La preghiera del mattino

Come il vecchio marpione Tabacci ha fregato il giovane Di Maio

Bruno Tabacci, di Impegno Civico, e Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e leader di Impegno Civico, durante una conferenza stampa alla Camera, Roma, 11 agosto 2022
Bruno Tabacci, di Impegno Civico, e Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e leader di Impegno Civico, durante una conferenza stampa alla Camera, Roma, 11 agosto 2022

Bruno Tabacci, di Impegno Civico, e Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e leader di Impegno Civico, durante una conferenza stampa alla Camera, Roma, 11 agosto 2022

Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e leader di Impegno Civico, con Bruno Tabacci, di Impegno Civico, Roma, 11 agosto 2022

Su Dagospia da un articolo di Laura Secor sulla Stampa. “Kissinger pensa che il mondo di oggi stia rasentando i limiti di uno squilibrio pericoloso”.

«Siamo sull’orlo di una guerra con la Russia e la Cina per questioni che in parte abbiamo creato noi stessi, senza nessuna idea precisa di come andrà a finire o di dove dovrebbe portarci», sottolinea. Gli Stati Uniti sarebbero in grado di gestire i due avversari con una sorta di triangolazione, come accadde durante gli anni di Nixon? Risponde senza offrire una soluzione semplice: «Adesso è impossibile dire se riusciremo a dividerli e a far sì che diventino avversari tra loro. Tutto quello che possiamo fare è non acuire le tensioni, è creare possibilità. Per questo è indispensabile avere in mente una finalità precisa». In merito a Taiwan, Kissinger teme che gli Stati Uniti e la Cina stiano manovrando verso una crisi e consiglia fermezza da parte di Washington. «La politica attuata da entrambi le parti ha prodotto e consentito a Taiwan di progredire diventando un’entità democratica autonoma e ha mantenuto la pace tra Cina e Stati Uniti per mezzo secolo – osserva -. Si dovrebbe essere molto prudenti, di conseguenza, in relazione a qualsiasi azione in grado di modificare la struttura di base».

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Sulla Nuova bussola quotidiana Ruben Razzante scrive: «La verità è che centri e centrini, con l’attuale sistema elettorale, non hanno spazio di manovra. Non avendo elementi identitari così diversi da quelli degli altri partiti, fanno fatica a sfuggire alla logica del voto utile. Man mano che ci si avvicinerà all’appuntamento con le urne, le posizioni in campo si radicalizzeranno e gli elettori indecisi o non andranno a votare o voteranno per la sinistra-sinistra o per il centrodestra. Il polo di centro esiste solo nella mente e nelle aspirazioni di chi, in fretta e furia, lo ha creato, per sfuggire alla tagliola della soglia di sbarramento».

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Su Huffington Post Italia si scrive: «Sono 15 i componenti del “listino bloccato” con cui Giuseppe Conte presenta il Movimento 5 stelle alle prossime elezioni politiche. Spiccano i nomi di Federico Cafiero De Raho, magistrato, ex procuratore nazionale antimafia, e di Roberto Scarpinato, magistrato antimafia».

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Su Startmag Francesco Damato scrive: «La Costituzione, dicevo, è tornata ad essere la più bella del mondo, quindi intoccabile, anche nel titolo quinto – sui rapporti fra Stato e regioni – modificato a stretta maggioranza in tempi d’Ulivo per inseguire inutilmente i leghisti e alla fine riconosciuto dalla stessa sinistra come un maledetto incidente. Al quale non fu possibile rimediare neppure con la riforma costituzionale voluta dall’allora segretario del Pd e insieme presidente del Consiglio Matteo Renzi nel 2016: bocciata, come si ricorderà, a prescindere dal suo contenuto, giusto per colpire e poi affondare la nave renziana. Dalla quale era sceso anche Silvio Berlusconi per la corsa al Quirinale del 2015, fatta vincere a Sergio Mattarella da Renzi, sempre nella doppia veste di capo del suo partito e del governo».

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Su Startmag Marco Orioles scrive: «Informo tutti i valorosi musulmani del mondo che l’autore dei Versetti satanici, un libro scritto, edito e pubblicato contro l’islam, il profeta dell’Islam e il Corano, insieme a tutti i curatori e gli editori consapevoli del suo contenuto, sono condannati a morte. Esorto tutti i coraggiosi musulmani ovunque si trovino nel mondo a ucciderli senza indugio, così che nessuno più oserà insultare le sacre credenze dei musulmani. E chiunque sarà ucciso per questa causa sarà un martire. Nel frattempo, se qualcuno avesse accesso all’autore del libro, ma non fosse in grado di eseguire lui stesso la sentenza, che informi il popolo così che sia ucciso per le sue azioni».

