
«Se la famiglia rimane sola, è finita»

Qualche giorno fa, su tempi.it abbiamo riportato le conclusioni di un’inchiesta di Common Sense sull’“America’s Baby Bust”, l’America dove i millennial non vogliono fare figli, non vogliono mettere su famiglia, non vogliono eredi «perché è una cosa da colonizzatori». Vuoi per la paura di inquinare il pianeta, vuoi per la paura del razzismo, la generazione childfree non ne vuole proprio sapere di rapporti stabili, anzi, basterebbe dire di “rapporti e basta”. Sesso compreso.
Strano paradosso per l’epoca in cui l’amore è predicato come allegramente libero e irresponsabile, ritrovarsi poi a dovere fare i conti con la sua nemesi: non la gioia, ma la paura; non l’apertura e il coraggio dell’avventura, ma la l’autoghettizzazione e la chiusura nel guscio.
Ho visto che amare è possibile
Come rimettere le cose in ordine? Qualche giorno fa si è svolto nella basilica di San Paolo fuori le Mura un incontro organizzato dalla Fraternità sacerdotale e dalle Missionarie di san Carlo cui hanno partecipato il cardinale Camillo Ruini, già presidente della Conferenza episcopale italiana, e monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia Guastalla e fondatore della Fraternità San Carlo.
Tema: “Ho visto che amare è possibile. Un dialogo sulla famiglia”. Quindi, punto primo, uno sguardo positivo e aperto alla vita, frutto di un esperienza in atto (le prime parole del titolo, “ho visto”, già dicono molto). E, punto secondo, un dialogo che è partito dalla considerazione che la «vita è dono» e «non siamo soli», come hanno più volte ripetuto sia Ruini sia Camisasca. Insomma, un approccio lontano anni luce dalle angosce dei childfree.
Un rischio educativo
Il cardinale ha spiegato che per i cristiani «Dio non è un Dio “solo”, ma una unità di relazione, una unità di amore». Questo fatto ha delle conseguenza decisive «per la comprensione dell’amore e di quello che siamo. La famiglia è la prima, la più elementare, la più basilare concretizzazione di questa realtà, dell’amore e del dono di Dio» perché è in essa «che si trova la sintesi delle varie dimensioni dell’amore umano: l’attrattiva sessuale, l’eros, e il bene all’altro in quanto tale, l’agape».
Oggi, ha proseguito l’ex presidente della Cei, il contesto culturale non favorisce una simile consapevolezza, ma, «sebbene un certo grado di protezione sia giusto riservarlo ai più piccoli», l’atteggiamento giusto nei confronti della sessualità non deve essere all’insegna dei divieti, ma della «positività». Per fare ciò, ha insistito Ruini, è essenziale che i ragazzi siano inseriti «in ambienti dove possano sperimentare la bellezza della fede e fare amicizie che poi li sosterranno nel cammino della vita». È questo un compito educativo che spetta ai genitori e ai sacerdoti, ed «è un rischio educativo. L’educazione ha a che fare con la libertà, è educazione “della” e “alla” libertà».
Percorsi troppo affrettati
Camisasca ha voluto fare una premessa: «Il nostro primo compito è capire che la vita è vocazione. Purtroppo oggi la società postmoderna esclude Dio e porta a sostenere che l’uomo si autoproduce, cioè, in fondo, che l’uomo “è” Dio. La vocazione alla famiglia è la vocazione costitutiva della Chiesa e della società. È oggi la famiglia il fronte più esposto e più bisognoso di aiuto perché, se lasciata sola, è destinata a soccombere sotto la forza di ciò che la contraddice».
Per il vescovo di Reggio Emilia è importante considerare la sessualità sotto la giusta luce: «La vita è una scoperta di sé in tutte le sue dimensioni, compresa quella della sessualità, perché la nostra identità sessuale è uno degli aspetti fondamentali della persona che non riguarda solo la nostra fisiologia e la nostra psicologia, ma riguarda il nostro destino personale, financo il nostro rapporto con Dio».
Se è una cosa così importante, va trattata come merita: «È un cammino che va fatto passo dopo passo. Perché dico questo? Perché oggi il problema più grande di fronte alla sessualità è che i ragazzi vengono condotti a fare percorsi troppo affrettati. Cioè vengono condotti a un tentativo di risposta prima ancora che si siano potuti fare delle domande».
L’altro è un oggetto
Questo non significa che certi temi vadano nascosti, anzi, ha proseguito Camisasca, devono essere trattati all’interno «di un percorso globale di educazione alla vita, in cui la sessualità non sia avulsa, ma una delle esperienze che facciamo nel completamento di noi stessi».
«La sessualità va vista all’interno di un percorso complesso e completo di maturazione di tutta la propria personalità, cioè conoscenza e amore. Non si può conoscere se non si ama. Amore vuol dire attrattiva, ma anche rispetto, cioè conoscenza della particolarità dell’altro, che non è mai un oggetto. Il problema è proprio questo: considerare l’altro un oggetto. Infatti, se non esiste più Dio e noi non siamo più il frutto di un dono, allora l’altro è soltanto un oggetto a nostra disposizione».
Dedicate tempo ad amici e figli
Soprattutto sia Ruini sia Camisasca hanno insistito sulla necessità che qualsiasi rapporto sia vissuto all’interno di un contesto, mai in solitudine.
«Quando ci sono delle difficoltà, se ci concepiamo soli, siamo già finiti – ha detto Camisasca. La solitudine rende quasi impossibile la fedeltà. Spesso l’altro, molto presto, ci appare diverso da come noi lo pensavamo. È soltanto se c’è un terzo, Dio, che noi diventiamo capaci di scoprire che l’altro non solo è diverso, ma è anche positivo e bello che sia così. Perché può offrirci qualcosa che non ci aspettavamo e che ci apre alla vita».
Ecco dunque l’invito finale di Ruini: «Viviamo in un contesto sociale e culturale anonimo o, come si usa dire adesso, liquido, cioè indifferente. Per questo le reti di amicizia sono importanti per tutti, per gli sposi e per i sacerdoti. La famiglia non si irrobustisce chiudendosi, ma aprendosi, attraverso l’amicizia e la comunione con altre realtà umane. Perché questo non rimanga un pio desiderio, occorre dedicargli il tempo necessario. Questo vi dico: dedicate tempo alle amicizie, così come ai figli».
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