
In Italia si inizia a lavorare a 24 anni, cioè molto tardi

In Italia si inizia a lavorare a 24 anni, cioè tardi. A dirlo è un’analisi del sito Truenumbers che, analizzando le fasce d’età, mette in evidenza che «i ragazzi italiani entrano nel mercato del lavoro troppo tardi. Anzi: considerando un gruppo selezionato di grandi Paesi del mondo, gli italiani sono quelli che mediamente entrano nel mondo del lavoro più tardi di tutti e questo vale sia per gli uomini che per le donne».
Il confronto con gli altri paesi europei conferma questa impressione: «Gli inglesi sono quelli che iniziano a lavorare prima di tutti: gli uomini a 19,7 anni e le donne a 21,2. E gli italiani? Ecco quando si inizia a lavorare in Italia: 24 anni gli uomini e a 26,2 le donne cioè, rispettivamente, 4,3 anni in ritardo per gli uomini e ben 5 anni dopo per le donne. L’ingresso in azienda avviene a 21,6 anni per i francesi e a 23,4 per le francesi e anche i greci iniziano prima di noi: 22,6 anni mentre le greche a 24».
Neet e disoccupati
Un dato che dovrebbe far riflettere e che va ad incrociarsi con altri due numeri. Primo: l’alto numero di Neet che ci sono nel nostro paese, come rilevato da Eurostat. Scrive ancora Truenumbers: «I giovani che non sono né occupati né in un percorso di formazione nel 2020 in Italia hanno raggiunto la soglia del 23,3%. Un numero preoccupante perché in crescita soprattutto al Nord (+2,3%). Inoltre, secondo i dati della scorsa primavera, fra le ragazze la percentuale delle Neet sale al 25,4%».
Secondo: la disoccupazione giovanile. «Il tasso di disoccupazione nell’area euro è calato al 7,3% dal 7,4% delle scorse rilevazioni. Secondo i dati appena usciti di Eurostat, però, l’Italia registra un aumento al 9,4% dal 9,2% di settembre. Siamo gli unici in Europa in cui il tasso di disoccupazione cresce rispetto a settembre. In numeri assoluti, a livello europeo stiamo parlando di 14,3 milioni di uomini e donne disoccupati, di cui 12 milioni nell’area dell’euro».
Tasse e scuola
Sebbene in questi ultimi mesi la situazione stia migliorando – gli ultimi dati ci dicono che un recupero del lavoro per i giovani – il problema resta comunque grave e non si può pensare di uscirne con “riformine”, bonus e palliativi. Infatti, da un lato, la tassazione sul lavoro è davvero gravosa. Come rilevò sempre Truenumbers, «la media dell’imposizione fiscale sul lavoro tra i Paesi dell’Ocse è pari al 36% del reddito. L’Italia è a quota 47,8%». Per non parlare delle retribuzioni, che in Italia sono ferme al palo.
Dall’altro, vi è un discorso più lungo e più complesso che qui si vuole solo accennare e che riguarda il nostro sistema scolastico, poco capace di preparare i giovani a entrare nel mondo del lavoro. È il grande tema affrontato anche da una mostra presente all’ultimo Meeting di Rimini “Alleanza Scuola Lavoro. Non è mai troppo tardi” promossa dalla Fondazione Costruiamo il Futuro, Fondazione Censis e Fondazione Deloitte e curata da Ubaldo Casotto. Secondo gli ultimi dati, in Italia il 49,2 per cento delle imprese non trova i diplomati di cui ha bisogno, e il tasso di occupazione dei diplomati italiani è del 57,8 per cento.
Foto Ansa
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