Era il 14 febbraio 1989 quando un morente ayatollah Khomeini pronunciò dalle onde della radio di stato iraniana questa fatwa contro Salman Rushdie e tutti coloro i quali avrebbero collaborato alla diffusione di un libro giudicato “blasfemo”. La fatwa non fu mai ritirata dal regime, ma era stata anzi negli ultimi tempi confermata dall’attuale leader Ali Khamenei, mentre zelanti funzionari di stato provvedevano a rimpinguare la taglia milionaria sulla testa di Rushdie.

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Su Affari italiani Giuseppe Vatinno scrive: “Il simbolo di Impegno Civico contiene gigante la scritta “Di Maio” su sfondo arancione, ma non c’è il nome di Tabacci. Delle due l’una. O Di Maio s’è fregato, come suo solito, tutto e ha lasciato a bocca asciutta il vecchio marpione democristiano oppure il vecchio marpione democristiano (ipotesi più verosimile) ha fregato il giovane Di Maio e il suo nome non l’ha voluto perché ha capito che sarà un fallimento di proporzioni galattiche, una cosa che passerà alla storia».

Un Talleyrand alle vongole non può fare che una lista alle vongole. Che peccato vedere una vecchia gloria come Bruno Tabacci intristirsi in simili farse.

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Su Formiche Giovanni Orsina dice: «Se le elezioni vanno come io penso che vadano, dal 26 settembre il gioco sarà “tutti contro Meloni”. Del resto, lo è già adesso. L’unico modo che Meloni ha per evitare, o limitare, questa dinamica è non fare l’asso pigliatutto: lasciare spazio agli alleati e aprire il dialogo anche con l’opposizione. Questo, secondo me, è il modo per riuscire a durare di più in una situazione del genere».

Che settori fondamentali del nostro establishment non desiderino un potere politico saldamente autonomo, mi pare confermato innanzi tutto dall’analisi dello scenario politico di questi ultimi trenta anni. Che questi settori di establishment possano contare su una frammentazione della nostra società, con i suoi regionalismi e municipalismi, è altrettanto vero. Dunque le considerazioni di Orsina su quale sarà il destino di Giorgia Meloni, se non saprà fare i conti con le tendenze di fondo che si esprimono nel nostro Paese, sono condivisibili. Naturalmente avere consapevolezza delle difficoltà incombenti, è già un primo passo per affrontarle con qualche possibilità di superarle.

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Su Startmag Giuseppe Gagliano scrive: «Per quanto riguarda le richieste fatta da Biden in relazione alla politica energetica, l’aumento della produzione del petrolio che è stato deciso dall’OPEC+, di 100.000 barili al giorno, è di scarsissimo significato perché percentualmente corrisponde a circa lo 0,1%. Questo significa che le richieste fatte dal presidente Biden non sono state prese in effettiva considerazione, nonostante l’inflazione americana sia altissima. La decisione presa dal paese arabo dipende anche dal fatto che esistono legami strettissimi con la Russia che non possono essere compromessi, nonostante l’attuale guerra in corso. Anche l’approvazione fatta dal Congresso americano per la vendita di sistemi missilistici difensivi sia per gli Emirati Arabi Uniti che per l’Arabia Saudita di circa 5,3 miliardi di dollari difficilmente potrà cambiare le scelte fatte da bin Salman».

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Su Dagospia da un articolo di Lucio Caracciolo sulla Stampa: «Per cinesi e russi occasione unica per penetrare l’ex Terzo Mondo, che considera gli occidentali nella migliore ipotesi disinteressati alla sua sorte, nella peggiore neocolonialisti viziosi. La Guerra Grande è per noi Ucraina più Taiwan, partita del girone Est-Ovest. Per la maggioranza degli umani la vera posta corre lungo la faglia Nord-Sud».

Nello spiegarci che cosa avviene nel mondo c’è il giornalista collettivo con la sua retorica e la sua propaganda, e poi ci sono analisti colti e intelligenti come Caracciolo.

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Su Open si scrive: «Ospite alla trasmissione In Onda su La7, il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini ha commentato la scelta di Carlo Calenda di andarsene dalla coalizione di centrosinistra: “Io come la gran parte degli elettori di centrosinistra sono tra coloro che sono rimasti sconcertati dall’annuncio di Carlo Calenda. Non trovo altre parole se non dire, peccato, è un bel problema. Guardate chi gongola oggi: Meloni e Salvini da una parte e Conte dall’altra, cioè quelli che anche per Calenda sarebbero stati i nostri avversari, non nemici quindi pensate che capolavoro è stato scritto”. Bonaccini però ha chiesto anche ai vertici del Pd di pensare bene a chi candidare nei singoli collegi: “Ora il Pd trovi le ragioni con gli alleati che rimangono di indicare una proposta al Paese per fare qualcosa per l’Italia, non contro qualcuno. E dico al Pd nazionale: mi auguro non venga la tentazione di scaricare paracadutati nei territori perché adesso bisogna giocarsela in ogni collegio o con persone della società civile che abbiano una grande autorevolezza e stima da parte degli elettori oppure con coloro che nei partiti sono molto radicati nei territori”».

