica, di cui si è più volte parlato nelle ultime settimane, ma anche su questo fronte non è stata trovata alcuna intesa. Resta la possibilità che venga definito un limite ai profitti delle società che producono energia rinnovabile, che hanno beneficiato enormemente dal rialzo dei prezzi dell’energia, e un contributo di solidarietà per i fornitori di energia fossile.

La Commissione europea si fa attendere

Ma per entrambe queste misure bisognerà attendere la Commissione europea, che dovrebbe pronunciarsi il 14 settembre per bocca della presidente Ursula von der Leyen, che terrà davanti alla plenaria di Strasburgo il suo discorso sullo Stato dell’Unione.

Ieri, anche per effetto del vertice dei ministri, il prezzo del gas ad Amsterdam è sceso del 4% a 213 euro a megawattora ma non può bastare. Secondo Confartigianato, 881.264 micro e piccole imprese chiuderanno se il governo non interverrà in qualche modo: sono a rischio 3.529.000 posti di lavoro, pari al 20,6% dell’occupazione del sistema imprenditoriale italiano.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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