
Putin sgancia bombe sull’Ucraina, l’Occidente su Twitter

Ma di tutta la retorica sull’“ora più buia”, gli ultimatum, quasi ultimatum, semi ultimatum a Putin, le sanzioni devastanti, alla fine, stringi stringi, che rimane? Nulla, o quasi. Il presidente russo sgancia bombe sull’Ucraina, l’Occidente sgancia bombe su Twitter.
Ieri un sito italiano ha fatto questo titolo: “Pugno duro dell’Eurovision: la Russia sarà esclusa dalla gara”. È strano che non abbia titolato “pugno durissimo”. Ed è ancora più strano che, dopo un siffatto avvertimento, i russi non si siano ritirati con la coda fra le gambe.
Parola d’ordine: gradualità
C’è grande discrepanza tra gli annunci e i fatti. Certo, l’Occidente si è mosso per colpire la Russia imponendo alcuni divieti bancari (ma non bloccando i pagamenti Swift), petroliferi e sui visti, e il Consiglio degli Esteri Ue ha approvato il congelamento dei beni del presidente e del ministro degli esteri Sergey Lavrov.
Si inneggia alla punizione “devastante”, ma poi, ad andare a vedere quale sia esattamente la parola d’ordine che circola nelle cancellerie occidentali, si scopre che tutto è fatto all’insegna della “gradualità”.
L’eventuale esclusione della Russia dallo SWIFT incentiverebbe Mosca a sviluppare insieme alle altre autocrazie sistemi di pagamento alternativi nonché a varare restrizioni all’export di gas a danno in particolare dell’Italia che vanta contratti di fornitura fino al 2030.
— Gianclaudio Torlizzi (@TCommodity) February 25, 2022
30 miliardi di motivi
Non potrebbe essere altrimenti. Come scrivevamo ieri, il vaso di coccio europeo si trova tra i vasi di ferro americano (da cui dipende militarmente) e il vaso di ferro russo (da cui dipende energeticamente).
Scriveva ieri Il Foglio: «Nella Ue non c’è consenso [sulle sanzioni, ndr], molti paesi hanno messo le mani avanti, tra questi la Germania e l’Italia. A tirare il freno sono soprattutto le banche. Secondo la Banca dei regolamenti internazionali l’esposizione verso la Russia s’aggira sui 30 miliardi di dollari, la maggior parte è in carico alle banche europee, quelle tedesche e italiane sono le più esposte. È comprensibile, dunque, l’atteggiamento cauto se si guarda gli interessi immediati. Trenta miliardi di dollari sono un bel mucchio di quattrini. Non solo: attraverso il sistema Swift passano anche i pagamenti del gas, il che potrebbe avere ricadute pesanti sulle forniture energetiche».
Zelens’kyj è solo
Serve la prova del nove? Ci si rilegga l’informativa di ieri di Mario Draghi alle Camere. Metà del discorso è dedicato alla situazione ucraina, l’altra metà al nostro problema energetico (anche questo dà la misura del problema). Inoltre, ora che la Russia ha trovato un accordo commerciale con la Cina, la verità è che le sanzioni ci si ritorcerebbero contro. Perché, come ha spiegato Romano Prodi al Corriere, «costerebbero molto all’Europa e in particolare all’Italia e alla Germania. Costerebbero invece molto meno agli Stati Uniti che le stanno chiedendo con forza, ma non hanno con la Russia gli stessi nostri rapporti di scambio».
Conclusione: il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj è consapevole della situazione. Le sue drammatiche parole sul fatto di «essere rimasto solo» dipingono la realtà.
Foto Ansa
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