La telefonata che potrebbe fermare la guerra non si farà

Di Rodolfo Casadei
16 Aprile 2022
Ci vorrebbe una chiamata di Blinken a Lavrov per fermare la strage in Ucraina. Non succederà. Eppure anche l'antiputiano Robert Kagan scrive che...
Il segretario di Stato americano Antony Blinken con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, Ginevra 21 gennaio 2022

Ci sono solo due modi per far tacere le armi in questo momento in Ucraina, per farle tacere immediatamente e con effetti pacificanti su tutto il resto d’Europa.

Il primo modo è la resa delle forze armate ucraine, con la conseguente russificazione parziale o, meno probabilmente, totale del paese. Non è desiderabile per molti motivi.

Il secondo modo è una telefonata del segretario di Stato americano Blinken al ministro degli Esteri russo Lavrov (in questo momento le telefonate fra i capi di Stato dei due paesi non sono praticabili, per i noti motivi) nella quale il primo dica al secondo «siamo interessati e disponibili a discutere la riformulazione del sistema di sicurezza collettiva in Europa e nelle aree adiacenti».

Le mire americane

Al termine di una telefonata del genere le esplosioni cesserebbero d’incanto; le truppe russe non si ritirerebbero, ma i combattimenti e i bombardamenti verrebbero immediatamente sospesi. Una telefonata del genere non avrà luogo, ufficialmente perché «non si fanno concessioni cedendo alla violenza del prepotente, non bisogna creare il precedente per cui un’aggressione paga», in realtà perché gli Stati Uniti non ne vogliono sapere di ridimensionare la loro sfera d’influenza nel mondo, anzi la vogliono sempre ampliare, così come l’hanno ampliata negli ultimi trent’anni estendendo ad oriente i confini della Nato; e un “incidente” come quello dell’invasione russa dell’Ucraina può essere facilmente sfruttato come un’opportunità offerta dallo sciagurato Putin per rafforzare le posizioni americane: non tutta l’Ucraina entrerà nella sfera d’influenza occidentale come era previsto dal 2014, ma in compenso la Nato si allargherà ai paesi scandinavi, gli europei dovranno comprare gas americano e non più russo, Mosca si dissanguerà nell’Afghanistan europeo in cui si è voluta cacciare, ecc.

L’etichetta di “putiniani”

Purtroppo a chi fa notare questo genere di cose, almeno in Italia, viene subito affibbiata l’etichetta di “putiniano” o, più esoticamente, di “Putinversteher”. La pura descrizione degli assetti internazionali come risultato dell’esercizio della logica di potenza, che è quella che accomuna tutti i grandi paesi, siano essi democratici (in crisi) come gli Usa o autocratici come la Russia, viene considerata una giustificazione dell’aggressore e quindi una complicità.

Perché allora torniamo temerariamente sul punto? Perché sono gli americani stessi ad ammettere la dinamica degli avvenimenti che sono sotto i nostri occhi. Agli interventi del passato di Henry Kissinger, George Kennan, John Mearsheimer, Stephen Cohen, ecc., che mettevano in guardia dalle conseguenze che l’ininterrotta espansione della Nato nell’Europa orientale avrebbe innescato, oggi si aggiunge quello di Robert Kagan, uno degli esponenti di punta del movimento neoconservatore americano, cofondatore del “Progetto per un nuovo secolo americano”, liberal interventista e marito di Victoria Nuland, la diplomatica americana che fece saltare l’accordo di compromesso fra Yanukovich e gli europeisti ucraini sponsorizzato dall’Unione Europea nel 2014 (in un’intercettazione telefonica bollò il compromesso con un “l’Europa si fotta!”) e favorì il colpo di Stato che è all’origine di tutte le seguenti disgrazie.

