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Credevamo, allora, di essere il pacchetto di mischia – tutti giù allacciati di spalle, uniti, a spingere – in quella strana partita che nemmeno sapevamo definire, ma che ci piaceva: Cristo. Cristo del cui splendore ogni cosa è bella, Cristo del cui amore ogni cosa è buona.
Antonio, Luigi, Giancarlo, Simone, Laura, Nori, altri. A metà degli anni Settanta Gius aveva scorto non so che cosa in quel gruppetto di giovani che erano arrivati a lui per vie e strade diverse e aveva voluto – aveva amato – circondarsene. Così, intorno a lui, mangiavamo lenzuola di realtà, passavamo di cosa in cosa, di avvenimento in avvenimento, viaggiavamo quasi immemori, e pur presenti, con l’orgoglio e l’andatura dell’animale giovane e sano.
A prescindere e a dispetto di tutti
Luigi Tommaso Amicone, detto Luigino, era bello, giovane, e magro. Piaceva. Quando prendeva la chitarra e accompagnava con un filo di voce: «Buonanotte, buonanotte fiorellino… buonanotte tra il cielo ed il mar…», le ragazze si s...
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