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Su Scenari economici Giuseppina Perlasca scrive: «Quindi la maggioranza che Letta sta cercando di forzare, sotto forma di coalizione, in Italia sta andando a pezzi in Germania, dal punto di vista del consenso elettorale. Gli elettori si sentono traditi da politici che, pur di fare un governo, hanno accettato un’alleanza incoerente con il partito stesso».

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Sul Sussidiario il generale Mario Bertolini già comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore dice: «La Turchia è tornata nella Libia da cui era stata cacciata dagli italiani nel 1911, grazie a noi italiani e al resto dell’Occidente. Ha dato una contributo risolutivo a Tripoli e sfrutta questa posizione. Guardiamo la realtà: Erdogan ha costruito un impero che va dalla Libia al Kurdistan all’Azerbaijan passando per la Siria. Nonostante questo bisogna tenerselo buono, è lui l’unico leader al mondo a svolgere un ruolo attivo di mediatore tra Ucraina e Russia».

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Su Dagospia da un articolo di Giovanni Orsina sulla Stampa: 
«La presidente di Fratelli d’Italia ha fatto molto per accreditarsi al di fuori della Penisola, in particolare sul versante atlantico. Basti pensare alla posizione che ha assunto sull’Ucraina. La sua immagine resta però fragile con i partner europei, su almeno due punti. Il rapporto col fascismo, innanzitutto, che appare ancora irrisolto a opinioni pubbliche d’Oltralpe non troppo raffinate nell’attribuire etichette. E poi l’idea d’Europa. La tensione fra interno ed esterno è devastante per l’Italia. Meglio ancora: non è nell’interesse nazionale che quella tensione sia alimentata. Chi come Meloni rischia di alimentarla proprio nel nome della difesa dell’interesse nazionale finisce così per trovarsi stritolato in una contraddizione».

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Su Dagospia dal libro di Alessandro Campi “Le trasformazioni della politica”: «Le leadership odierne sono largamente dipendenti dall’uso dei media. In alcuni casi, esse sono il frutto di un sistema dell’informazione che è ormai in grado di rendere popolare un individuo nel giro di poche settimane o mesi. Niente di più facile oggi che convertire il successo nel campo dello spettacolo in un successo politico-elettorale. Le elezioni in Ucraina dell’aprile 2019 – con l’ascesa alla presidenza di un comico che era divenuto celebre per aver recitato in televisione la parte di un cittadino qualunque che quasi per caso diventava Presidente della nazione – sono solo un esempio di un fenomeno che tende a ripetersi con sempre maggiore frequenza. Era già accaduto in Italia con Silvio Berlusconi, in senso lato un uomo di spettacolo. Si è ripetuto con la fondazione del M5S a opera del comico Beppe Grillo».

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Su Dagospia da un articolo di corriere.it: «L’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder può restare nel suo storico partito, la Spd. Lo ha deciso oggi una commissione dei socialdemocratici. Schroeder non avrebbe quindi violato le regole del partito con il suo impegno per le aziende statali russe. La decisione rispondeva ad almeno 17 richieste di procedimento disciplinare provenienti da gruppi regionali Spd da tutta la Germania. La questione non è però ancora chiusa. In caso di ricorso, il giudizio potrà passare alla sezione superiore Spd di Hannover e poi alla commissione arbitrale federale del partito».

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Su Strisciarossa Paolo Soldini scrive: «Stupisce molto, e altrettanto preoccupa, la soave leggerezza con cui alcuni osservatori italiani hanno commentato la grave crisi in atto provocata dalla visita di Nancy Pelosi a Taiwan e dalla violenta reazione cinese. La speaker della Camera dei rappresentanti americana – è stato detto – aveva tutto il diritto di recarsi sull’isola, che è uno stato indipendente retto da un regime democratico e minacciato dal vicino colosso continentale. Le cose non stanno così. Per l’organizzazione delle Nazioni Unite e per la stragrande maggioranza degli Stati del mondo (tutti meno quattordici) Taiwan non è uno stato indipendente, ma – come sostiene il regime di Pechino – una provincia “ribelle” della Cina. Dal 1979 questa è la posizione anche degli Stati Uniti, formalizzata, al termine di un complesso negoziato tra il capo del governo della Repubblica popolare Zhou Enlai e il segretario di Stato americano Henry Kissinger, nel riconoscimento del governo di Pechino come unica autorità statuale della Cina. Da allora i rapporti tra Washington, Pechino e Taipei sono stati retti dalla cosiddetta “ambiguità strategica”, sancita anche da una legge approvata dal Congresso Usa: il governo americano si impegna ad “appoggiare” Taiwan nel caso di un’aggressione violenta, lasciando volutamente nel vago se l’appoggio sarebbe anche di carattere militare, ma riconosce il diritto di Pechino a rappresentare tutta la Cina.

