
La Pandemia Palamara e il vaccino necessario a spezzare la “regola del tre”

Se la storia del coronavirus è ancora tutta da scrivere, ve ne è un’altra su cui, invece, abbiamo già raggiunto delle ragionevoli certezze. Si tratta della Pandemia Palamara, che è nata in laboratorio con l’iniezione di un virus – il trojan – in un telefonino. La notizia, in realtà, è che non c’è nessuna notizia, nel senso che le rivelazioni dell’ex magistrato – al di là dei dettagli, che andranno verificati – ci restituiscono un’immagine del circo mediatico giudiziario, con le sue lotte, le sue faide, le sue battaglie (soprattutto contro il centrodestra) che in molti, da anni, denunciano e che molti altri, da altrettanti anni, fingono di non vedere.
Se siamo a un punto di non ritorno, sia per le toghe sia per la pavida politica, sarà da vedere. Di certo c’è che, per l’ennesima volta, dobbiamo constatare che l’innesco che ha portato alla caduta del governo giallorosso (la relazione Bonafede) è stata la giustizia. Dopo Berlusconi e Prodi, anche l’esecutivo guidato dai mozzorecchi giustizialisti è crollato per questa ragione. Quando si dice la nemesi.
Se la Pandemia Palamara diverrà operetta da talk show e se, dopo qualche baruffa, sarà seppellita in qualche porto delle nebbie, si perderà l’ennesima occasione. Ma se essa sarà l’opportunità per rimettere nella giusta luce la figura del magistrato, forse (e dico forse) potremo finalmente chiudere quella lunga stagione che è cominciata nel nostro paese con Tangentopoli e che è via via degenerata fino all’attuale lotta tra bande. Da tempo, infatti, anche la retorica manipulitista è poco più che una crosta dorata per nascondere ciò che si muove sottobanco (scambi di benefici e prebende per ottenere scatti di carriera). Chi era infatti Luca Palamara se non il più abile organizzatore di queste cordate, di questi giochetti per promuovere ora questo ora quello, in cambio di questo o quell’altro favore?
Non è un caso – come ha già avuto modo di notare Alfredo Mantovano su queste pagine – che la maggioranza dei magistrati non si senta oggi rappresentata da queste correnti e ne abbia a noia. Il problema, però, come sempre, è fornire un’alternativa al “Sistema” e qui sta il dilemma. Perché se, da un lato, questa insofferenza è un segnale positivo, dall’altro, il nuovo pericolo dietro l’angolo è costituito dall’emergere di figure di magistrati che si presentano come gli alfieri di una modernità incompresa dalla società. L’esempio immediato sono tutte quelle sentenze che in questi anni abbiamo visto pronunciare sui cosiddetti “nuovi diritti”. Non sono forse oggi i magistrati i nuovi sacerdoti di quella mentalità che, di pronuncia in pronuncia, s’è prefissata il compito di aggiornare i costumi e financo la morale? Non sono forse loro che, a causa delle lentezze della politica – così dicono –, si sono preposti il compito di dare delle risposte alle “urgenze” della società? Non sono forse loro che permettono il progresso di una comunità ritenuta arretrata, familista, medioevale?
È un crinale pericolosissimo su cui ci siamo avviati da tempo e che incide sulla vita del popolo non meno delle lotte politiche per far cadere i governi. Anche perché, qualunque sia l’esecutivo in carica e qualunque siano le leggi che esso approva, saranno poi questi magistrati a correggerle non “in nome del popolo italiano”, ma “in vece del popolo italiano”, secondo una azzeccata formula che è diventata il titolo di un libro del Centro studi Livatino. E proprio quel volume – che raccoglie gli atti di un convegno del novembre 2019 – andrebbe ripreso per capire quale sia oggi l’unico vaccino per evitare nuove pandemie politico-giudiziarie.
La “regola del tre” indicata da Palamara come descrittiva di questi anni (una pm indaga, un giornale cavalca la campagna mediatica, un partito lucra consensi a scapito degli avversari) va spezzata, chiamando in causa i protagonisti di questa stagione: magistrati, giornalisti, politici. La strada è lunga: ma non esiste altro modo per cambiare verso alla dittatura delle correnti che quello di favorire e sostenere chi oggi ha il coraggio di andare contro-corrente rispetto a una mentalità ideologica e forcaiola.
Foto Ansa
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