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«Quando io uso una parola», disse Humpty Dumpty in tono alquanto sprezzante, «questa significa esattamente quello che decido io… né più né meno». «Bisogna vedere», disse Alice, «se lei può dare tanti significati diversi alle parole». «Bisogna vedere», disse Humpty Dumpty, «chi è che comanda… è tutto qua» (Lewis Carroll, Attraverso lo specchio, 1865).
Durante un incontro a Torino organizzato da Politicall su cancel culture e politically correct con Luca Ricolfi e Mario Mauro, abbiamo sentito l’ex ministro della Difesa fare questo ragionamento: «La definizione di “politicamente corretto” era usata in Unione Sovietica per indicare la piena corrispondenza tra i documenti e la linea del partito. Nell’ottica rivoluzionaria, trovare nuovi nomi per indicare le cose aveva il senso di dare loro un nuovo significato, una nuova gerarchia secondo l’assunto ideologico di partenza. Perché oggi c’è questa ossessione per le parole? Per la stessa ragione: dare un nome alle cose significa farle...
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