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«Questa etica inclusiva non fa che escludere»

Di Martino Loiacono
15 Settembre 2021
Analisi di una ossessione così «totalizzante» da spingere le aziende a discriminare perfino i clienti in base all’appartenenza ideologica. Intervista al politologo Luigi Curini
Due partecipanti al Gay Pride di Milano

Un capitalismo etico che cerca una purezza morale totalizzante, basata sull’agenda progressista ormai dominante tra le élite occidentali. È questa secondo Luigi Curini, professore ordinario di Scienza politica all’Università di Milano, la natura del woke capitalism. Una nuova forma di capitalismo che si fonda sulla convergenza tra incentivi ideologici e puro tornaconto che spinge le multinazionali ad abbracciare una narrazione militante, woke appunto, guidata dai temi Lgbtq+, dalla identity politics e dalla promozione delle diversità.
Professore, cos’è il woke capitalism?
Il woke capitalism, termine recente introdotto a metà degli anni Duemila, identifica quelle multinazionali che sostengono cause apertamente progressiste. Attenzione: progressiste, cioè battaglie definite da un’agenda ideologica precisa e non cause generali come, ad esempio, la lotta ai tumori.
Luigi Curini
Lei lo ha anche definito “capitalismo etico”.
Sì, il woke capitalism aspira in un certo senso a essere ...

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