Cosa scrive Kagan

Scrive Kagan nel numero di maggio/giugno 2022 di Foreign Policy: «Benché sia osceno accusare gli Stati Uniti per il disumano attacco di Putin all’Ucraina, insistere che l’invasione è avvenuta senza alcuna provocazione è fuorviante. Così come Pearl Harbour fu la conseguenza degli sforzi statunitensi di ostacolare l’espansione giapponese sul continente asiatico, e così come gli attacchi dell’11 settembre furono in parte una reazione alla presenza dominante degli Stati Uniti nel Medio Oriente dopo la prima Guerra del Golfo, allo stesso modo le decisioni russe sono state una risposta all’espansione dell’egemonia degli Stati Uniti e dei suoi alleati in Europa dopo la Guerra fredda. Il solo Putin è colpevole delle sue azioni, ma l’invasione dell’Ucraina sta avvenendo in un contesto storico e geopolitico nel quale gli Stati Uniti hanno svolto e tuttora svolgono il ruolo principale, e gli americani devono fare i conti con questo fatto».

Conviene agli Usa non all’Europa

Siamo curiosi di vedere come commenteranno queste parole le penne interventiste del Corriere della Sera e di Repubblica: accusare di putinismo Robert Kagan sarebbe un po’ come dare del sionista all’ayatollah Khamenei. Prendere atto delle linee di tendenza della scena internazionale secondo la totalità dei suoi fattori, come fa Kagan e come farebbe qualunque analista semplicemente obiettivo, aiuterebbe anche a capire perché paesi come Cina, India, Turchia, Pakistan, Brasile, Messico, ecc. non partecipino alla coalizione per isolare economicamente e politicamente la Russia: le potenze emergenti sono solidali con la potenza revisionista Russia, che sta sfidando il predominio internazionale (in fase calante) dell’egemone Usa.

Le potenze ascendenti sono interessate alla redistribuzione del potere nel mondo, e l’unico modo di redistribuirlo è diminuire quello dell’Occidente a guida americana. Che in una situazione del genere la scelta migliore sia quella di cronicizzare la guerra sul suolo europeo (lasciando credere agli ingenui che la reazione euro-americana condurrà alla caduta di Putin e all’avvento di un governo russo remissivo e mansueto), è senz’altro interesse degli Stati Uniti, ma non dell’Europa, e tanto meno dell’Ucraina, che sarebbe condannata ad essere per decenni la prima linea del conflitto.

Sistema di sicurezza europeo

La scelta migliore sarebbe senz’altro la famosa telefonata, ma questa non avverrà se i paesi europei resteranno appiattiti sulla linea politica – voluta e incoraggiata dagli Usa – della solidarietà militare all’Ucraina perché possa sconfiggere la Russia ed entrare nella Nato e nella Ue, così come desidera.

Solo se l’Unione Europea si rifiuterà, perlomeno attraverso i grandi paesi come Germania, Francia e Italia, di condurre una pluridecennale guerra di logoramento della Russia (e di se stessa…) si potrà arrivare alla soluzione più ragionevole per vivere in pace, in democrazia e in condizioni di relativo benessere in Europa.

Che consiste nella creazione di un sistema di sicurezza europeo concordato con la Russia sulla base di due princìpi:

1) sia i paesi della Nato che la Russia smilitarizzano i propri confini e riducono bilateralmente gli armamenti, soprattutto nucleari, riattivando i trattati lasciati cadere negli ultimi vent’anni;

2) nessun paese deve far parte di una sfera di influenza se la maggioranza della popolazione non è d’accordo; se il paese ha un’importanza strategica (come l’Ucraina) si sceglie la strada della neutralità sul modello dell’Austria o dell’Irlanda.

Guelfi e ghibellini nei talk show

Per adesso questa impostazione non è popolare e attira l’accusa insultante di putinismo, ma si può confidare che fra sei mesi – un anno, quando le conseguenze degli opposti oltranzismi si faranno sentire sulla pelle del cittadino medio, le forze e le personalità politiche europee più lungimiranti cominceranno a lavorare in questa direzione.

Segnali incoraggianti già si vedono in Francia, nelle dichiarazioni di entrambi i candidati al ballottaggio presidenziale. Fatalmente la Germania seguirà. L’Italia non si sa, è troppo occupata a giocare a guelfi e ghibellini nei talk show televisivi.

Foto Ansa

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2 commenti

  1. SILVANO RIBONI

    Sarei ben felice di pagare il gas più caro ma allo stesso tempo avere la garanzia di vivere in un paese libero

  2. CARLO CANDIANI

    Scusa Rodolfo,
    ma pensare che il circo dei freak nei talk televisivi possa dettare l’agenda a Draghi, non è – come dire – un pò esagerato?

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