
Indice ragionato di chi dice: “Il ddl Zan non va bene”

Tratto dal Centro Studi Livatino – Il ddl Zan sull’omofobia sta raccogliendo dissensi e critiche in modo trasversale rispetto alle visioni del mondo, al credo religioso, ai valori di riferimento: le voci di contrarietà non riguardano quindi il mondo cattolico, ma spaziano ad aree culturali “progressiste”, libertarie, laiche, oltre a provenire da alcune tra le figure più autorevoli del diritto italiano. Ne proponiamo un indice ragionato, senza pretesa di esaustivi.
Il prof. Cesare Mirabelli, già Presidente della Corte Costituzionale, ha avuto modo di intervenire per almeno due volte sui profili problematici del d.d.l., nel confronto con la Costituzione.
Il costituzionalista prof. Michele Ainis in un intervento sul Repubblica, premesso che il diritto penale non ha una funzione pedagogica, spiega come il d.d.l. appaia contrario allo spirito della disciplina penalistica, mentre in una intervista su la Verità osserva che le idee – per quanto non condivise – non vanno contrastate con lo strumento sanzionatorio.
Il prof. Aldo Loiodice, anch’egli docente di diritto costituzionale, ha precisato che il d.d.l. è sostanzialmente e formalmente lesivo dei dettami costituzionali.
Il prof. Filippo Vari ha evidenziato profili di illegittimità costituzionale del d.d.l., con l’introduzione di “tribunali per la coscienza”.
Il prof. Giovanni Guzzetta, su il Riformista, rappresenta il rischio di espandere la discrezionalità del giudice.
Vaghezza e politicamente corretto
Fra i non pochi esponenti della scienza penalistica che avanzano perplessità sull’impianto generale del d.d.l., il prof Mario Chiavario osserva che l’odio che possa mettere piede a livello sociale non si può fronteggiare con l’uso del diritto penale.
Il prof. Giovanni Fiandaca – sul cui manuale da decenni si studia il diritto penale in parte significativa degli atenei italiani – punta sulla vaghezza della fattispecie criminosa introdotta dal d.d.l.
Il prof. Tullio Padovani puntualizza che il pluralismo delle idee, che il tanto velleitario quanto dannoso art. 4 del d.d.l. pretende di tutelare, in realtà è assoggettato in limiti “politicamente corretti”.
A ciò si aggiungono le riflessioni di Pietro Dubolino, presidente di Sezione emerito della Corte di Cassazione, la cui attenta analisi del d.d.l. fa concludere per l’archiviazione con essa dello Stato di diritto, e dell’ex Procuratore della Repubblica di Venezia Carlo Nordio, il quale ha giustamente chiosato come il d.d.l. potrebbe sanzionare perfino la critica della pedofilia.
Il prof. Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, ha messo in guardia dai pericoli insiti nel d.d.l., autentico vulnus per libertà e diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.
Fuori dall’Accademia
Uscendo dall’Accademia, se anche Arcilesbica articola una posizione critica sul d.d.l., la cui approvazione rischia di tacitare eventuali voci di dissenso verso la pratica dell’utero in affitto, numerose associazioni femministe protestano perché esso cancella l’identità femminile.
Seri dubbi sulla compressione della libertà di pensiero e di parola sono espressi da un esponente della cultura laica come Marco Politi, e il fondamento dell’ideologia gender che ne è alla base è denunciato perfino da Platinette.
Foto Ansa
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