Fondi speculativi contro l’Italia. Dovevamo aspettarcelo

Di Daniele Forti
31 Agosto 2022
Perché era inevitabile che “qualcuno” provasse a testare l’effettiva volontà della Bce di proteggere le economie dell’eurozona sotto attacco
Trader alla Borsa di New York
Trader alla Borsa di New York (foto Ansa)

Fondi speculativi internazionali (hedge funds) stanno mettendo in piedi la più grossa scommessa contro i titoli del debito pubblico italiano dal 2008; così titolava il Financial Times il 25 agosto scorso, riportando i dati di S&P Gobal Market Intelligence. Risulta che il volume dei titoli di Stato italiani “presi a prestito” abbia raggiunto l’ammontare di circa 40 miliardi di euro.

Grafico: Le scommesse degli hedge fund contro i titoli di Stato italiani
Le scommesse degli hedge fund contro i titoli di Stato italiani. Fonte: Financial Times

Contemporaneamente la differenza di rendimento fra titoli italiani e tedeschi con scadenza a dieci anni veleggia (ma non da ieri) intorno a 2,5 punti percentuali.

Grafico: Differenziale (spread) tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi
Differenziale (spread) tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi. Fonte: Financial Times

Cosa sono gli hedge funds

I fondi speculativi hanno fatto la loro comparsa sistematica sul mercato americano nel 1949 e cinquanta anni più tardi sono stati introdotti in Italia. Il loro scopo non è quello di investire in beni (assets) e segnatamente in azioni e obbligazioni per lucrare sul loro rendimento in dividendi e interessi; essi puntano invece a ottenere un margine sulla quotazione di un titolo, scommettendo sul suo rapido rialzo o ribasso.

Nel caso in esame dei Btp a 10 anni, alcuni di essi hanno dichiarato di prevedere che le quotazioni possano diminuire rapidamente a causa delle turbolenze politiche dovute alle elezioni anticipate e alla debolezza dell’economia italiana, stante la dipendenza dalle forniture di gas russo.

La tecnica dello short selling

La tecnica utilizzata consiste nel vendere allo scoperto i titoli, detta in italiano “shortare” dall’inglese short selling o shorting. Oggi è richiesto dalle regole delle borse che i titoli venduti allo scoperto siano almeno assistiti da un simulacro di copertura che consiste nel prendere a prestito titoli analoghi da chi ne è proprietario (essendo beni fungibili) in un mercato liquido (perché ne sono in commercio tanti), solitamente attraverso l’opera di un mediatore (broker).

Per il prestito di titoli è richiesto un compenso (fee) che può essere pari al tasso di interesse sui titoli per il periodo di durata del prestito. A volte si richiede che tutto o parte del ricavato dalla vendita dei titoli sia depositato a copertura dell’operazione. Dovrebbe apparire evidente che i capitali necessari per poter attuare l’operazione sono relativamente modesti, consistendo nella fee richiesta. È così possibile che vengano montate operazioni di grosso importo senza avere a disposizione i capitali necessari all’acquisto dei titoli che si intendono poi vendere: è sufficiente l’affidamento da parte del broker. I titoli venduti verrebbero poi ricomprati alla scadenza fissata per l’operazione.

Maxi operazioni montate ad arte

Nel caso di un effettivo ribasso delle quotazioni del titolo, il prezzo di acquisto sarebbe minore di quello della precedente vendita, permettendo così di realizzare una plusvalenza; nel caso di un aumento delle quotazioni il fondo andrebbe incontro ad una perdita. Grosse operazioni possono essere montate ad arte per indurre il ribasso delle quotazioni, scatenando anche il panico fra altri detentori di titoli similari e inducendoli a vendere.

Per tale motivo spesso gli hedge funds risultano moralmente invisi; tutti i tentativi per limitarne l’operatività non hanno prodotto alcun risultato (al massimo si è recentemente sospeso per alcuni mesi l’effettuazione di vendite allo scoperto di alcuni titoli, ad esempio bancari). L’obiezione è sempre la stessa: la speculazione al ribasso ha un fondamento economico, consistente nel riportare la quotazione di un bene sopravvalutato al suo più basso livello “naturale”.

Allora la speculazione esiste…

Non molte settimane fa avevamo ascoltato Joachim Nagel, governatore della Deutsche Bank, dichiarare che il meccanismo anti frammentazione che la Bce si apprestava a varare poteva essere giustificato solo in circostanze eccezionali e in base a condizioni strettamente definite, solo per combattere differenze fra i tassi di interesse non giustificate dai fondamentali delle economie a confronto, quando esse fossero il risultato di eccessi nei mercati finanziari.

Lo strumento che è stato creato (Tpi o Transmission Protection Instrument) risulta tuttavia ingessato da tante e tali condizioni che era inevitabile che “qualcuno” provasse a testare la effettiva e pronta volontà della Bce di proteggere dalla speculazione le economie che lo necessitassero.

In una intervista rilasciata a Politico.eu il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, aveva dichiarato di ritenere possibili interventi in acquisto da parte della Bce entro 24 ore. Riguardo agli impegni presi in base ai trattati della Unione Europea, Visco si era detto ottimista rispetto allo sforzo del prossimo governo nel rispettare i parametri, a prescindere da chi risulterà vincitore alle elezioni del 25 settembre.

È stato più confortante ascoltare chi al Meeting di Rimini ci ha ridetto: «L’Italia ce la farà».

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