Tutto questo è, o dovrebbe essere, ben noto a quelli che in Italia si sono precipitati a sostenere le ragioni di Nancy Pelosi con un eccesso di zelo che ha fatto torto non solo alla storia e ai princìpi del diritto internazionale ma anche al presidente Biden, al Segretario di Stato e perfino al Pentagono che nel segno della politica e del buon senso fino all’ultimo momento avevano cercato di impedire il viaggio che appariva come una provocazione, tanto inutile quanto pericolosa sul piano dei rapporti già piuttosto turbolenti per tanti altri motivi tra Washington e Pechino. Nel coro dei realisti più realisti del re americano si è distinto Paolo Mieli, il quale se l’è presa pure con papa Francesco, che veramente sull’argomento non aveva speso una parola, invitandolo a non accusare, ora, la Nato di “abbaiare” alle porte di Pechino. Il riferimento è a una dichiarazione del papa nei primi giorni dell’aggressione russa all’Ucraina».

C’è anche a sinistra chi preferisce un’analisi articolata della realtà alla propaganda e alla retorica del “giornalista collettivo”.

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Su Huffington post Italia Mariano Giustino scrive: «Il presidente turco si è recato a Sochi per il secondo faccia a faccia con Putin in soli 17 giorni. Si tratta dell’ottavo viaggio di Erdoğan in Russia dall’inizio del 2019. L’obiettivo è quello di rafforzare la loro partnership economico-commerciale e la cooperazione nei vari teatri regionali, in particolare in Siria e Caucaso. Dal 2016 tra Ankara e Mosca vi è una comunicazione diretta, quasi giornaliera».

Le solite mosche cocchiere dei tanti establishment sfiatati che imperversano sul nostro Paese, ogni giorno ci spiegano: “Perché mai vi occupate di politica, quando c’è Mario Draghi che pensa a tutto”. I nostri Pangloss ritengono che tutto vada nel migliore dei mondi possibili se si lascia fare chi se ne intende. A costoro sfugge come la politica estera per esempio non esista senza una autonoma e reale politica nazionale. Per intenderci, considerate solo come il Mediterraneo stia diventando un lago turco anche grazie a Giorgio Napolitano che, per subalternità a quei due geni di Nicolas Sarkozy e Barack Obama, ha intralciato il ruolo storico dell’Italia. E, ancora, per spiegarci meglio: se Roma è forte e autorevole, manda alla Bce Draghi, quando è subalterna, invece, mette Paolo Gentiloni a fare il vice di Valdis Dombrovskis, cioè il vice di quell’altro genio di Ursula von der Leyen.

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Su Strisciarossa Piervirgilio Dastoli scrive: «Tutte queste questioni dovranno far parte delle priorità strategiche che l’Ue dovrà mettere sul tavolo di una Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (Helsinki-2), sollecitata più volte dal Movimento europeo insieme al rilancio della cooperazione fra l’Ue e i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA) e far parte dell’agenda della futura Comunità geopolitica europea nella prospettiva di un processo di integrazione europea differenziata i cui contorni emergeranno durante la fase costituente da avviare con la prossima legislatura europea».

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Su Scenari economici Giuseppina Perlasca scrive: «Il presidente turco Tayyip Erdogan e il presidente russo Vladimir Putin hanno concordato venerdì di rafforzare la cooperazione dopo un incontro di quattro ore, come ha rivelato una dichiarazione congiunta delle due nazioni citata. Come parte dell’accordo, che aumenterà la cooperazione nei settori dei trasporti, dell’agricoltura, della finanza e dell’edilizia e presenterà un fronte apparentemente unito contro le “organizzazioni terroristiche” in Siria, la Turchia ha accettato di cambiare le modalità di pagamento alla Russia per il gas naturale. Secondo il nuovo accordo, la Turchia ha accettato di pagare la Russia parzialmente in rubli, ha dichiarato il vice primo ministro Alexander Novak dopo l’incontro».

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